24 novembre 2021

Alter Eva. I nuovi corpi dell’arte alla Strozzina

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"Alter Eva. Natura Potere Corpo" nasce non come ricerca formale, ma come approccio sensibile e concreto a temi di grande attualità. Grazie all'attenzione di un gruppo di artiste, e di studentesse-curatrici dello IED Firenze

Margherita Moscardini, The decline of the nation and the end of the rights of man, 2020

Fino al 12 dicembre 2021 gli spazi della Strozzina di Firenze ospitano la mostra “Alter Eva. Natura Potere Corpo” che, attraverso le opere di sei artiste italiane, provenienti da esperienze e dimensioni differenti, indaga la dimensione femminile sotto vari aspetti.
Il progetto si inserisce, come ha ricordato Arturo Galansino, Direttore Generale Fondazione Palazzo Strozzi, all’interno di Palazzo Strozzi Future Art, un’esperienza nata dalla collaborazione con Andy Bianchedi in memoria di Hillary Merkus Recordati con l’obiettivo di creare una piattaforma per l’arte del presente, attraverso la promozione della creatività, il coinvolgimento del pubblico e il sostegno alle nuove generazioni di artisti contemporanei italiani e internazionali.
La mostra ha visto la collaborazione dell’Istituto Europeo di Design-IED Firenze in un processo educativo di apprendimento sul campo che ha coinvolto la classe del Master in Curatorial Practice 2020/2021, coordinato dalla docente Daria Filardo e composta dalle diplomate Francesca Bonissone, Elena Castiglioni, Nora Criado Diaz, Yanru Li, Thea Moussa, Linda Toivio.

Andy Bianchedi e Arturo Galansino, Direttore Generale Fondazione Palazzo Strozzi insieme alle Artiste (Camilla Alberti, Irene Coppola, Martina Melilli,Margherita Moscardini, Marta Roberti e Silvia Rosi,) e agli studenti IED Firenze – Master in Curatorial Alter Eva. Natura Potere CorpoPractice (Francesca Bonissone, Elena Castiglioni, Nora Criado Diaz, Yanru Li, Thea Moussa e LindaToivio) che hanno collaborato alla realizzazione della mostra Alter Eva. Natura Potere Corpo

Le studentesse hanno sviluppato l’intero progetto curatoriale della mostra: dal concept all’allestimento, dalla realizzazione del catalogo alla programmazione delle attività per il pubblico. Per Igor Zanti, Direttore IED Firenze, le opere in mostra rappresentano la parte conclusiva di un percorso didattico fondato sull’approccio del learning by doing e un momento per ripartire per l’ambito della formazione oltre ad essere un’occasione di confronto con temi spesso ignorati o dimenticati dallo scenario politico.
“Alter Eva. Natura Potere Corpo” nasce, infatti, non come ricerca formale, ma come approccio sensibile e concreto a temi di grande attualità per incentivare la consapevolezza italiana sul proprio stato dell’arte e innescare un processo relazionale, con la supervisione curatoriale di Martino Margheri, Responsabile Progetti Educativi Università e Accademie della Fondazione Palazzo Strozzi.
La mostra è stata pensata come uno sguardo portatore di cambiamento, un coro di voci che possa far parlare del presente e fornire nuove prospettive; un’occasione d’incontro tra occhi di donne che guardano e raccontano il mondo con sguardi diversi e con la volontà di scardinare un punto di vista dominante sullo stesso concetto di patriarcato. Parità di genere e diritti sono infatti trasversali alle opere delle sei artiste.
Silvia Rosi ripercorre, nei suoi lavori, la propria storia personale connettendola al concetto di origini e a quello del confronto generazionale, attraverso autoritratti in cui interpreta i genitori e la loro esperienza di migrazione dal Togo all’Italia. Le sue immagini, influenzate dalla tradizione dei ritratti in studio dell’Africa occidentale, mettono al centro le tematiche di genere, identità e multiculturalismo in Europa ed in particolare pongono la questione dell’identità in una prospettiva europea post-colonialista. Una risposta, la sua, alla globalizzazione e alle sue sfide, che si interseca all’immaginario sociale e alla politica della collocazione.

