18 ottobre 2022

Camera Tripla – LABS Contemporary Art

di

Luca Grechi, Marco Emmanuele e Mattia Sugamiele per riflettere sulle infinite possibilità della pittura in una "Camera Tripla" alla LABS Contemporary Art di Bologna

Camera tripla, installation view

“Camera Tripla” è una mostra alla LABS Contemporary Art curata da Leonardo Regano, che vede tre artisti coetanei confrontarsi in un continuo gioco di rimandi con il minimo comune denominatore della superficie piatta e amorfa della pittura. Se la protagonista è la pelle pittorica, questa si esprime attraverso il colore e le diverse tecniche e rimandi formali e ideali che le stesse innestano nel gioco interno del mezzo. Luca Grechi (Grosseto, 1985, vive a Roma) crea un ponte con il modernismo della seconda generazione dell’Espressionismo Astratto, fatto di purezza dei colori, sgocciolature, che in Grechi diventano vero e proprio sistema costruttivo con trasparenze diafane. Il tessuto pittorico che si crea cattura lo spettatore in un rapporto emotivo e sensuale con il quadro. Se i rimandi al quadro di Grechi sono tutti interni alla cornice, così ancora si può dire di Marco Emmanuele (Catania, 1986, vive a Roma) che trova una sua via personale nell’uso della pasta vitrea sminuzzata e tenuta insieme con colla di coniglio. Il risultato è un degradare continuo del colore sulla superficie come se delle onde la muovessero dall’interno. I colori evocano la storia dell’arte antica, in particolare i mosaici bizantini, che riflettono in mille direzioni la luce creando un pulviscolo luminoso attorno a sé, come un alone, che incoraggia lo spettatore verso un movimento necessario di andirivieni davanti al quadro. Le forme non sempre canoniche, ma anche curvi formi, ricordano le peripezie degli sfondati soprattutto Rococò per la delicatezza dolciastra dei colori. Infine Mattia Sugamiele ((Erice, 1984, vive a Milano) usa elementi eterogenei e si ispira all’immagine contemporanea, veicolata dai nuovi media come la televisione e il computer, che usa in maniera disinvolta come un elemento tra gli altri, facendo deflagrare la tecnica della stampa digitale con la pittura analogica, che la ingloba e la accarezza.

Camera tripla, installation view

I quadri rientrano nella cornice, come nelle opere dei compagni di strada in mostra. È tanto più vero che il video di Mattia in mostra Gate #32, è una “pittura digitale”, un quadro in movimento, non a caso – forse – il titolo rimanda alla soglia, all’albertiana finestra, al di là della quale non troviamo più la realtà, ma il farsi e il disfarsi autonomo della pioggia di immagini digitali della contemporaneità. Ci sono anche degli strani quadretti che si gonfiano con l’ovatta, ricoperti di traslucido pvc, che evocano rapporti con bassorilievi e sculture, ma rimangono ancorati alla parete, con colori accattivanti, e quindi alla fine appartengono nella forma ad una strategia pittorica.
La mostra riflette in maniera piuttosto uniforme una delle multiformi e variegate possibilità della pittura oggi. Oramai sdoganata al di là di ogni possibile fine della pittura, che forse ritornerà, ma non a breve. Imponente è infatti la mole di pittori che possiamo contare in Italia e nel mondo tra giovani, giovanissimi e meno giovani. Le ragioni del “ritorno” alla pittura sono molteplici come le risposte a questa domanda. Prima fra tutte il bisogno di ritornare ad un rapporto corpo a corpo con la materia e con il fare, con l’alchimia dei materiali e delle tecniche antiche, in una relazione non mediata con il mondo e le sue verità. Questa almeno la lezione del libro citato nella presentazione di “Una pittura incarnata” e questa anche quella del seminale racconto di Balzac. La carne e la pelle della pittura sono da sempre le necessità dei pittori e della loro sensibilità, al di là certo della copia del reale. Ma da sempre è stato così, altrochè il pittore come asino, è sempre stato un “attingere con il pennello nella mente” lo diceva il nostrano Guido Reni, almeno a detta del suo biografo Bellori.

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