20 maggio 2023

Biennale Architettura 2023: il Leone d’Oro va a Sandi Hilal e Alessandro Petti di studio DAAR

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La coppia italo palestinese si aggiudica il premio per la sua riflessione sull’architettura fascista. Il Leone d’Oro per la miglior partecipazione nazionale viene invece assegnato al Padiglione del Brasile

Alessandro Petti e Sandi Hilal

A Venezia si apre ufficialmente al pubblico la Biennale di Architettura 2023. A precedere questo momento, come da tradizione, è la Cerimonia di premiazione della Mostra internazionale, che quest’anno assume un sapore particolarmente politico, legato a questioni geopolitiche internazionali, al problema dello sfruttamento delle risorse, della repressione sociale, del cambiamento climatico e della diaspora. A comporre la giuria di questa edizione, Ippolito Pestellini Laparelli (presidente, Italia); Nora Akawi (Palestina); Thelma Golden (Usa); Tau Tavengwa (Zinbabwe); Izabela Wieczorek (Polonia), ha deliberato i seguenti premi ufficiali: Il Leone d’Oro per il miglior partecipante alla mostra internazionale è stato quindi assegnato a DAAR, coppia italo palestinese formata da Sandi Hilal e Alessandro Petti <<per il loro impegno di lunga data teso a un profondo coinvolgimento politico con pratiche architettoniche e di apprendimento della decolonizzazione in Palestina e in Europa>>. <<In che modo l’architettura fascista e il passato colonialista possono assumere nuovi significati nei confronti della situazione migratoria. Occorre demolire? Ricostruire? I dieci anni trascorsi in Palestina mi hanno dato il coraggio di chiedermi cosa significa davvero decolonizzare, una domanda urgente e necessaria>> ha affermato Alessandro Petti. <<Ci rendiamo conto di come gli architetti contribuiscano alla nuova progettazione. In che modo gli architetti possono creare delle crepe nell’architettura fascista per far comprendere che siamo tutti uguali?>>, ha concluso Sandi Hilal.

Conferenza stampa della Biennale di Architettura a Venezia

Un altro importante riconoscimento viene vinto quest’anno dal padiglione del Brasile, che vince il Leone d’oro con il padiglione intitolato Terra [Earth] <<per una mostra di ricerca e un intervento architettonico che centrano le filosofie e gli immaginari della popolazione indigena e nera verso modi di riparazione>>, secondo la motivazione della giuria. <<È una follia inaspettata>>, ha commentato con entusiasmo il team curatoriale, salito sul palco. <<Ci sono tante persone che dobbiamo ringraziare per questo Padiglione. Tutti gli indigeni e tutti coloro che hanno condiviso i loro saperi. Coloro che tengono insieme la terra, che davvero si preoccupano di questo pianeta. Il Padiglione si chiama “Earth”, vi invitiamo a camminare sulla terra, a sentirla, a riconoscere il Brasile come paese diasporico>>.

I curatori del Padiglione Brasile durante la Cerimonia di premiazione

Menzione speciale come Partecipazione Nazionale alla Gran Bretagna con il titolo Dancing Before the Moonper <<la strategia curatoriale e le proposte progettuali che celebrano la potenza dei rituali quotidiani come forme di resistenza e come pratiche spaziali nelle comunità della diaspora>>.

La conferenza si è aperta con un pensiero ai territori alluvionati dell’Emilia Romagna <<La mostra affronta ampiamente le conseguenze del cambiamento climatico. Questo laboratorio del futuro sta diventando sempre più un laboratorio del presente>>, ha ricordato il Presidente della Biennale Roberto Ciccutto. Si parte con le menzioni speciali, la prima assegnata a Thandi Loewenson (Londra, Regno Unito) per il suo lavoro Force Majeure section collocato al Padiglione Centrale, Giardini, la quale ha commentato <<Una Biennale come questa non va vista in isolamento, è il risultato di una costellazione di architetti, artisti, scrittori, intellettuali, pensatori, “pratictioners”, che osano tanto in un mondo per darci la gioia di costruirlo. È un onore essere qui tra voi e continuare un discorso collettivo. Spero di poter continuare a lavorare così insieme a tutti voi>>.

Altra menzione speciale a Wolff Architects, studio composto da Ilze Wolff (Cape Town, Repubblica del Sudafrica, 1980) e Heinrich Wolff (n. Johannesburg, Repubblica del Sudafrica, 1970), per <<Un approccio innovativo alle risorse, alla ricerca e alla rappresentazione>>. <<Grazie, è un giardino meraviglioso di cui far parte, che richiede cura e una risposta radicale>> hanno risposto gli architetti. <<È un onore per noi far parte di questa “fioritura” insieme a tutti gli altri. Non abbiamo mai lavorato nell’ottica di una competizione ma sentendoci parte di una libreria di valore>>

Lesley Lokko

Ultima menzione a Twenty Nine Studio / Sammy Baloji  per un’installazione in tre parti che interroga il passato, il presente e il futuro della Repubblica Democratica del Congo, attraverso uno scavo di archivi architettonici coloniali. <<Credo che l’architettura riguardi la casa, il luogo in cui ci sentiamo sicuri>>, ha dichiarato Baloji, <<quindi vorrei dedicare questo premio a coloro che stanno perdendo la propria terra e la propria casa nel Congo e nel resto del mondo per le estrazioni e per il capitalismo. Parlando di crisi climatica dobbiamo parlare alle nostre relazioni con gli ambienti e rifare di questo mondo la nostra casa>>.

Demas Nwoko

Infine, a salire sul palco della cerimonia è stato il nigeriano Demas Nwoko ricevendo personalmente il Leone d’Oro alla Carriera. <<Sono ancora sconvolto ma estremamente felice>> ha detto Nwoko. <<Ringrazio tutti coloro che hanno reso possibile per me essere qui oggi, sembra un dono del destino>>. <<Il premio va a Nwoko per la sua concezione di architettura come campo di attività espanso, che comprende sia il mondo materiale che quello immateriali>>, nelle parole della direttrice della Mostra internazionale Lesley Lokko. <<Tuttavia, con la sua enfasi sul futuro, sembra del tutto appropriato che il Leone vada a un professionista il cui lavoro si è svolto negli ultimi 70 anni ma che non smette di essere interrogato nel presente. “Baba”, titolo onorifico nigeriano, si definisce da sempre un “artista designer”, che dice molto della sua propensione poliedrica ma anche della ristrettezza oggi del termine architetto. Le sue architetture in Nigeria sono realizzate con un’attenzione ai materiali locali, un approccio precursore alla quesitone delle risorse primarie”

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