04 febbraio 2002

Gerrit van Honthorst Cristo davanti a Caifa

 
Tra i caravaggisti, van Honthorst è sicuramente uno dei migliori. Se poi ci si aggiunge anche un committente illuminato come Vincenzo Giustiniani, il capolavoro è d’obbligo!...

di

<b<Gerrit van Honthorst
Cristo davanti a Caifa
1617 ca.
Olio su tela, 2,72 x 1,83 m
Londra, National Gallery, inv. N.G.3679

Olandese di nascita, van Honthorst giunge a Roma poco dopo la morte di Caravaggio, del 1610. Diventa subito famoso, ribattezzato “Gherardo delle Notti” perché dipinge in una maniera assai vicina a quella di Caravaggio, in un momento in cui la pittura caravaggesca è ancora molto apprezzata e richiesta. Per questo motivo, sembra, i Giustiniani, si offrirono di ospitarlo nel loro palazzo. Dove c’era una delle collezioni più prestigiose della città, formata da opere antiche, rinascimentali e commissionate appositamente dai proprietari, il cardinale Benedetto e il marchese Vincenzo. I giovani artisti erano invitati a studiare con attenzione le opere in loro possesso, e a farne di nuove. Tra i quadri c’e n’era anche uno di Luca Cambiaso che rappresentava Cristo davanti a Caifa in un’affollata scena notturna. Sicuramente una delle fonti cui attinse Honthorst, assieme a Caravaggio, Tintoretto, Rubens.
Come sappiamo dal Sandrart, il quadro di Honthorst venne eseguito per il marchese Vincenzo Giustiniani, destinato a una delle piccole stanze del palazzo al centro di Roma.
Piccole stanze, appunto, eppure il quadro ha le dimensioni di una pala d’altare: 2,72 x 1,83 metri. Probabilmente occupava quasi un’intera parete e lo spazio limitato obbligava a una lettura ravvicinata dell’opera. Il che è assai significativo ai fini della sua comprensione. Si vuole ad evidenza coinvolgere emotivamente lo spettatore, tirarlo dentro al quadro rendendolo esso stesso attore. Con alcuni espedienti di matrice caravaggesca si tenta di dare l’illusione di una finestra sulla realtà. Le figure e gli spazi sono a dimensione “naturale”, i protagonisti sono in primo piano, spinti al limite estremo del quadro e resi realisticamente. E poi la luce della candela, così simile a quella che illuminava le stanze dei palazzi del Seicento. Gerrit van Honthorst, Cristo davanti a Caifa
L’incontro tra Cristo e il sacerdote Caifa è uno dei momenti più drammatici della Passione di Gesù (cfr. il Vangelo di Matteo, 26, 57-66, probabile fonte di questo dipinto). Come lo traduce Honthorst? Il quadro è gigantesco, ma non tutto lo spazio è utilizzato. Poche sono le figure e, soprattutto, un terzo del quadro, in alto, è occupato dal nulla. Un vuoto, un silenzio, che pesa. E fa sì che la nostra attenzione si concentri esclusivamente sui due protagonisti.
Nei due è condensata, infatti, tutta la drammaticità del racconto. Di fronte a tanta intensità stupisce la quasi totale assenza di azioni o gesti eclatanti. Il movimento, l’azione in realtà ci sono, ma sono interiorizzati. Perciò il dramma che si percepisce è così profondamente doloroso. Sta nel nulla che grava sui due, nella diagonale che, senza interruzioni, guida il gioco degli sguardi. Sta nel contrasto, simbolico e reale insieme, tra il volto grottesco di Caifa e quello classico di Gesù, che la luce artificiale della candela, vero centro della composizione, impietosamente rivela.
Tecnica:Olio su tela
Bibliografia essenziale:
JUDSON J.R., EKKART R.E.O., Gerrit van Honthorst 1592-1656, Ghent 1999 (con bibliografia completa).
PAPI G., Gherardo delle Notti. Gerrit van Honthorst in Italia, Soncino 1999.
BROWN C., Cristo davanti a Caifa, in Caravaggio e i Giustiniani, toccar con mano una collezione del Seicento, catalogo della mostra a cura di S. Danesi Squarzina, Milano 2001, p. 314.

Sara Magister

[exibart]

5 Commenti

  1. Mi spiace non potermi “complimentare” (!) con l’autore/trice della scheda che si nasconde dietro questo letterario pseudonimo.Perchè nascondersi?

  2. La signora Sara Magister può sembrare molte cose, peraltro tutte molto carine, ma certamente non mi sembra uno pseudonimo.
    Ciao, Biz.

  3. biz nessuno ha bisogno delle tue puntualzzazioni continue, chissenefrega, eri andato via e perché sei di nuovo qui? Sei l’ultimo esemplare di una serie di intellettuali da pollaio. Ciao, Uffa.

  4. Carissimo/a Uffa,
    perchè non scrivi col tuo nome, come faccio sempre io?
    La tua codardia e bassezza non rientrano nemmeno in quel pollaio a cui io apparterrei.
    Sai, io sono all’antica, credo ancora nell’onestà e nella dignità e mi prendo sempre la responsabilità di quel che scrivo, col mio nome di sempre.
    Tu invece non sei nella posizione di dare lezioni a nessuno e devi avere davvero poco da offrire se hai bisogno di nasconderti.
    Se il tuo concetto di intellettualismo è questo, viva il pollaio.
    Se poi non ti vado a genio non leggermi, credo sopravviveresti benissimo.
    Inoltre, io vado e vengo quanto mi pare, che ti piaccia oppure no.
    Ciao, Biz.

  5. questa storia dello pseudonimo è davvero buffa. Capisco che il mio cognome non sia tanto diffuso ma non mi era mai capitato che qualcuno dubitasse della sua esistenza. Da parte mia non ho grande simpatia per chi si nasconde dietro falsi nomi, ad eccezione del signor Biz, che ringrazio per le sue eleganti difese.
    Ora che sa il mio vero nome la signora Ilaria può dirmi in tutta sincerità ciò che pensa. A presto dunque!

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