01 agosto 2019

Omaggio a César Pelli

 
Omaggio a César Pelli, icona classica della modernità verticale
di Jacqueline Ceresoli

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L’architetto Cesar Pelli (1926-2019), argentino naturalizzato statunitense e di origine italiana, scomparso il 19 luglio a 92 anni, vivrà ancora con le sue torri che hanno cambiato lo skyline delle città del mondo compresa Milano, con Unicredit Tower (costruita tra il 2009 e il 2012, alta 231 metri) svettante in piazza Gae Aulenti, Porta Nuova, area ex Varesine, diventata già una classica icona della modernità e il simbolo di rigenerazione architettonica all’insegna dell’estetica funzionalista, ingegneristica.
Pelli è stato tra i protagonisti del secondo Novecento, project designer nello studio di Eero Saarinen dal 1954 al 1964, quando dall’Argentina il giovane architetto fresco di laurea conseguita a San Miguel de Tucuman si trasferisce a New York, lavorando con lo staff che ha realizzato il terminale TWA dell’aeroporto J.F. Kennedy.
L’architetto contro atteggiamenti divistici da archistar era un gentleman d’altri tempi, affabile e gioviale, amava Milano e per lui era l’unica città dove avrebbe voluto vivere. Dal criticato stile eclettico e non troppo personale, considerava l’architettura come un “progetto di civiltà”: un atto di responsabilizzazione e consapevolezza nel mettere al centro le esigenze del cittadino in relazione con la realtà urbana nella sua complessità.Il primo suo edificio è il Pacific Design Center di Los Angeles del 1975, un complesso di edifici blu che ha modificato radicalmente lo skyline della città, definito Blu Whale (balena blu), d’impatto decorativo. Nel 1977 fonda lo studio Pelli & Associates, e nello stesso anno Pelli diviene preside della facoltà di Architettura a Yale, dove resta fino al 1984.

 

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Petronas Towers, César Pelli, Kuala Lumpur, Malaysia.

 

Nel 2005 il suo studio cambia nome e diventa Pelli Clark Pelli Architects con sede New Haven in Connecticut.
Oltre le mode, ha sempre combattuto per una architettura non invasiva, predominante, in cui il verde ha un ruolo importante nel progetto di riqualificazione di aree urbane. Spiccano nel suo impressionate curriculum professionale le Petronas Towers di Kuala Lumpur, le “torri gemelle” fino al 2004 più alte del mondo (88 piani, per 452 metri di altezza), edificate tra il 1992 e il 2004 nella Capitale della Malesia, diventate simbolo dello sviluppo economico del Continente asiatico, ma anche firma di un concetto di architettura verticalista e monumentale dalle forme semplici.

 

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1988 World Financial Center, New York

 

L’architetto immaginava la torre come una “scala” per toccare il cielo che però non deve prevaricare gli altriedifici, per integrarsi con il contesto urbano preesistente. Tra le sue opere si ricorda un progetto di scarso successo per il Museum of Modern Art a New York, nel contesto del ripristino dell’edificio principale (1977-1978), che venne poi in gran parte sostituito qualche anno dopo, e l’International Financial Center di Hong Kong. Dagli anni Novanta del secolo scorso Pelli sperimenta uno stile higt tech, una definizione cult per canonizzare uno stile di architettura che utilizza il linguaggio formale di metodi costruttivi tecnologici, dall’estetica ingegneristica della macchina o nella costruzione aeronautica, che trova la sua legittimazione su due livelli: come forma funzionale, espressione del metodo di costruzione della struttura vera e propria, oppure come formalismo, mezzo e segno stilistico, gesto rappresentativo legato all’epoca che lo produce. E nascono sotto questo segno, caratterizzate dall’elevazione formale dell’estetica tecnicista, proprio le Petronas, icone totemiche di un’architettura anche scenografica.
L’ultimo progetto di Pelli è il Salsforce Transit Center di San Francisco, basato su sistemi modulari per applicazioni particolari, e anche se il suo stile è considerato troppo commerciale, in ogni caso nelle sue torri si fondono passato e futuro, seguendo il mito di Metropolis, il film di Fritz Lang del 1927 che ha iconizzato lo skyline urbano modernista e funzionalista più copiato al mondo.

 

Jacqueline Ceresoli

 

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