L’installazione di Marta Roberti per Alter Eva, ph. Stefano Casati

Emerge un’epistemologia femminista e la proposta di modelli nuovi anche dalle opere di Marta Roberti, che usa il disegno come mezzo principale per indagare come la cultura Occidentale plasmi la propria identità a partire da ciò che percepisce come “altro”, dagli animali alla natura, a tutto ciò che è considerato diverso o “esotico”. L’artista rappresenta l’infinita varietà dell’universo terrestre, in cui perdere e ritrovare la propria identità: l’atto di immergersi nella foresta profonda tracciata dai suoi segni di grafite ha quindi la valenza di stimolare una riflessione sull’alterità, ma anche sulla coabitazione sostenibile.
La componente relazionale appartiene anche alle opere di Margherita Moscardini, che mettono al centro i processi di trasformazione urbana, sociale e naturale di specifiche aree geografiche ritenute paradigmatiche, come quelle delle province siriane. Il suo lavoro si concentra sui sacrifici degli interessi delle minoranze a favore di gruppi etnici membri della maggioranza, sul concetto di mobilità e sui milioni di persone sfollate a causa di conflitti, cambiamenti climatici o economici o persecuzioni e per le quali il viaggio rappresenta non solo un tentativo di riscatto, ma anche una sfida per vedere riconosciuti i propri diritti.
Come osserva la filosofa contemporanea Rosi Braidotti i “nuovi soggetti nomadi” fanno emergere la consapevolezza che la collocazione geopolitica, l’appartenenza di genere, etnica, di classe e di età sono criteri ferrei di esclusione, che evidenziano la necessità di ridefinire una teoria nuova che abbia caratteri mobili e transnazionali.

Irene Coppola per Alter Eva, ph. Stefano Casati

Martina Melilli evidenzia come il pensiero occidentale sia caratterizzato da una struttura binaria e simmetrica di pensiero, costruito sulle opposizioni dicotomiche uomo-donna e mente-corpo e, facendo riferimento alla filosofa Donna Haraway, mette in evidenza come questa serie di dualismi derivino da una visione sbagliata del reale e delle specie. Non esiste – dobbiamo rendercene conto – alcuna soggettività data naturalmente, ma soltanto costruita. Nasce spontaneo il rinvio ad un confronto con le teorie femministe post-moderne per le quali “la differenza viene ridefinita, non più come maschile contro femminile, non più come biologicamente costituita, ma come molteplicità, ambiguità ed eterogeneità” che, “anziché mostrare semplicemente i temi e le rappresentazioni dell’oppressione delle donne”, trasforma il soggetto “nella sede della sfida e dell’alterità” di ciò che lo de-configura sia internamente che esternamente (Jacobus 1999).
Il progetto della Melilli Corpo a corpo | Bodily Conversations fa riferimento all’esigenza di un’ulteriore indagine interiore, che porti a riconsiderare l’agire umano in connessione ad una nuova lettura del mondo e della vita individuale e sociale. Gli incontri-interviste da remoto, durante la Pandemia, che l’artista ha condotto con dieci professionisti operanti con il proprio e altrui corpo, tra cui un tatuatore, un osteopata, un ballerino ed altri, rivendicano il diritto d’essere e la dignità della dimensione corporea, e sono stati pubblicati direttamente sulla rivista Playboy Italia.
L’arte si fa ancora una volta emblema delle rappresentazioni e della strumentalizzazione della donna-oggetto e di dinamiche maschiliste e pone una riflessione sulla manipolazione e la concettualizzazione del corpo operata dal sistema giornalistico e mediatico.
Come non ricordare, a tal proposito, gli interventi performativi di Gina Pane, che sottolineava come vivere il proprio corpo volesse dire allo stesso modo scoprire sia la propria debolezza, sia “la tragica ed impietosa schiavitù delle proprie manchevolezze, della propria usura e della propria precarietà” e che, inoltre, questo significasse “prendere coscienza dei propri fantasmi che non sono nient’altro che il riflesso dei miti creati dalla società”.
“Il mito della bellezza” trattato da Naomi Wolf è oggi ancora attualissimo: il bombardamento mediatico di immagini di perfezione costringe ancora le donne a una pressione psicologica costante. Affermare una soggettività femminile che si possa declinare in molteplici modi diviene dunque la vera urgenza delle donne contemporanee.
L’artista Irene Coppola dichiara “pensa come una pianta, pensa come una donna”, mettendo al centro i principi dell’eco-femminismo che si basano sul fatto che, femminilizzando la natura e naturalizzando le donne, gli uomini siano più facilmente in grado di dominare entrambi i gruppi. Per mettere in discussione la nostra stessa comprensione della soggettività come radicalmente separata dal mondo naturale mette realizza opere scultoree nelle quali ceneri vulcaniche e cere pigmentate contraddistinguono le superfici tattili e testurizzate e rimandano al concetto di pelle quale involucro e confine del corpo. Procedendo verso l’intersezionalità delle identità multiple vengono a cadere non solo i confini tra uomo e donna, ma anche quelli fra umano e animale, tra organismo e macchina, tra fisico e non fisico.

