14 settembre 2015

Fino al 20.IX.2015 Sarah Charlesworth: Doubleworld New Museum, New York

 

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Il New Museum sulla Bowery, a New York City, è una certezza in materia di programmazione, difficilmente si sbaglia un colpo li dentro. 
La struttura, disegnata dagli architetti Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa/SANAA, si sviluppa su otto livelli percorribili grazie agli ascensori interni. E’ al secondo piano che troviamo la mostra di Sarah Charlesworth, mostra curata da Massimiliano Gioni e che da sola varrebbe il biglietto d’entrata (entrata accompagnata da un sound elettronico che segna lo scarto tra i musei tradizionali e l’innovativo New Museum). Infatti la serie Still è esposta al completo  per la prima volta in città.
Nata nel 1947, la Charlesworth ha indagato, nel corso di una carriera durata oltre quarant’anni, alcune delle questioni centrali riguardanti il ruolo delle immagini nella cultura contemporanea, portando l’attenzione sul ruolo mediatore che la fotografia riveste all’interno della percezione che abbiamo del mondo, e il suo impatto nella vita di tutti i giorni. La naturale suddivisione delle sale del secondo piano è strumentalizzata per dispiegare le sei serie di cui è composta la mostra.
Non appena si aprono le porte dell’ascensore ci troviamo di fronte a Still (1980). L’installazione è composta da quaranta immagini di grandi dimensioni, lunghe e strette, ri-fotografate da immagini di giornale. Ci troviamo di fronte all’appropriazione sistematica da parte dell’artista di immagini pubbliche reperite dalle prime pagine dei giornali. I soggetti, uomini e donne che cadono o saltano drammaticamente da alti edifici, comunicano emozioni contrastanti: siamo di fronte al dolore o alla liberazione? Il momento è decostruito e riconfigurato, difficile quindi dare una risposta, tutto è mediata dall’intervento dell’artista. Lo stesso titolo della serie ci rimanda al mondo cinematografico, al “frame” che congela l’immagine, privandola di una chiara connotazione emozionale.
Le immagini più crude appartenenti alla serie Still sono prive di testo, in altre invece, che possiamo vedere spostandoci di sala, e che appartengono alla serie Modern History (1977), il testo dei giornali viene riadattato o fatto sparire, e non sorprende trovare riferimenti alla cultura politica del nostro paese, come l’immagine di Aldo Moro fotografato con in mano la Repubblica durante i giorni del suo rapimento da parte delle Brigate Rosse, sulle pagine del Messaggero. L’artista va alla ricerca in questo modo del rapporto o del legame che si crea tra chi fotografa e chi viene fotografato, soprattutto durante eventi tragici.
Sarah Charlesworth, Available light
Con Objects of Desire (1983), il registro delle immagini cambia radicalmente ed è piacevole passare da immagini in B/N e sgranate a opere sature di colore, in cui l’unico elemento di connessione con l’esperienza precedente è l’impalpabilità sospesa delle icone scelte. Traspare come Charlesworth fosse probabilmente una collezionista seriale di immagini, muovendosi tra quelle tratte dal National Geographic ai giornaletti pornografici, da libri di archeologia a magazine di moda. Gli “oggetti del desiderio” sono quelli della cultura popolare del tempo, e risultano particolarmente attuali considerato che la produzione è pre internet, pre photoshop e pre editing fotografico. Le immagini sono seducenti, familiari e tattili, esattamente come l’advertising di prodotti di consumo che siamo abituati a vedere sui giornali di moda. 
La serie Rainassence Paintings (1991), rimanda nuovamente all cultura europea, al nostro Rinascimento italiano ma continua ad indagare il linguaggio della fotografia: immagini estrapolate dal contesto originario ed isolate in manti densi di colore. L’artista cerca quasi di ricreare mondi ideali popolati da icone classiche. 
Doubleoworld (1995) è la serie del cambiamento, perché marca il passaggio tra l’utilizzo di immagini pre esistenti da parte dell’artista, a immagini prodotte da lei stessa. Si tratta di composizioni, nature morte studiate a tavolino che vogliono materializzare il feticismo della visione nell’arte post moderna.
In Available Light (2012), Charlesworth esplora le possibilità interne del medium fotografico, indagando la ramificazione della luce nell’immagine. Fotografa gli oggetti in studio, duplicandoli, volendo sottolineare il doppio ruolo della fotografia intesa come universo ottico ed alternativo.
Una mostra quindi che segue un percorso lineare e coerente, che ci accompagna attraverso una produzione artistica estremamente lucida e pionieristica. Non siamo riusciti a trovare una sbavatura all’interno di questo ”doppio mondo” in cui si è mossa Sarah Charlesworth, per oltre quarant’anni. 
Greta Scarpa
mostra vista il 3 agosto
Dal 24 giugno al 20 settembre 2015
Sarah Charlesworth: Doubleworld
New Museum
235 Bowery
New York, NY 10002 
212.219.1222
Info: www.newmuseum.org

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