06 aprile 2001

Fino al 10.IV.2001 AD: L’arte dell’abitare Milano, Palazzo Reale

 
1981-2001: Com’è cambiato il gusto degli italiani...

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Al Palazzo Reale di Milano va in scena un’autocelebrazione della rivista “AD – Architectural Digest”, in occasione dei vent’anni della rivista; si tratta di una mostra fotografica pluritematica con materiale di repertorio divisa in nove sale ognuna con un tema diverso, per un totale di 134 suggestive foto, alcune trasformate in gigantografie di oltre un metro di lato.
Nella sala d’ingresso campeggiano le 240 copertine di “AD” degli ultimi vent’anni.
Ogni sala è contraddistinta da un titolo che ne rappresenta il tema e una istallazione dedicata all‘arte tavola, ognuna interpretata nello stile del tema della sala in cui si trova.
La prima sala ha per titolo: “Romanticismo e nuove intimità” e come sottotitolo: “Il tempo del cuore”, le foto alle pareti come anche la fastosa e boriosamente ricca istallazione sembrano uscite da una casa di bambola d’altri tempi, le immagini che sembrano tratte direttamente da Versaille ci fanno pensare ad un romanticismo oltre che visivo ed emozionale anche letterario con riferimenti a Voltaire, a Ibsen…
La seconda sala ha per tema: “La moda abita qui” e come sottotitolo: “Il vestito della casa”, esempi di arredamenti in sobrietà e compostezza campeggiano alle pareti di questa sala, in cui spesso l’arte classica trova una giusta sistemazione.

La terza sala è dedicata al “Mediterraneo”, sottotitolo: “Colori a mezzogiorno”, splendide foto in cui forti i colori del mare e della natura si compenetrano agli arredamenti ed escono dalle immagini con veemenza.
La quarta sala “Un cosmopolitismo Neoeclettico”, sottotitolo: “La grande alleanza”, gli arredamenti proposti nelle immagini di questa sala potrebbero essere state scattate nel Vittoriale dannunziano, in cui più che arredamento assennato si assiste ad un collezionismo di oggetti tra i più disparati.
Nella quinta sala che ha per titolo: “Tra country e stile rurale” e per sottotitolo: “Via dalla pazza follia”, ci si trova difronte a quello che io chiamerei “arredamento spontaneo”, le foto ritraggono, mansarde, case di montagna e di campagna, in cui non sempre il Country è una scelta di stile quanto invece un esigenza di vita, quindi capita spesso di vedere elementi naturali entrare nelle case ed assumere qualità che solo con la necessità si possono spiegare.
La sesta sala è intitolata: “La casa come ribalta mussale” e sottotitolata: “Meravigliose stanze”, sono presenti numerose immagini in cui, l’arredamento della casa si trasforma in galleria d’arte.

Nella settima stanza “Viaggi nel territorio dell’etnica” sottotitolata: “La casa mobile”, le foto sono piene di colori ed esotismo, con immagine di case da paesi lontani in cui l’arredamento si basa su concetti di culture diverse dalla nostra.
L’ottava stanza ha per tema: “Oltre il minimalismo”, “Il flusso dell’essenziale”, quando gli interni sono semplici ed essenziali a volte trasbordano nelle filosofie orientali.
Nella nona e ultima stanza, chiamata: “Rilettura dal neoclassico al neogotico” e sottotitolata: “Se il passato è il nostro presente”, le foto di questa stanza raffigurano interni di architetture classiche con arredamenti romantici.
Nel complesso risulta essere una piacevole passeggiata tra i gusti degli italiani nei confronti dell’arredamento, le istallazioni aiutano stanza per stanza ad assaporarne a pieno il tema.

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M.M




Palazzo Reale, Milano
In collaborazione con il Comune di Milano e AD – Architectural Digest: AD: L’ARTE DELL’ABITARE. 1981-2001-04
Com’è cambiato il gusto degli italiani.
Piazzetta Reale 10, Milano
Dal 4 Aprile al 10 Aprile 2001
Tutti i giorni: 9:30 – 22:30
Ingresso Libero
Informazioni per il pubblico:
tel: 02-76318501
Nel bookshop della mostra sono disponibili il catalogo al costo di £30000 e il libro “AD Millenium! Il gusto degli italiani1900-1999: un secolo di meraviglie” a £. 89.000



