26 agosto 2013

Fino al VI.X.2013 Trent’anni di bellezza italiana tra pittura, scultura e oggetti d’arte: 1920-1950 Lucca, Fondazione Centro studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Raggianti

 
Dall’artigianato artistico alle soglie dell’italian design. Un’ampia panoramica di oggetti mette in luce il ruolo fondamentale svolto dalle arti figurative nell’affermazione del “gusto” e del “bello” a cavallo tra le due guerre -

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È dall’inizio del Novecento, sulla scia del Modernismo, che si comincia a parlare di arti decorative, ma è dagli anni Venti che, in Italia, esse assumono una valenza di tutto rispetto all’interno del panorama delle arti figurative. La committenza dell’alta borghesia dà la spinta ad artigiani e artisti a impegnarsi nella realizzazione di oggetti che escono dalla sfera del semplice “saper fare” per sconfinare in quella più puramente artistica e assumere una vera e propria valenza di “oggetti d’arte”. L’unicità, la singolarità dei pezzi che si producono e l’attenzione che a essi viene riservata fanno sì che certi oggetti possano essere considerati al pari di pitture e sculture coeve e, in mostra, messe a colloquio con esse in una sorta di dialogo continuo e serrato. La teorizzazione e il dibattito che in Europa era già apparso sull’argomento dalla seconda metà dell’Ottocento porta a un ripensamento sul quello che è arte e quello che è artigianato, e conduce verso una relazione tra artigianato artistico e industria artistica. 

È su questo background che si pone l’esposizione La forza della modernità, a cura di Maria Flora Giubilei e Valerio Terraioli, una mostra con circa 300 opere databili tra gli anni Venti e i primissimi anni Cinquanta proposte in sezioni tematiche che rispettano però anche un senso cronologico. Si parte quindi dall’Art Deco per giungere a realizzazioni prossime all’astrattismo dove la riconoscibilità della forma va via via scomparendo; si va dunque da artisti come Galielo Chini e Vittorio Zecchin per giungere a Leoncillo e Fausto Melotti passando attraverso personalità come Arturo Martini e Gio Ponti
Da questo excursus si evince l’importanza che nel corso degli anni hanno assunto per la diffusione e la conoscenza di certi “oggetti” le esposizioni istituzionali come la Biennale di Venezia, la mostra delle Arti decorative di Monza o la Quadriennale di Roma, ma anche il ruolo che hanno avuto pubblicazioni e riviste come “Domus”, “Casabella”, “Architettura”, ecc.
Gio Ponti forse è stato colui che, più degli altri, si è imposto in questo panorama, lasciando una traccia ancora oggi profonda nella società contemporanea. Le ripetute collaborazioni con artisti come Tomaso Buzzi e con società industriali del calibro di Richard Ginori hanno fatto sì che la sua enorme e variegata produzione si sia diffusa in modo capillare. 
Le arti decorative si impongono quindi come testimoni del gusto e della variazione dei linguaggi nelle arti figurative tra gli anni Venti e i Cinquanta e accompagnano in modo pacato e costante l’affermazione della borghesia e la conseguente attenzione rivolta al luogo “dove abitare”.
Enrica Ravenni
Mostra visitata il 3 agosto 2013 
dal 20 aprile al 6 ottobre 2013
La forza della modernità 
Fondazione Centro studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti 
Complesso monumentale di San Micheletto, Via San Micheletto, 3 
55100 Lucca
Orari :da martedì a domenica: 10.00-13.00; 16.00-19.00 (da settembre a ottobre) e dalle 16.00 alle 20.00 nei mesi di luglio e agosto. Lunedì chiuso. 

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