17 aprile 2003

Saatchi connection

 
Pubblicitario, ‘supercollector’ e adesso anche curatore. Il 17 aprile Charles Saatchi apre il suo nuovo spazio espositivo a County Hall. Per continuare a promuovere i ‘suoi’ Young British Artists, per far nascere e crescere i nuovi Damien Hirst, per fare un sacco di visitatori e per affermare il suo potere assoluto nell’arte contemporanea. A due passi dalla nuova Tate Modern…

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Da simbolo dell’opposizione al Governo Thatcher a nuovo domicilio della collezione del pubblicitario che nel 1978 contribuì al successo dei Tories: County Hall, ex-sede del Greater London Council che il Parlamento inglese chiuse d’autorità nel 1986, diventa dal 17 aprile il nuovo spazio espositivo della collezione Saatchi, proiettando la Young British Art nel centro nevralgico della cultura londinese contemporanea. Al di là delle smentite su entrambi i fronti, infatti, l’ingresso della Saatchi Gallery nella South Bank di Nicholas Serota e della sua Tate Modern è giustamente considerato l’evento più importante della stagione capace di ridisegnare la geografia dell’arte inglese.
In controtendenza con la politica del white cube, Charles Saatchi ha scelto all’interno del complesso di County Hall i 30.000 mq. che recano i segni più vistosi della storia dell’edificio progettato dall’architetto Ralph Knott nei primi anni del ‘900. Adattato alle esigenze espositive sotto l’occhio vigile dell’English Heritage, il nuovo spazio prevede 22 stanze coperte da pannelli bianchi che consentiranno l’allestimento di mostre temporanee.
Non si tratta, quindi, di una musealizzazione in blocco della più controversa collezione dell’arte contemporanea, quanto piuttosto della messa in opera di un meccanismo culturale che dovrebbe portare, questo il progetto di Saatchi, almeno (almeno!!!) 750mila visitatori all’anno dentro la nuova galleria, superando di gran lunga le 285.737 presenze registrate alla Royal Academy per Sensation fra il 1996 e il 1997. Le cifre potrebbero apparire eccessive, non fosse che a ipotizzarle è il co-fondatore della Saatchi&Saatchi, una delle agenzie pubblicitarie più importanti del mondo, inventore e catalizzatore della Young British Art (e del relativo eccezionale logo: YBA)insieme a un efficiente network di galleristi – primi fra tutti, Jay Jopling, Victoria Miro, Antony D’Offay – e artisti con spiccate qualità imprenditoriali come Damien Hirst.
Una collezione che, nata nel clima culturale dominato da New York e indirizzata dall’interesse di Saatchi per le icone pop, dai fumetti di Superman ai juke-box, negli anni ’60 si concentra sulle nuove tendenze dell’arte del secondo dopoguerra. Da Jackson Pollock ai New British Sculptors (Tony Cragg e compagnia), passando per Andy Warhol, il bad-painting e il neo-geo (Peter Halley etc…), la collezione Saatchi cresce febbrilmente per oltre vent’ anni, prima del cruciale incontro con Hirst.
Abituato ad acquisire per grandi sistemi, controllando, quando possibile, l’intera opera dei suoi artisti, Saatchi ha creato una nuova figura che si colloca a metà strada fra il collezionista, il mecenate e il mercante innovatore. Un metodo che ha determinato all’interno della sua collezione un sostanziale monopolio sulle opere più significative o più clamorose della Young British Art: Self di Marc Quinn, The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living di Damien Hirst, Myra di Marcus Harvey, Everyone I Have Ever Slept With 1963-1995 di Tracey Emin, Two Fried Eggs and a Kebab di Sarah Lucas, Hell di Jake & Dinos Chapman.
Ma l’inaugurazione della nuova Saatchi Gallery a Londra sembra anche segnare la fine, una volta per tutte, di quella tendenza a esporre in ex-spazi industriali che la Young British Art ha trasformato in vero e proprio motivo estetico e trend planetario. Simbolo del rinnovamento del mercato dell’arte londinese, la riqualificazione delle aree urbane dismesse dei tardi anni ’80 veniva provocatoriamente letta da Damien Hirst come una sorta di eredità lasciata dal Governo Thatcher ai giovani artisti inglesi: la recessione e la riduzione delle attività manifatturiere intorno alla metà degli anni ’80 aveva lasciato liberi molti capannoni industriali che nel 1988 un gruppo di studenti del Goldsmith College prontamente reinterpretava e trasformava in sede espositiva della collettiva Freeze. Trasferire la Saatchi Gallery a County Hall significa, in effetti, spostare la Young British Art dalla periferia di St. John’s Wood, dove nel 1983 Charles Saatchi aveva alloggiato parte della sua collezione nell’ex-deposito di vernici del 98 di Boundary Road, al centro.
Lontana dalle gallerie di Cork Street, Piccadilly House e Burlington House, dalle case d’asta e dagli spazi espositivi istituzionali, la ‘vecchia’ Saatchi Gallery di Boundary Rd. non entrava geograficamente nel vivo della clima artistico londinese e della storia del patrimonio culturale inglese. Diversa la situazione attuale: la dispersione del Saatchi Gift (la donazione di Saatchi all’Art Council Collection) fra le gallerie pubbliche inglesi invece della sua concentrazione alla Tate Modern e la scelta di iniziare l’attività con una personale di Hirst e, quindi, con l’esposizione di quelle stesse opere cui il direttore della Tate Modern, Nicholas Serota, aveva ambito ben due volte nel desiderio di allestire un omaggio all’artista inglese, lasciano intravedere la volontà da parte di Saatchi di intervenire, ancora una volta, sugli equilibri e sullo status quo dell’arte inglese contemporanea. Per finire Charles lancerà l’ultima sfida. Trovare in inghilterra i degni successori di Hirst & co. La nuova galleria sarà una palestra per futuri grandi artisti o semplicemente sancirà il legame del nome Saatchi all’acronimo YBA?

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federica martini

[exibart]

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