07 maggio 2003

architettura_progetti Dormire, mangiare, leggere e prendere il sole sulla spiaggia di Melbourne

 
Sean Godsell vince con la Peninsula House, creativa interpretazione di linguaggi diversi, il premio AR+D Emerging Architecture 2002. Un luogo dove meditare e godere del paesaggio marino nell’assoluto silenzio del gioco delle luci e delle ombre…

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Sean Godsell si ripropone sulla scena del dibattito architettonico con la Peninsula House (2002), una casa al mare incassata nel fianco di una duna di sabbia nei pressi di Melbourne. Il lavoro dell’architetto australiano risponde ad una creativa tecnica di collage di motivi desunti da vari registri progettuali, da quello giapponese a quello indiano a quello europeo.
“… The mix of archetypes: Japanese (space within space), European (kindly living room and cave-like study) and Anglo-Indian (verandah) is a remarkable and moving tribute to evolving and exciting Australian culture”. (ar+d Prizewinner citation, Architectural Review).
Il risultato, lontano dall’essere un copiato di linguaggi, è invece un progetto di raffinata sintesi personale. Un telaio di acciaio di trenta metri di lunghezza e di Peninsula_House sette metri di altezza costituisce l’ossatura di questo semplice e schietto volume. Tamponata in vetro, la scatola à habiter indossa poi una seconda pelle, più calda, più avvolgente, composta da sottili pannelli di legno accostati gli uni agli altri. Il ricorso a questo abito di prospetto permette a Godsell di giocare abilmente con le luci e con le ombre. L’eloquente luminosità australiana viene filtrata attraverso le fessure del paramento ligneo, modulata e addolcita non solo nell’intensità, ma anche nel colore , temperato dalla tinta calda e naturale del legno.
L’interno conta pochi e minimalisti ambienti: soggiorno-stanza da pranzo, camera da letto, bagno e biblioteca, le uniche unità abitative della casa, sono arredate con un mobilio essenziale e di estremo nitore. Unico neo, un contrastoPeninsula_House troppo stridente e mal conciliato fra il calore dell’esterno e l’algidità delle soluzioni adottate per l’interno.
Di aaltiana memoria, il paramento ligneo esterno della Peninsula House, così come quello della Carter/Tucker House , altra opera di Godsell, ricorda quello utilizzato per lo studio di Marie Gullichsen a Villa Mairea. Con una sostanziale differenza, però. A Noormarkku il legno è elegantemente abbinato ad una concezione organicista dell’interno; a Melbourne l’asetticità degli spazi interni delude le aspettative di accoglienza promosse dalla pelle di legno.
Interessante la volontà di modulare la luminosità in funzione degli ambienti: trionfo di luce il soggiorno-pranzo, che occupa in larghezza l’intero prospetto nord, l’unico privo di paramento ligneo, tonalità più morbide per la camera da letto, penombra per la biblioteca, luogo di raccoglimento e di meditazione.
Peninsula House, una scatola di segni linguistici eterogenei sollecita la curiosità verso una loro individuazione. Uno spazio essenziale dove dormire, mangiare, leggere e prendere il sole. Dove assistere in silenzio alla danza seducente delle luci e delle ombre.

link correlati
ar+d Prizewinner
The Architectural Review
Peninsula House
03 Conference Speaker: Sean Godsell (Melbourne, Australia)
Architect Sean Godsell

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1246 – Dicembre 2000
The Architectural REVIEW


francesca oddo

[exibart]

1 commento

  1. L’architettura australiana è divisa in vari periodi, che si distinguono per le influenze occidentali acquisite. Sean Godsell, architetto contemporaneo, personalmente rievoca la tesi di laurea in architettura discussa anni addietro, imbastita assieme ad altri due esponenti di spicco della nuova maniera di abitare australiano, quando ancora poco si parlava dell’Australia al Politecnico di Milano.
    Godsell è un pensatore profondo e al tempo stesso sterile, un artista dannato e nel contempo un affascinante mutante. La sua passione è la tettonica nello studio delle sue costruzioni, ovvero ciò che segna nell’abitare le emozioni e le percezioni di chi ci sta e ci vive.
    Personalmente non vivrei in queste splendide case, molto lontane dalla cultura europea innanzitutto, mentre Godsell richiama (ma direi un pò artefatto) il modus vivendi orientale; molto interessante è l’uso dei materiali estremamente in contrasto, in unioni tuttavia ben collaudate, soprattutto per il clima locale nel quale s’inseriscono, adottando egregie soluzioni “ergo-tecniche”.
    Sono molto vicine alle case americane degli anni 50 le abitazioni di Godsell, ma l’essenzialità del costruire, la limitata sintassi tecnica, non impediscono di realizzare scenari e palchi abitativi che raramente si vede osare da architetti anche di dichiarata fama.

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