07 giugno 2025

Fabbrica dell’Aria, alla Biennale di Architettura un progetto tutto da respirare

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Alla Biennale di Architettura di Venezia, PNAT – Project Nature e il neurobiologo Stefano Mancuso presentano un progetto che trasforma l'elemento vegetale in architettura rigenerativa

Venezia, Biennale di Architettura: quest’anno si respira “un’aria” diversa, sicuramente più pulita e connessa alla natura grazie a soluzioni green come la Fabbrica dell’Aria.2 di PNAT – Project Nature e del neurobiologo Stefano Mancuso. In un tempo in cui l’urgenza climatica ridefinisce i confini dell’abitare, la 19ma Biennale Architettura, dal titolo Intelligens. Natural. Artificial. Collective, diventa terreno fertile per visioni “naturocentriche”. Tra le volte delle Corderie dell’Arsenale, Fabbrica dell’Aria.2 di PNAT, guidato dal neurobiologo vegetale Mancuso, si presenta come un organismo pulsante: un’architettura che vive, respira, depura.

Lo spazio è una serra-totem ottagonale, leggera, smontabile, rivestita con una malta a base di lolla di riso e calce aerea. All’interno, pareti a specchio e un soffitto cangiante moltiplicano la presenza di piante come Monstera, Strelitzia, Ficus, radicate in un substrato brulicante di microrganismi. Grazie alla tecnologia brevettata Stomata, questi organismi catturano sostanze inquinanti come formaldeide, VOC e particolato fine. I dati scorrono in tempo reale su display digitali: la scienza diventa esperienza sensibile, prova tangibile che la natura possiede già gli strumenti per la nostra salute collettiva.

L’installazione scardina il cliché della pianta come elemento decorativo: qui il verde è struttura portante, paradigma progettuale, un’architettura biofilica e rigenerativa che dialoga con i cicli vitali invece di sfruttarli.

Questo discorso si inserisce, a sua volta, in un’inversione di tendenza più ampia: mentre le Biennali Arte si fanno sempre più immersive, costituite da padiglioni abitabili, vere e proprie installazioni architettoniche e ambienti totali, le Biennali Architettura sembrano invece allontanarsi dal gesto costruttivo, diventando spazi per riflessioni condivise. Fabbrica dell’Aria.2 è una di queste: un padiglione-conversazione che intreccia design, scienza e politica ambientale.

Il progetto si inserisce in un percorso più ampio: Mancuso offre anche un apporto scientifico e curatoriale al padiglione Belgio e, insieme al team interdisciplinare di PNAT, sarà presente a Expo Osaka 2025 con soluzioni biofiliche che uniscono natura e tecnologia.

Fabbrica dell’Aria.2 nasce da un team di botanici, architetti, ingegneri. La struttura portante in acciaio modellato a freddo (Ottagono Green Architecture) è pensata per essere riutilizzabile; il rivestimento in materiali di scarto agricolo (RiceHouse) lega l’oggetto alla terra da cui proviene. È un manifesto pratico contro l’estrattivismo: dimostra che costruire può voler dire restituire e abitare può diventare un atto di cura.

In un mondo dominato da cantieri energivori e città soffocate dal cemento, il “micro-ecosistema” di Mancuso appare come una rivoluzione a scala umana: un invito a immaginare case e uffici come foreste indoor, dove la tecnologia amplifica l’intelligenza delle piante e non la sostituisce. Una promessa di biodiversità urbana ma anche un monito: la qualità dell’aria non è un lusso, è un diritto.

Così, tra riflessi cangianti e foglie che lavorano silenziose, Fabbrica dell’Aria.2 ci consegna un’ipotesi di futuro: edifici che depurano, materiali che nutrono, città che fotosintetizzano; un’architettura che non si limita a essere sostenibile ma aspira a essere vivente.

Forse questo è il segnale che l’uomo, dopo secoli di industrializzazione vorace e colonizzazione del suolo, sta finalmente imparando a rileggere il mondo mettendo la natura – e non il suo dominio – al centro?

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