Camilla Alberti, per Alter Eva. Ph. Stefano Casati

Anche Camilla Alberti lavora, come artista visuale, sulle modalità attraverso cui il mondo viene costantemente costruito e abitato. Attraverso l’impiego di differenti medium, tra cui pittura, scultura e installazione, crea strutture organiche assemblando materiali in rovina, oggetti artificiali, elementi organici, scartati o abbandonati. Le curatrici ricordano come le sue opere espongano l’insaziabile fame di creature immaginarie ed indaghino il concetto di “mostro” da differenti punti di vista. Quale influenza queste creature possono ricoprire nel mondo contemporaneo? Abbiamo ancora bisogno di mostri per comprendere la dicotomia tra bene e male?
Le sculture di Camilla Alberti sono di fatto organismi metamorfici, ibridi nei materiali e nella forma che, nella prefigurazione di scenari e mondi paralleli, evidenziano come il bisogno di “altro” si leghi anche ad un bisogno di nuove narrazioni.
Un’indagine, quella promossa dalla mostra “Alter Eva”, che ci porta quindi a chiedere da dove venga “il nuovo”, da quali modelli possiamo partire e ripartire per elaborare nuovi schemi.
Le narrazioni e le battaglie personali e sociali delle sei artiste mostrano la resistenza critica e necessaria al sistema attuale, parallelamente sul campo della costruzione dell’identità e su quello dei mutamenti nella percezione di sé, che hanno dirette ricadute sulla rappresentazione del femminile e da dove può trarre forza una nuova creatività artistica, teorica e politica.
Alcune di queste ridefinizioni della soggettività assumono come punto di partenza la struttura incarnata del corpo, al fine di ripensare il rapporto tra esso e il soggetto, rapporto che diventa il primo gradino del progetto di riaffermazione del sé.
Di qui il rifiuto di pensare al soggetto “donna” come ad un’essenza definita ed immobile ma, piuttosto, come suggerito dalla già citata Rosi Braidotti, un luogo di un insieme di esperienze molteplici, complesse e potenzialmente contraddittori, un luogo definito dalla sovrapposizione di variabili. Il femminismo, come l’arte contemporanea, si trova di fronte a una contraddizione storica: proprio quelle condizioni ritenute dai soggetti dominanti fattori di una “crisi” dei valori rappresentano invece l’apertura di un campo di nuove possibilità. L’obiettivo di è di riconoscere le differenze tra donne e, attraverso le specifiche soggettività, attivare mutamenti sociali e simbolici nella loro condizione.

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