07 maggio 2025

Ipernatura, crisi climatica e robot: Carlo Ratti porta alla Biennale di Architettura l’ottimismo del progetto

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La Biennale di Venezia apre i battenti della 19ma Mostra Internazionale di Architettura: 300 progetti affollano le sale dell'Arsenale, proponendo soluzioni alle urgenze climatiche e abitative del nostro tempo

The Third Paradise Perspective Photo by Marco Zorzanello

«Chi fa domande non è mai andato in prigione», con questa frase apre la bella installazione di Aldo Cibic e Andrea Rinaldo all’interno delle Corderie, parole che potrebbero essere prese come incipit della 19ma Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia curata, quest’anno, da Carlo Ratti e intitolata Intelligens. Natural. Artificial. Collective. Questo perché i 300 progetti presentati da oltre 750 autrici e autori, invitati e selezionati dal curatore, si presentano come domande aperte su un mondo che sta mutando rapidamente e drammaticamente, senza che nessuno di questi abbia la pretesa di salvarlo magicamente.

Questa mostra si lascia definitivamente alle spalle il secolo passato, in assoluta e ancora più decisa continuità con le due edizioni precedenti curate da Hashim Sarkis e da Lesley Lokko, e supera finalmente l’idea che l’architetto sia un Prometeo capace di proiettarci in un mondo migliore grazie al progetto moderno. Questa logica appartiene a un momento di espansione demografica, urbana ed economica che ha sognato un tempo di apparente crescita illimitata e di diffuso benessere che non si è verificato, a differenza degli squilibri ambientali e sociali che squassano invece oggi la nostra realtà e coscienze.

. 19ma Epsosizione Internazionale di Architettura, Biennale di Venezia, 2025
Soft Infrastructure Photo by Marco Zorzanello. 19ma Epsosizione Internazionale di Architettura, Biennale di Venezia, 2025

«L’architettura è sempre stata una risposta al clima: un atto di riparo, sopravvivenza e fiducia nella vita. Dalle prime capanne primitive alle fondamenta sommerse di Venezia, il progetto umano si è evoluto in dialogo con la natura. Oggi, questa evoluzione non è più una scelta ma necessità: il cambiamento climatico non è uno scenario futuro ma una realtà presente. Dobbiamo adattarci. Questo richiede la messa in campo di ogni forma d’intelligenza: naturale, artificiale, collettiva. Non abbiamo bisogno di genio individuale, ma dell’intuizione che scaturisce dai processi collaborativi. Non di soluzioni rigide, ma di ecosistemi flessibili. Di fronte a un mondo in trasformazione, l’architettura deve adattarsi essa stessa, spingendosi verso territori inesplorati».

L’incipit del testo introduttivo di Ratti, posto all’ingresso della sua mostra principale alle Corderie dell’Arsenale, sintetizza bene il pensiero che ha guidato l’organizzazione interna dell’esposizione centrale e il suo pensiero curatoriale. Il progetto è esperienza collettiva, collaborativa e nasce per adattarsi a una realtà superiore per complessità, contraddizioni e stratificazioni che impongono regole diverse e forme di ricerca innovative, sperimentali e capaci di evolversi nel confronto continuo con gli ecosistemi in cui si localizza.

Il grado di rischio e incertezza è cresciuto esponenzialmente e l’idea che l’uomo sia l’unico capace di servire le carte al tavolo da gioco del nostro futuro si sta smaterializzando sotto il peso delle crisi che attraversano le nostre quotidianità su scala globale.

19ma Epsosizione Internazionale di Architettura, Biennale di Venezia, 2025
Revolutionizing clean energy- Integrating advanced nuclear solutions and the built environment Photo by Luca Capuano. 19ma Epsosizione Internazionale di Architettura, Biennale di Venezia, 2025

La mostra delle Corderie apre volutamente con la simulazione di uno shock termico: una stanza ermeticamente chiusa, buia, fatta di acqua, umidità, calore e del ronzio assordante di decine di macchine per l’aria condizionata. Si tratta dell’installazione dei tedeschi Raumlabor, realizzata insieme a Michelangelo Pistoletto, in cui il sistema di ventilazione, che abitualmente produce calore per rinfrescare il resto degli altri ambienti, viene serrato in modo ermetico per farci vivere il dispendio energetico che si genera per il mantenimento del nostro benessere ambientale. Percepiamo sulla nostra pelle il lato oscuro dell’energia che, una volta aperta la porta d’uscita, ci proietta in un ambiente fresco e confortevole. Questa stanza ci ricorda che ogni qualità ambientale artificiale chiama un forte consumo e ha un lato ignoto, tecnico, che determina questa condizione.

Appena usciti, una seconda installazione ci pone di fronte a un altro paradosso: un alto muro curvo ci accoglie, nascondendo alle sue spalle un paesaggio organico, frammentato, composto da micro-batteri e organismi. L’installazione intitolata The other side of the hill, disegnata da Patricia Urquiola e curata da Beatriz Colomina e Mark Wiegly insieme agli scienziati Goeffrey West e Roberto Koller, sintetizza visivamente la curva di crescita demografica che sembra rallentare in ogni parte del mondo arrivando a un picco massimo di 10 miliardi di abitanti, per poi decrescere. Sul lato opposto le immagini delle colonie di batteri che invece sanno gestire la loro crescita ambientandosi al sistema in cui vengono accolti.

. 19ma Epsosizione Internazionale di Architettura, Biennale di Venezia, 2025
Forming materials Photo by Luca Capuano. 19ma Epsosizione Internazionale di Architettura, Biennale di Venezia, 2025

Questi due interventi sono la premessa a tutta la mostra: una condizione ambientale insostenibile e con prezzi ecologici crescenti e una crescita demografica che è al suo picco e la cui fine potrebbe rappresentare la fine del modello di sviluppo su cui abbiamo costruito la nostra civiltà negli ultimi cinquecento anni. Potete immaginare metropoli costruite per decine di milioni di abitanti che perderanno nel tempo percentuali crescenti di nuovi cittadini, oltre che essere occupate da popolazione sempre più fragile e anziana immersa in un clima più estremo?

Da questo punto centrale partono, in sequenza, le tre sezioni Natural, Artificial e Collective dove sono raccolte centinaia di differenti proposte progettuali su come affrontare questo cambiamento epocale, oltre a una quarta area, Out, dedicata alle ricerche in corso per l’extra Terra.

. 19ma Epsosizione Internazionale di Architettura, Biennale di Venezia, 2025
Architecture as Trees, Trees as Architecture Photo by Marco Zorzanello. 19ma Epsosizione Internazionale di Architettura, Biennale di Venezia, 2025

La mostra di Carlo Ratti è impregnata da uno straordinario senso di ottimismo progettuale e da una fiducia nella centralità e necessità del progetto come unica risorsa per affrontare questo tempo. Lo dimostra la massa, quasi eccessiva, di lavori selezionati ed esposti in mostra, a testimoniare la vitalità di ricerche e sperimentazioni che, in scale differenti, sono in corso tra studi privati, università, istituzioni e produttori per dare risposte a un tempo che chiede di contenere al massimo il consumo di risorse primarie, facendo affidamento a quello che abbiamo già e che abita con noi.

Tutte le sezioni si muovono in questa direzione, in cui la distinzione tra ciò che è naturale e artificiale si è assottigliata sempre di più, moltiplicando le aree di contiguità e ambiguità nella loro costituzione, utilizzo e definizione finale. In tutta la mostra ci si muove con la costante tensione tra una condizione pre-apocalittica, in cui il disfacimento del sogno progressivo liberista diventa palpabile ed evidenzia le sue faglie più scoperte e irrisolte, quasi contrapposto a un senso di fiducia assoluta nel progetto e nella sua capacità di prefigurare possibili soluzioni.

Necto Photo by Marco Zorzanello. 19ma Epsosizione Internazionale di Architettura, Biennale di Venezia, 2025

Lo sforzo di raccontare il quadro delle ricerche in corso è evidente, perché la somma delle installazioni e dei progetti esposti è così densa da costruire una sorta di foresta e labirinto in cui è facile perdersi. Sembra quasi che il curatore sia stato colto dall’entusiasmo di fronte a un’offerta d’intelligenza collettiva e sperimentale inattesa e abbia deciso di contenere la selezione, mettendoci di fronte al numero crescente di ricerche, progetti, sperimentazioni che in tutto il mondo e in maniera capillare si stanno moltiplicando in risposta alla crisi che stiamo abitando.

Installation view ph. Andrea Avezzù

Paradossalmente il problema di questa mostra è l’eccessiva offerta d’intelligenza concentrata in uno spazio limitato, forse anche a causa dell’assenza del padiglione centrale che avrebbe consentito di distendere il percorso con maggiore agio e spazio. L’allestimento, pensato dallo studio berlinese Sub, ha immaginato un sistema di supporti verticali, combinabili tra di loro a seconda delle esigenze, che ha portato lungo le pareti laterali la maggior parte dei progetti “sacrificati” in pochi pannelli esplicativi, mentre la parte centrale della navata delle Corderie è liberata per le installazioni volumetricamente più invasive.

Grounded Growth Photo by Marco Zorzanello. 19ma Epsosizione Internazionale di Architettura, Biennale di Venezia, 2025

Molti dei progetti, minori, selezionati, suggeriscono invece mondi e potenzialità da esplorare con attenzione: tessuti che si rigenerano, come per Interwoven di Diana Scherer, nursery per la riforestazione in Messico, materiali riutilizzabili in continuità, ma anche città lette come “mining field” nel lavoro di Park, le micro-abitazioni per gli esondati in Bangladesh di Marina Tabassum, sono solo alcuni delle speranze e intuizioni progettuali che ci fanno cogliere la ricchezza di un laboratorio diffuso che trova casa in questa Mostra Internazionale.

La maggior parte di questi lavori è collocata a latere per fare posto alle installazioni centrali di maggiore peso e impatto visivo, come per il progetto di campus universitario di Vector Architects in Cina, la sede dei laboratori di Hermés di Lina Ghotmeh, il Vessel for Liminal Dialogues di Fundaciò Organizmo e Lumack Studio, il padiglione di Benedetta Tagliabue, Calculating Empires di Kate Crowford e Vladan Joler, il Carosello di John Lin fino ad arrivare all’imponente Speakers’ corner di Christopher Hawthorne, Johnston Marklee e Florencia Rodriguez che decreta la centralità che avranno le conversazioni e i dibattiti nel programma di questa Mostra Internazionale.

Elephant Chapel Photo by Marco Zorzanello. 19ma Epsosizione Internazionale di Architettura, Biennale di Venezia, 2025

Mentre l’edizione precedente di Lesley Lokko era costruita su un costrutto politico e ideologico fondante per la costruzione di ogni possibile narrazione progettuale, la mostra di Ratti si fonda invece sull’idea del progetto come forma di “problem solving”, in un’ottica completamente post-ideologica e lontana da ogni lettura politica della realtà. Il contesto scompare, se non come scenario fisico e reale del problema contingente da risolvere e anche termini come corpo, sensorialità, simbolico e storia sembrano non appartenere al suo vocabolario concettuale, che concentra tutte le energie in una forma assoluta di ottimismo verso il progetto come forma scientifica d’indagine, sperimentazione e intervento sulla realtà fatto per tentativi, condivisione collettiva e pratica sperimentale continua.

Queste ultime tre Mostre Internazionali di Architettura – e soprattutto questa edizione – dissolvono la centralità dell’architettura come disciplina tradizionale e portano il progetto e le sue forme più fluide e aperte al centro del processo e di un mondo culturale e tecnico che sta mutando profondamente. In questa ultima edizione i luoghi specifici sembrano dissolversi per comporre un unico sistema urbanizzato e neo-naturale in cui i singoli interventi si concentrano sulla soluzione tecnologica e ambientale del problema, lasciando molto sullo sfondo le storie dei suoi abitanti e la forma specifica dello spazio progettato, tranne che per poche, specifiche, situazioni.

L’architettura non è più immaginabile come un tema formale, di linguaggio o come corpo abitato ma, piuttosto, come progetto capace di adeguarsi intelligentemente a un mondo sempre più fragile e frammentato in cui il tema principale diventerà la sopravvivenza. Le soluzioni che emergono sono quindi dettate da un tempo più breve, incerto, in cui l’architettura di fonderà in un organismo urbano e naturale sempre più ambiguo nei suoi confini.

19ma Epsosizione Internazionale di Architettura, Biennale di Venezia, 2025
19ma Epsosizione Internazionale di Architettura, Biennale di Venezia, 2025

Nel cuore della sezione Artificial abbiamo Ancient Future, una installazione illuminante, disegnata da Bjarke Ingels Group, Laurian Ghinitolu e Arata Mori per un progetto di aeroporto che sta realizzando in Buthan: una corona di legno viene lavorata e intagliata da due artigiani che cavano abilmente la materia, disegnando decorazioni e motivi floreali tradizionali mentre alle loro spalle un braccio robotizzato collabora con loro spolverando delicatamente il lavoro appena svolto. In questa azione ipnotica sembra che la relazione sia risolta e armonica, ma permane il dubbio che questa collaborazione sia molto più complessa e foriera di potenziali conflitti.

Nel mondo “intelligens” sognato da Carlo Ratti ogni contraddizione e conflitto sembra contenuto, quasi ammutolito, ma in ogni vera forma collaborativa e progettante il confronto che apre è inevitabile per crescere. L’ottimismo della ragione genera mostri, come parafrasava Goya in un suo lavoro straordinariamente importante, e forse quello che mancano in questa mostra sono i mostri, ma avere avuto la forza di portare ai nostri occhi una selva così ricca e densa di sperimentazioni rende questa esposizione importante, da visitare e interrogare con minuziosa ossessione.

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