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A Torino due artisti riflettono sulla dis-funzionalità degli oggetti
Arte contemporanea
Prendendo in analisi il contesto contemporaneo, è evidente quanto sia sempre più frequente e riscontrabile la tendenza secondo cui il valore intrinseco di un oggetto è direttamente proporzionale alle sue caratteristiche funzionali e capacità operative. Con Non-Functional Relations, Federico Falanga (1995) e Daniele Zerbi (1985) tentano di invertire questa propensione. Il progetto, a cura di Margherita Caselli e visitabile fino al 28 marzo, indaga il concetto di utilità e forma, instaurando un dialogo stretto tra opera e ambiente circostante.

La mostra si sviluppa negli ambienti torinesi di Otto Finestre, luogo la cui natura ibrida intreccia la nozione di casa e spazio espositivo. Le ricerche presentate, nonostante siano afferenti a distinti campi di ricerca, trovano un punto di risoluzione attraverso la decostruzione del concetto di utilità, dando vita a ciò che viene definita dagli artisti stessi come Non-Functional Design Art. Una condizione liminale tra design, arte e architettura che accoglie favorevolmente la dis-funzione di un corpo. Secondo atteggiamenti opposti che includono processi di addizione e sottrazione, Falanga e Zerbi sintetizzano oggetti dalle forme ambigue, carichi di quella funzionalità espressa solo in potenza.

Rispettivamente, il primo opera installando appendici in PLA e luci LED applicate a oggetti di natura quotidiana; il secondo disattiva la loro funzione originaria. Falanga dà origine a forme aliene, elementi organici simili a totem che suggeriscono un approccio meditativo. Zerbi, al contrario, si serve di strutture metalliche per destrutturare il concetto stesso di oggetto, accogliendo favorevolmente l’interazione diretta del pubblico.

Le sue installazioni dialogano con l’ambiente espositivo di Otto Finestre richiamando le venature del marmo e sono accompagnate da opere pittoriche che sottolineano il carattere sintetico della sua ricerca. Entrambi gli artisti tentano di restituire sensazioni destabilizzanti e in parte allucinatorie, attraverso la creazione di figure totemiche e talismani. I linguaggi espressivi portati in mostra da Falanga e Zerbi si intrecciano, costituendo un ambiente ibrido secondo cui forme e oggetti vivono una dimensione mutevole, mai statica, di continua metamorfosi.