14 ottobre 2020

Biennale di Venezia 2022: Simone Leigh per il Padiglione degli Stati Uniti

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Simone Leigh rappresenterà gli Stati Uniti alla Biennale d’Arte Contemporanea di Venezia del 2022: si tratta della prima volta per una donna afroamericana

Simone Leigh
Simone Leigh

Continua a delinearsi le geografia della 59ma Biennale d’Arte Contemporanea di Venezia, che si terrà nel 2022: dopo il recente annuncio del Padiglione dei Paesi Nordici, che per l’occasione si trasformerà nel Padiglione della Lapponia, questa volta sono gli Stati Uniti a fare la propria mossa e, ai Giardini, troveremo Simone Leigh. Scultrice di Brooklyn e tra le personalità più influenti degli ultimi tempi nel mondo dell’arte statunitense, Leigh sarà la prima donna afroamericana a rappresentare gli Stati Uniti alla Biennale d’Arte Contemporanea di Venezia. La sua nomina è stata supportata dal Dipartimento di Stato degli Affari Culturali, su raccomandazione dei professionisti museali e degli artisti riuniti nel National Endowment for the Arts, l’agenzia federale che offre supporto ai progetti artistici.

Il progetto di Simone Leigh per il Padiglione degli Stati Uniti

A commissionare il progetto, l’ICA- Institute of Contemporary Art di Boston, che nel 2023 ospiterà una grande personale dedicata a Simone Leigh, comprendente anche i lavori esposti al Padiglione degli Stati Uniti della 59ma Biennale di Venezia. Il progetto in Laguna includerà nuove sculture dell’artista, il cui lavoro è incentrato sulla storia di genere afroamericana. Una monumentale scultura in bronzo sarà situata all’esterno del padiglione e, all’interno, saranno allestite altre opere realizzate in rafia, ceramica e bronzo, materiali caratteristici del lavoro di Leigh. Sempre nell’ambito del progetto per il Padiglione degli Stati Uniti, Leigh sta collaborando con l’Atlanta University Center Art History e il Curatorial Studies Collective dello Spelman College, per includere anche ulteriori aspetti didattici e formativi.

Simone Leigh, Brick House, High Line Art Plinth, 2019, ph. Timothy Schenck

«Nel corso degli ultimi due decenni, Simone Leigh ha creato un corpus di lavori indelebili, che raccontano le esperienze e le storie delle donne nere in un momento così cruciale della storia. Non riesco a pensare a nessun artista migliore di lei, per rappresentare gli Stati Uniti», ha dichiarato Jill Medvedow, Chief Curator all’ICA. «Le dimensioni e la magnificenza dell’arte di Leigh richiamano la visibilità e il potere. Siamo orgogliosi e onorati di condividere questo lavoro con il pubblico di tutto il mondo alla prossima Biennale di Venezia».

Un’arte monumentale e impegnata

Nata a Chicago nel 1967 e di origini giamaicane, Simone Leigh è conosciuta per le sue sculture su larga scala, che spesso fanno uso di temi e stili prelevati dall’arte africana, come nel caso dell’opera presentata per la commissione inaugurale dell’High Line Plinth, il progetto di arte pubblica dedicato alla nuova sezione dello Spur sulla High Line di New York, diretto da Cecilia Alemani, che è anche la curatrice della 59ma Biennale d’Arte di Venezia. Imponenti anche le sue installazioni, come la ricostruzione delle capanne con i tetti di paglia, tipiche della comunità di lingua shona dello Zimbawe, esposte nel 2016 al Marcus Garvey Park di New York.

Simone Leigh A particularly elaborate imba yokubikira, or kitchen house, stands locked up while its owners live in diaspora (installation view, detail), 2016 Marcus Garvey Park, New York, NY, August 25, 2016–July 25, 2017 Photo: Adam Reich

La nomina per il Padiglione degli Stati Uniti alla Biennale d’Arte di Venezia del 2022 arriva al culmine di un momento particolarmente prolifico e fortunato per Simone Leigh, che nel 2018 ha vinto l’Hugo Boss Prize, uno dei premi d’arte contemporanea più ambiti al mondo. Nel 2019, inoltre, è entrata a far parte della scuderia di Hauser & Wirth. Le sue opere sono state esposte anche alla Biennale di Berlino, alla Whitney Biennial e alla Dak’Art Biennale of Contemporary African Art, oltre che nelle collezioni di musei come il MoMA PS1 e l’Hammer Museum.

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