03 marzo 2023

Aperta la mostra di Palazzo Strozzi che celebra la collezione di Patrizia Sandretto Re Rebaudengo

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Curata da Arturo Galansino, si tratta della raccolta delle opere più significative dell’arte contemporanea degli ultimi 40 anni. <> ha spiegato la collezionista

Goshka Macuga ©photoElaBialkowskaOKNOstudio
Goshka Macuga ©photoElaBialkowskaOKNOstudio

“The art of living is the art of giving”. Ed ecco perché potremo avere a disposizione alcune tra le opere più significative dell’arte contemporanea degli ultimi 40 anni a Palazzo Strozzi a Firenze fino al 18 giugno per la mostra Reaching for the stars curata da Arturo Galansino, curatore e direttore di Palazzo Strozzi. Sono alcuni “capitoli” fondamentali in arrivo dalla collezione di Patrizia Sandretto Re Rebaudengo che compie 30 anni.

Josh Kline, Wrapping Things Up (Tom / Administrator), 2016 gesso stampato in 3D, inchiostro da stampante, cianoacrilato, schiuma, sacco in polietilene; cm 61 x 109 x 81 Courtesy Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. Photo: Sebastiano Pellion di Persano
Josh Kline, Wrapping Things Up (Tom / Administrator), 2016, gesso stampato in 3D, inchiostro da stampante, cianoacrilato, schiuma, sacco in polietilene; cm 61 x 109 x 81 Courtesy Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. Photo: Sebastiano Pellion di Persano

Reaching for the stars a Palazzo Strozzi. Il commento di Patrizia Sandretto

<<Voglio restituire quello che ho ricevuto. Mi sta a cuore che tutti possano avere il piacere dell’incontro con l’arte contemporanea come è capitato a me. Non è sempre facile, certo. Perché l’arte e gli artisti leggono in modo profondo il loro presente e quello che li colpisce. Ma l’arte deve farti pensare>>. In scia a questo principio sono stati scelti alcuni dei gioielli del tesoro. <<In questa costellazione abbiamo pescato in generale delle opere che si legano a temi molto attuali, come l’ambiente, la violenza, la condizione delle donne, l’identità di genere, il razzismo, l’inclusione, tra gli altri>>, precisa Arturo Galansino. <<Insieme con alcune “stelle fisse” decise seguendo un criterio storico-cronologico>>.

Maurizio Cattelan, La rivoluzione siamo noi, 2000, acciaio, cera, legno, feltro, resina poliestere; cm 190 x 47 x 52. Courtesy Fondazione Sandretto Re Rebaudengo
Maurizio Cattelan, La rivoluzione siamo noi, 2000, acciaio, cera, legno, feltro, resina poliestere; cm 190 x 47 x 52. Courtesy Fondazione Sandretto Re Rebaudengo

Le opere in mostra a Palazzo Strozzi di Firenze

Tra le “stelle fisse” possiamo quindi osservare i pigmenti di Anish Kapoor con 1000 Names (1983), Love Is Great (1994) di Damien Hirst, insieme a un’ampia selezione di lavori di Maurizio Cattelan, artista chiave per un’esplorazione dell’arte italiana degli anni Novanta. Tra questi è compreso l’iconico Bidibodibiboo, lo scoiattolo suicida, che rovescia il rassicurante scenario disneyano. Un’opera che ancora oggi ci lascia poche speranze. In parallelo sono state allestite alcune sezioni tematiche come una dedicata alla scultura con Self- Portrait (1993) di Pawel Althamer. O i lavori di Andra Ursuţa, Adrián Villar Rojas, Berlinde De Bruyckere, Mark Manders, che indagano il corpo e la sua decostruzione. Trova ampio spazio anche la pittura con gli artisti come Lynette Yiadom-Boakye, Sanya Kantarovsky, Michael Armitage, Cecily Brown, Avery Singer. Una parte è dedicata alla fotografia con Thomas Struth, Andreas Gursky, Jeff Wall e Thomas Ruff. Completa il percorso un’ampia sezione riservata alla video arte con lavoro di svolta del loro percorsi di artisti quali William Kentridge, con History of Main Complaint (1996), Douglas Gordon e Philippe Parreno, con la celebre videoinstallazione Zidane. A 21st Century Portrait (2005) e Ragnar Kjartansson con The End – Rocky Mountains (2009). Pittura, scultura, installazione, fotografia, video e performance come quella di Tino Sehgal, This You (2006) alla Strozzina. <<Una grande esperienza è stata per me creare questa collezione, che si mantiene sempre viva anche con opere commissionate ad hoc. È nata nel 1992 a Londra, quando sono andata con una mia amica collezionista, è stato molto interessante anche perché gli artisti che andavo a scoprire avevano la mia stessa età>>, racconta la collezionista a exibart. <<Un aspetto che mi sprona a continuarla è la passione e la curiosità, perché gli artisti guardano avanti. Anticipano. Se pensate al video di Doug Atken (Thaw, 2001) sul problema dei ghiacciai realizzato 20 anni fa ne avete la prova. Oppure a Charles Ray che con Viral Research del 1986 che già ci faceva riflettere sul concetto di contaminazione. Come non pensare alla tragedia del virus che abbiamo appena attraversato? La collezione vuole affrontare, come si capisce, temi politici e sociali>>.

Paola Pivi, Have you seen me before?, 2008, schiuma poliuretanica, piume, plastica, legno, acciaio; cm 108 x 200 x 100 Courtesy Fondazione Sandretto Re Rebaudengo Photo: Sebastiano Pellion di Persano
Paola Pivi, Have you seen me before?, 2008, schiuma poliuretanica, piume, plastica, legno, acciaio; cm 108 x 200 x 100 Courtesy Fondazione Sandretto Re Rebaudengo Photo: Sebastiano Pellion di Persano

La collezione di Patrizia Sandretto

Una scelta non determinata a priori, ma che salta all’occhio è la presenza di tante artiste donne: <<Le donne comprano donne. È vero, mi sento di affermarlo. Magari anche inconsapevolmente, ma accade>>, precisa Patrizia Re Rebaudengo. E così si potranno vedere dei lavori fondamentali come la celebre serie Untitled Film Still (1978-1980) di Cindy Sherman, che propone una riflessione sociale e politica sul tema dell’identità in rapporto a opere di Shirin Neshat con Faceless da Women of Allah series (1994) e Possessed (2001), la serigrafia Untitled (Not ugly enough) (1997) di Barbara Kruger, Sarah Lucas con Nice Tits (2011) e Love me (1998), Belinda De Bryyckere con La famme sans Tete (2004), Vanessa Beecroft con Disegno (1995), la più giovane di tutte, Giulia Cenci. Anche Paola Pivi con Have you seen me before? (2008), Lara Favaretto con Gummo (2012). Nel cortile all’entrata di Palazzo Strozzi, invece, c’è una nuova opera creata per Reaching for the stars, un razzo di Goshka Macuga che punta alle stelle: <<Macuga vuole portarci in nuovi pianeti incoraggiandoci a guardare il cielo, a dirigere le nostre aspirazioni verso un orizzonte più ampio>>, chiosa Galansino. <<Perché l’arte non servirà a cambiare il mondo>>, conclude la collezionista. <<Ma è un grande strumento per educare, far capire e includere>>. Questo è il senso del fare cultura, creare ponti.

Reaching for the stars ©ElaBialkowskaOKNOstudio
Reaching for the stars ©ElaBialkowskaOKNOstudio
Reaching for the stars ©ElaBialkowskaOKNOstudio
Reaching for the stars ©ElaBialkowskaOKNOstudio

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