12 marzo 2023

Chi ha paura del Queer?

di

Un viaggio all’origine della parola più controversa della contemporaneità, tra arte contemporanea, performance e il fallimento come svelamento delle nevrosi collettive

Daniele Costa, Ends, still da video
Daniele Costa, Ends, still da video

Tratto dall’intervento del talk Language across Gender(s) svoltosi il 4 marzo 2023 presso (un)fair a Milano

Ci sono incontri – libri, testi, immagini, opere – che sono come pietre d’inciampo e mettono insieme nel tempo necessità, domande a cui dare risposta. Il principio di questa dinamica è stato per me Ends, video di Daniele Costa (classe 1992) esposto nell’ultima edizione della fiera Art Verona, nella sezione dedicata agli spazi indipendenti, attualmente in mostra fino al 22 aprile allo spazio Neutro di Reggio Emilia. In questa opera, l’artista emergente sperimenta i limiti e le potenzialità del linguaggio video, raccontando in particolare una sfida di ballo tra due drag queen, Trapezia e Trisha, che si muovono e danzano con le gestualità del Vouguing, uno stile nato dei locali gay latinoamericani e afroamericani già negli anni Sessanta e poi tornato alla ribalta negli anni Novanta dopo il celebre video Vogue di Madonna.

Daniele Costa, Trapezia, still da video
Daniele Costa, Trapezia, still da video

Queer come figura anti-eroica

In particolare, sulla figura di Trapezia vertono diversi lavori dell’artista: si intitola Trapezia (2021) il format ibrido tra documentario, video, intervista e finzione, in cui la performer racconta di sé, del proprio immaginario e del rapporto con il proprio alter ego. Quello che una volta era il termine “travestirsi” è ora diventato datato e desueto, ed è stato sostituito con “essere in drag”. Ho sempre trovato molto affascinante tale espressione: ben lontana dall’atto del “camuffarsi”, significa entrare totalmente, anima e corpo, in una realtà altra, una dimensione altra in cui questo alter ego diventa come una versione più libera di se stessi, al di fuori di ogni convenzione. Non una copertura quindi, bensì un gesto di liberazione e di libera espressione attraverso cui diventa possibile portare all’esterno ciò che è già presente sottopelle. In questa cornice la Trape, drag di porta Venezia, diventa un’anti-eroina. In un’intervista dice infatti di sentirsi “niente di che”. <<Pensa se i supereroi fossero “niente di che”. Hai salvato il mondo oggi? Sì, ma niente di che>>. Si tratta di un’inversione di codici culturali strutturali, un ribaltamento del rapporto tra ciò che è marginale e ciò che è centrale, ancora oggi fortemente incasellato. Un rimando immediato al libro L’arte queer del fallimento di Jack Halberstam, uscito in Italia con Minimum fax nel marzo 2022, che tratta a tutto tondo di questo tema. E spiega come il fallimento sia una cifra caratteristica della cultura queer.

Daniele Costa, Ends, pubblicazione
Daniele Costa, Ends, pubblicazione

L’arte queer del fallimento

Che cosa risuona davvero delle parole del video di Daniele Costa? Secondo Halberstam, la società gira attorno al binomio successo/fallimento. Per quest’ultimo si intende, quasi esclusivamente, l’incapacità di generare profitto. Chi non riscuote successo resta indietro, viene dimenticato, e così quella del fallimento resta una storia relegata, archiviata, segreta, poiché la storia la scrivono i vincenti. Un dato totalmente tanto contrario alle sottoculture in generale quanto al queer, che trova il suo significato originario nel termine “strano” (e quindi opposto a straight, dritto, ma anche eterosessuale); un termine-ombrello che per definizione non riesce a darsi definizione, non si attiene alle regole precostituite, indaga, mette in crisi. Non si attiene a canoni di ordine e controllo patriarcale. Quando Trapezia dice <<pensa che liberazione se tutti fossimo niente di che>> non sta sminuendo il genere umano, ma innescando un’idea anti eroica che si scontra con il mito della perfezione, dell’eccellenza e dell’eccesso di performance. Un fatto tutt’altro che marginale, anzi, pienamente attuale nei confronti della narrazione tossica dell’eccellenza, degli standard inarrivabili. È sì un fatto politico, rivoluzionario, da prendere in considerazione e ascoltare.

Daniele Costa, Ends, still da video
Daniele Costa, Ends, still da video

Il queer può migliorare la società?

Pensiamo ai casi di suicidi di studenti all’interno delle università e non solo, tragico trend in costante aumento: le ultime parole hanno sempre a che fare con il FALLIMENTO. Fallimento perché non si è riusciti a superare un esame magari, perché si è indietro con gli studi. La domanda da porsi ora è: pensiamo davvero che il Queer abbia a che fare solo con l’orientamento sessuale? Quando la politica travisa e si appropria in modo totalmente arbitrario di termini come “ideologia gender”, o un non ben specificato “gender”, relegandolo come una stranezza dell’orientamento sessuale, qualcosa da nascondere, pensiamo a quanto siamo lontani da un linguaggio che invece sta interrogando la metamorfosi della società, sta cercando di mettere in discussione le costrizioni che generano le nevrosi che ci ammorbano e ammalano. Che mette in dubbio un sistema dannoso per la persona. E metterlo a tacere, rappresenta un’occasione persa per la collettività.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui