19 gennaio 2022

Qualcuno sta pensando seriamente di ampliare l’isola di Manhattan

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Il professore di economia Jason Barr ha proposto al sindaco di New York, Eric Adams, di aggiungere 712 ettari di terra bonificata all’isola di Manhattan, per costruire più case ed evitare le mareggiate

Courtesy Jason Barr

La Grande Mela potrebbe diventare un po’ più grande. Precisamente 712 ettari di terra bonificata. Questa è la misura che Jason Barr, professore di economia alla Rutgers University, ha proposto al sindaco di New York, Eric Adams, per ampliare Manhattan e risolvere, in questo modo, molti problemi che affliggono la città, dall’housing alle inondazioni. Con una citazione inclusiva, per giunta. Il nuovo quartiere dalla forma vagamente fallica – Freud mi perdoni – si chiamerebbe, infatti, New Mannahatta, in omaggio al nome originario dell’isola newyorchese. E visto che negli Stati Uniti qualunque sogno può diventare reale, non è detto che anche questa proposta, che cambierebbe drasticamente l’aspetto di uno dei paesaggi urbani più iconici al mondo, non possa essere presa in considerazione. Secondo Barr, ci sarebbero anche dei precedenti storici, poiché l’isola di Manhattan è già stata ampliata numerose volte da quando è stata colonizzata dagli europei nel XVII secolo.

Nel suo articolo pubblicato sul New York Times, Barr sostiene che l’estensione dell’isola, che arriverebbe così a incorporare Governor Island, aiuterebbe a contrastare gli effetti dell’innalzamento del livello del mare. Le aree vulnerabili interne sarebbero mantenute “al coperto” da zone umide e paludi sul perimetro, per assorbire le eventuali mareggiate. Inoltre, ci sarebbe spazio per costruire 180mila nuove case, che potrebbero ospitare circa 247mila persone. Poco meno di tutti gli abitanti di Venezia, a proposito di città costruite sull’acqua.

«C’è un grave problema di accessibilità degli alloggi in città e qualsiasi aumento dell’offerta può aiutare ad alleviare il problema», ha spiegato Barr, che ammette la drasticità della sua proposta, che però sarebbe necessaria, «Perché lo status quo dei piccoli passi non si è dimostrato adeguato ai compiti da svolgere». Bisognerebbe solo capire, a questo punto, quanti potrebbero permettersi un nuovo appartamento a New Mannahatta. Insomma, difficile pensare che si tratterebbe di housing sociale. Magari però potrebbe interessare a qualche galleria blue chip per aprire una nuova super sede (tipo Pace Gallery, per dirne una a caso).

Barr ha calcolato che finanziariamente la proposta potrebbe essere fattibile e ha calcolato che la differenza tra i costi di costruzione degli edifici e i valori di vendita potrebbe essere utilizzata per finanziare la creazione del terreno artificiale e delle relative infrastrutture: «Il valore degli immobili in città ora è molto più alto del costo medio di creazione o sostituzione degli edifici. In linea di principio, la città potrebbe utilizzare questo differenziale a proprio vantaggio», ha continuato.

Al di là delle boutade, è vero che le città, in particolare quelle di dimensioni metropolitane, hanno bisogno urgente di una progettualità aggiornata, sostenibile – magari costruendo meno – e seriamente accessibile a fasce trasversali della popolazione (qualcuno ricorda i piani urbanistici?). Nel caso specifico, da anni il governo di New York è alle prese con il problema del cambiamento climatico: nel 2019, l’allora sindaco Bill de Blasio presentò un progetto per ridisegnare il litorale di Lower Manhattan. Lo studio danese BIG e lo studio di architettura del paesaggio James Corner Field Operations hanno inoltre progettato un piano di sviluppo a uso misto, per proteggere la costa di Brooklyn dalle inondazioni (che fa il paio con il progetto per il litorale di Bagnoli, a Napoli).

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