29 ottobre 2012

ARCHITETTURA Geopark, tutto è paesaggio. Anche i rifiuti

 
Il progetto per il waterfront del distretto petrolifero norvegese di Stavanger è diventato un parco ludico urbano. Che ha messo insieme le competenze dei tecnici e i materiali di riciclo. E soprattutto molta visionarietà

di

Nel 1999 la rivista Lotus 101 titolava che “tutto è paesaggio” e gli autori ospitati concordavano sul fatto che il paesaggio non è altro che un modo di rappresentare l’ambiente. Un’invenzione culturale dell’uomo quindi, attribuita tra gli altri a Tiziano, l’inventore del moderno paesaggio dipinto, anche se qualcuno, come il filosofo Alain Roger, assegna l’invenzione del paesaggio alla pittura fiamminga quando, attraverso le vedute di città e porzioni di luoghi, il paese si fa paesaggio trovando nel termine landschap (pezzo di paese) la sua definizione riconosciuta. Ma pare che Tiziano sia stato il primo ad usare “ufficialmente” il termine “paesaggio”, nel 1552, in una celebre lettera indirizzata all’imperatore Filippo II. E forse, più che includere ogni cosa sotto la dicitura di paesaggio, nelle città contemporanee è più interessante capire dove sono i limiti tra la città e l’ipotetico ambiente che oggi definiamo paesaggio. Come poter intervenire su questi confini ce lo mostra il singolare progetto di Helen & Hard, uno dei più interessanti studi del panorama nordeuropeo, che per Geopark ha messo in atto un processo che si può ricondurre a ciò che – sempre Roger, prendendo a prestito Montagne – descrive come artilisation; l’interpretazione artistica del paesaggio, o per così dire la sua elaborazione attraverso l’arte.

Geopark è il progetto per uno spazio ludico urbano disegnato per il waterfront di Stavanger, il distretto alla base della fiorente industria petrolifera norvegese, che si è evoluto da puro spazio portuale a luogo di attrazione scientifica per ricercatori e specialisti  provenienti da tutto il mondo. Utilizzando uno spazio di risulta posto tra il Museo del Petrolio e le acque del porto, gli architetti norvegesi di Helen & Hard, hanno basato il processo progettuale, e il successivo disegno del parco, sulla interazione di tre “risorse locali”: l’esperienza dei geologi e dei sismologi di base a Stavanger, tecnologie e materiali di risulta (inclusi i rifiuti) relativi alla produzione petrolifera e terza ed ultima la programmazione dell’attività del parco affidata a giovani associazioni culturali locali.

La prima intenzione era dare ai visitatori una esperienza tangibile del giacimento più importante per l’industria petrolifera norvegese, il Troll, situato tra i 2mila e i 3mila metri sotto il fondale marino. Per fare questo, la topografia del parco riprende esattamente i 15 strati geologici che formano Troll, che nella prima fase di progetto sono stati idealmente riportati in superficie alla scala 1:500, così da creare un “Geopaesaggio”, che successivamente, con l’aiuto degli esperti scientifici, sono stati disposti pragmaticamente da permetterne una sistemazione funzionale che meglio si accordasse con le esigenze di uso dello spazio. Alcuni strati sono venuti ad inclinarsi per favorire l’esposizione del parco al sole nord-europeo ed altri sono stati meglio accordati tra loro così da disegnare una piazza.

La seconda fase di progetto ha visto la suddivisione funzionale, focalizzata su workshop organizzati dai gruppi giovanili per varie attività. Così quelli che in Troll sono gli starti sedimentari in Geopark si sono trasformati negli spazi ospitanti attività che vanno dalla mountain bike all’arrampicata per giungere ai concerti ed alle esposizioni. Lo strato che nel Troll contiene il petrolio si è tramutato nella pista di pattinaggio, mentre le pieghe geologiche si sono tramutate in pareti espositive per la Street Art. La terza fase ha visto la realizzazione tangibile delle superfici e degli impianti, effettuata utilizzando elementi riciclati o rimodellati provenienti da vecchi impianti petroliferi, basi offshore e cumuli di rottami serviti come base per le superfici di utilizzo.

Il parco, utilizzato da bambini e adulti, è così diventato un punto di incontro quotidiano per le famiglie della zona, oltre che luogo di divulgazione scientifica. Helen & Hard sono quindi riusciti, con una operazione di mixité tanto disciplinare quanto materica, a trasformare la socializzazione della zona. Questo ha fatto si che Geopark vedesse premiata la sua funzione, nonché la sua natura: da semplice parco temporaneo, che doveva estinguersi in un anno, si è trasformato in parco permanente. Trasformando quello che era un vuoto urbanistico, un terrain vague, in uno dei nuovi landmark urbani di Stavanger.

Con Geopark, Helen & Hard sono riusciti in un unico progetto ad utilizzare arte (povera?) e architettura, riuso e riciclo, etica ed estetica, divulgazione e divertimento e a fare intravedere come ogni cosa possa tramutarsi in un nuovo paesaggio. Basta saperla, o volerla, interpretare, riuscendo a rompere il confine di quell’antico adagio che le nostre mamme ci dicevano: “Prima il dovere e poi piacere”. A Geopark, piacere e dovere sono fusi in un unico elemento.

*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 80. Te l’eri perso? Abbonati!

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui