16 agosto 2021

La natura del cemento: il Saya Park Art Pavilion di Álvaro Siza e Carlos Castanheira

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La collina più alta del Saya Park in Corea del Sud è il sito del monumentale padiglione firmato Siza e Castanheira, un polo espositivo inserito nel paesaggio circostante, frutto di un precedente progetto

L’intenso e duraturo sodalizio artistico tra Álvaro Siza e Carlos Castanheira si spinge sempre più a Oriente. La poetica dal profilo rigoroso la si ritrova questa volta nell’iconico edificio a forma di V del Saya Park Art Pavilion, realizzato nella provincia del Gyeongsang Settentrionale in Corea del Sud.  Per il duo portoghese, infatti, non è insolito cimentarsi in disegni architettonici caratterizzati da diversi e sbalorditivi volumi, geometrie rette e curve e strutture su più livelli. Si pensi alla sede dell’industria chimica Shihlien Chemical a Huai’an City completamente adagiata su una vasca d’acqua, al Mausoleo Chia Ching a Taiwan innalzato su una montagna o al Museo del Bauhaus in Cina, a Hangzhou, di 16mila metri quadrati ma costruito su un’area triangolare di 8mila mq con restrizioni definite dal paesaggio naturale circostante.

Come negli altri celebri progetti, anche per questo incarico si ritrovano tutti i tratti distintivi dei due archistar: il cemento monolitico, l’uso ponderato delle aperture, la coerenza strutturale, la fusione con l’ambiente naturale, l’importanza della funzionalità e l’attenzione per i giochi di luce.

Tuttavia questa costruzione – dallo stile austero, seppur sinuoso – non è nuova tra le produzioni storiche dei due artisti. Stando alla dichiarazione del fondatore dello Studio Carlos Castanheira, «Questo progetto è iniziato con una richiesta alquanto atipica da parte del cliente e del direttore artistico del parco all’epoca. A quanto pare è stato molto apprezzato un nostro progetto per “Madrid Capitale Europea della Cultura 1992” che non è stato però mai realizzato. C’è da dire che per noi non è normale “ripetere” un progetto in altri luoghi, poiché crediamo che ogni edificio appartenga a un determinato sito. Ma andando sul posto e studiandolo, ho incontrato il cliente e mi sono piaciuti entrambi, quindi abbiamo accettato la sfida sapendo che non sarebbe stato esattamente lo stesso progetto perché il sito era diverso così come il programma di lavoro».

Il Saya Park Art Pavilion di 1.370 metri quadrati è dunque il risultato di una rivisitazione del progetto originale per la Spagna, circa quattro volte più piccolo dell’edificio concepito nel 1992 e che accompagnato da una mistica cappella e da una massiccia torre panoramica, si trova a Changpyeong-Ri nella provincia di Gyeongsang in cima a una delle colline più alte della zona.

Il Padiglione dell’Arte si configura come una struttura grigia, lineare e biforcuta, in parte interrata, realizzata in calcestruzzo grezzo e che rivela al suo interno un mondo di pieni e vuoti, di sbalzi arditi in perfetto dialogo con il paesaggio circostante. Un sentiero sommerso corre lungo la collina fino all’ingresso dell’edificio mentre i muri di cemento circondano il percorso e fungono da muri di sostegno. «Abbiamo pensato che il cemento fosse il materiale migliore per la forma architettonica progettata, per lo scopo dell’edificio e – cosa più importante – per il paesaggio perché si adatterà al suo colore con il passare del tempo» ha affermato Castanheira in una recente intervista.

Il volume più grande della struttura costituisce il corpo rettangolare dell’edificio, il secondo volume di forma curva, che si dirama dal primo, è strettamente connesso ad esso tramite un corridoio perpendicolare ai volumi biforcati dell’edificio.  All’interno, l’aspetto monolitico è continuato e vi è racchiuso un piccolo cortile, mentre dei grandi e solenni corridoi conducono i visitatori tra le sale, le aperture quadrate nelle pareti e nei soffitti lasciano intravedere il cielo e la natura.

«Un’altra cosa molto importante è stata l’approccio all’edificio, il pensiero di come circolare al suo interno e di come far cambiare la luce e l’ombra durante una camminata lungo i diversi spazi chiusi o aperti» ha aggiunto ancora. «Le viste verso l’esterno sono molto controllate e al visitatore è consentito guardare solo quando l’architetto lo consente. Come in ogni buona architettura è un movimento necessario per assorbire spazio e tempo».

Al fine di valorizzare arte, architettura e natura, proprio come lo spazio espositivo a cui è ispirato, l’edificio è utilizzato e pensato per fungere da raccoglitore di opere. Nello specifico, vi sono ospitate sculture che esplorano il tema della vita e della morte, realizzate da Álvaro Siza stesso. Quest’ultime posizionate all’interno di aperture, da cui filtra luce naturale, permettono tanto l’apprezzamento estetico delle stesse, quanto la possibilità di esperire il paesaggio naturale tramite visioni di scorci fugaci. Come sostenuto da Castanheira dunque «Il Padiglione dell’Arte ha modificato il sito collinare e si è adattato ad esso. E anche noi tutti ci siamo adattati alla bellezza di questo progetto. C’era una forte volontà di costruire questa particolare idea su quel sito e tutte le sfide sono state superate».

Infine, gli altri due volumi, parte dello stesso complesso, sono anch’essi in cemento e senza particolari rifiniture. Collocata più in alto è la torre di osservazione, mentre più isolata risulta la cappella, quale luogo dedicato alla meditazione e all’introspezione. L’interno è punteggiato da una sola piccola apertura zenitale che ne definisce la complessità e il simbolismo, mentre la sua geometria è pura come pura e “dalla grande anima” è la configurazione complessiva del Saya Park Art Pavilion.

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