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16 Commenti

  1. Caro Toni,
    ha colto nel segno alcuni arredi hanno un sapore disneyano, in cui l’ingenuità prende il sopravvento.

  2. Ho visitato la mostra.
    Anzitutto vorrei dire all’autore del pezzo qui sopra che Versailles si scrive con la “S”. Desidero inoltre aggiungere che il suo richiamo a “le immagini che sembrano tratte direttamente da Versaille ci fanno pensare ad un romanticismo oltre che visivo ed emozionale anche letterario con riferimenti a Voltaire, a Ibsen” risulta essere un concetto del tutto nuovo, personale ed inventato, nonchè infelice. Siamo divertiti nel leggere questa nuova e supposta comunanza tra Versailles e Voltaire con il Romanticismo. E siamo inorriditi nel vedere che vi è stato aggiunto anche il nome di Ibsen, che col Romanticismo c’entra ancora meno. Questo minestrone di stili è frutto di un’approssimazione estetica che ci lascia sgomenti e ci domandiamo se l’autore conosca ciò di cui parla.
    La mostra è allestita piuttosto bene e se l’obiettivo era la sollecitazione del senso onirico del visitatore, vi è riuscita appieno.
    Affondati nelle pareti blu che ci rimandano bellissime fotografie sapientemente valorizzate dalle luci, riusciamo per lunghi attimi a dimenticare che viviamo in orride abitazioni.
    Correggerei il sottotitolo della mostra da “com’è cambiato il gusto degli Italiani” a “com’è cambiato il gusto dei miliardari di tutto il mondo”.
    Le case e le architetture che ho visto nelle immagini di questa mostra sono meravigliose. Ho sognato ed ho deciso che se mai avrò la possibilità di avere una casa splendida chiamerò gli architetti di “Architectural Digest”.
    Consiglio a tutti, quando non avrete di meglio da fare, di visitare la mostra.
    Datevi un pizzicotto poco prima di uscire.
    Ciao.
    Paolo

  3. Ti ringrazio Astorre, ma mi attribuisci una genialità che non ho. Non sono, infatti, così genio da essere aulico e scurrile al contempo.
    Stavo per spiegarti il significato dello stile plurale in uno scritto ma temo ti riesca difficile comprenderlo.
    Se tu leggessi almeno un poco lo sapresti. Potresti anche imparare il significato di “aulico” e “scurrile”, perchè no?
    Non vedo scurrilità e nemmeno aulicità nel mio intervento, solo cultura e cervello, sai cosa sono?
    Sono certo che se leggerai qualche libro, magari faticando un pò, scoprirai l’arcano significato anche di queste due parole.
    Ciao, Paolo.

  4. Cari Paolo,
    ho letto i vostri messaggi.
    Mi premurerò ora di spiegare il mio articolo a quel consorzio di menti che si presenta sotto il nome di “Paolo”.
    I riferimenti che tanto vi fanno inorridire, Versailles (grazie per l’appunto mi era sfuggita la “s” e a voi un po’ di tatto), Voltaire e Ibsen, volevano essere degli intuitivi richiami per immagini semplici. L’immagine del fasto e dell’eccesso di Versailles si mescola alle suggestioni letterarie di Voltaire e Ibsen.
    Non siate noiosi, che la cultura apre la mente a chi ce l’ha.

  5. Caro semplice, o sempliciotto, Matteo. I tuoi richiami “intuitivi” e “semplici” a Ibsen e Voltaire riferiti alle suggestioni romantiche presentate in alcune sezioni della mostra sull’abitare (che peraltro ho apprezzato), si “mescolano” così bene da darmi ragione quando dico che tale tua mescola ha prodotto un suggestivo “minestrone” che il mio “tatto” ha bonariamente definito estetico.
    Questo consorzio di menti che ti scrive è già salvo dalla “noia” prodotta da quella sub-cultura didascalica che, nel desiderio di essere troppo semplice, finisce per essere inesatta, inadatta e fuorviante per chiunque, accortosi di avere una mente, non vuole perderla.
    Ovviamente non sei riuscito a spiegarmi il nesso tra il fasto di Versailles e il “Romanticismo oltre che visivo ed emozionale anche letterario” della mostra, ma non ci contavo.
    La mostra ha mostrato (scusa la cacofonia) un’esatta via di mezzo tra l’opulenza razionale e illuminata di Versailles e il decadentismo psichico di Ibsen (del quale tu hai preso troppo semplicisticamente alla lettera la sua opera “Casa di Bambola” trasponendola a certi ambienti, da bambola, appunto, ricreati nella mostra stessa), fino a raggiungere il risultato di un nuovo e moderno epicureismo caduco ma necessario, rappresentato dal desiderio di vivere il piacere nella sua essenza, anche fatua, del sensibile.
    La mostra è molto bella, ma l’interpretazione che ci hai presentato tu è orribile, e questa è una colpa.
    Hai commesso l’imperdonabile errore di confondere la superficie delle cose con le cose stesse.
    Ed ora, per parafrasarti:
    Non essere noioso, che la mente mostra la cultura… di chi ce l’ha. Ciao, Paolo (Biz).

  6. O Paolo, la tua oratoria mi illumina. Non credevo esistesse ancora qualcuno con gusti così arretrati ed inoltre tanto arrogante da concepire come “culturali” solo le sue incrostazioni di degenarazioni lussuriose. E cortesemente, risparmami una risposta densa di citazioni, non ne sento il bisogno, preferisco gli originali.

  7. Spiacente, ma mi vorrai concedere il piacere di disubbidirti.
    E’ molto difficile non citare Voltaire, Ibsen, Versailles e il Romanticismo… quando di questo si sta dissertando (soprattutto se sono stati citati, peraltro a sproposito, prima che io lo facessi).
    …… A meno che non mi si chieda di parlare dell’influenza che ha avuto l’apporto peripatetico di Aristotele sulla televisione di Maria de Filippi !!
    Ma anche se sono arrogante (il che è l’unica cosa sensata e vera detta in tutta questa discussione), citare non è come arredare.
    Ne consegue che saper arredare non è condizione necessaria e sufficiente per riuscir a citare con un certo nesso e i vostri interventi, o meglio sproloqui, ne sono l’evidente dimostrazione.
    Io non so arredare, ma solitamente, in tutta la mia arroganza, conosco ciò di cui parlo.
    Era questo l’appunto che facevo all’autore dell’articolo: un richiamo alla coerenza culturale e intellettuale.
    Quanto ai miei arretrati gusti e alle mie incrostazioni e degenerazioni di origine lussuriosa… beh… temo che gli “originali” a cui tu fai riferimento non siano gli stessi a cui faccio riferimento io.
    Felice di essere diversi.
    Astorre dice che sono stato scurrile. Tu dici che sono vittima delle mie degenerazioni lussuriose; è evidente che una discussione iniziata per un richiamo al fatto che il fasto di Versailles nulla c’entra con il Romanticismo non poteva avere evoluzione migliore, per voi.
    Io mi sarei attenuto ai contenuti, ma evidentemente ognuno mostra il meglio di cui è capace.
    Ed ora concludo qui, non vorrei domani dovermi trovare a discutere sulla sfericità dei piselli primavera.
    Ciao, Paolo

  8. Ma da dove spunti Biz, dalle flatulenze di Sgarbi? Come vedi si può essere al contempo aulici e scurrili….E dimmi hai qualche amico o vivi da solo in mezzo a una foresta? Ammazza quanto sei antipatico…

  9. A me questo Biz invece piace molto ed è anche molto simpatico.
    Mi sembra che dice quello che pensa dimostrando di sapere quello che dice.
    I volgari siete voi.

  10. Visto che c’ è chi l’ apprezza, spero proprio che il nostro anacronostico Paolo Biz ci allieti con interventi su altri temi … ci sono tanti articoli che parlano di attualità … sentiamo, sentiamo …

  11. Grazie Toni, sono certo ci saranno molte altre occasioni per trovarmi discutibile.
    D’altro canto, non vivo per l’auditel, a questo ci pensa già la televisione. Con i risultati che tutti sappiamo.
    Tuttavia, non mi ritengo perfetto, anzi, sono deliziosamente felice di essere imperfetto. Con la seria intenzione di migliorare in molti campi, tranne che nel consenso, ovvio. Ciao, Biz.

  12. Scusami Paolo! Ora che ti sei qualificato come un non-addetto-ai-lavori le tue parole assumono un significato diverso. Come architetto saresti un disastro, ma come libero pensatore … sei libero di deviare.

  13. Caro Marco, la tua umanità mi commuove.
    La tua condiscendenza mi lusinga.
    Grazie per concedermi di pensare liberamente.
    … Gli architetti non lo fanno?
    Ciao, Biz.

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