19 giugno 2025

Cinque artisti in dialogo: i finalisti del Mario Merz Prize 2025 in mostra a Torino

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Fino al prossimo 21 settembre alla Fondazione Merz di Torino sono in mostra le opere dei finalisti della quinta edizione del Mario Merz Prize, settore arte. La mostra, curata da Giulia Turconi, è quest’anno di altissima qualità

Mario Merz Prize Torino
Anna Franceschini, All Those Stuffed Shirts, 2023 n. 7 dressmen gestiti da software dedicati, dimensioni variabili. Photo Andrea Rossetti

Gli ottimi cinque finalisti del Mario Merz Prize 2025, selezionati da Samuel Gross, Special Project Manager del Musée d’Art e d’Histoire di Ginevra, e Claudia Gioia, curatrice indipendente, sono stati proclamati a maggio dello scorso anno. Sono: Elena Bellantoni (Vibo Valentia, 1975), Mohamed Bourouissa (Algeria, 1978), Anna Franceschini (Pavia, 1979), Voluspa Jarpa (Rancagua, Cile, 1971) e Agnes Questionmark (Roma, 1995).

Nonostante si tratti della mostra dei finalisti di un premio, quindi di artisti che non necessariamente interpretano ed esprimono temi comuni nelle proprie ricerche, l’effetto finale dell’allestimento è particolarmente armonico e ben congegnato. Le opere dell’una/o o dell’altra/o artista si sposano perfettamente tra loro, creando una sinergia positiva, una sorta di circolo virtuoso ogni pratica si esprime al meglio.

Mario Merz Prize Torino
Agnes Questionmark, CHM13hTERT, 2023. Installazione. Foto A. Guermani

Il percorso espositivo si inizia con On the breadline, opera video del 2019 di Elena Bellantoni. Quattro video sono esposti l’uno di fronte all’altro, in una struttura a sé. Sono immagini riprese dall’artista in quattro paesi diversi (Italia, Grecia, Serbia e Turchia) e in ciascun video è presente una performance dell’artista. A sottofondo delle immagini c’è sempre lo stesso canto tipico di protesta, che si trasforma in un coro. Si tratta di Bread & Roses, ispirato al discorso pronunciato nel 1912 da Rose Schneiderman nel corso di una manifestazione di lavoratrici. La “breadline” o linea del pane è un termine in uso in inglese per intendere la soglia di povertà. Il tema del lavoro è quindi una questione sociale, che viene affrontata nel lavoro letteralmente da diversi punti di vista, che poi si sposano in un solo canto comune.

Mario Merz Prize Torino
Elena Bellantoni, On the breadline, 2019, video 4k. Courtesy the artist
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Elena Bellantoni, On the breadline, 2019, video 4k. Courtesy the artist

La mostra prosegue con un’opera pittorica e soprattutto un’installazione di grandi dimensioni di Agnes Questionmark, dal titolo CHM13hTERT. Il lavoro, che si è completato il giorno dell’inaugurazione con una performance dell’artista, ha per tema il corpo e la ricerca scientifica contemporanea, in particolare una scoperta recente che permette di intervenire sul genoma umano artificialmente. Il tema qui è il corpo umano e le sue trasformazioni, naturali o artificialmente indotte. L’installazione consiste infatti in una gigantesca coda di sirena, o di un qualche immaginifico animale acquatico rosa dalle lunghe e multiple code. Nel corso della performance, l’artista stessa è entrata nell’opera con la parte inferiore del proprio corpo, ad indicare il senso insieme di disagio, sofferenza e desiderio di trasformazione.

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Agnes Questionmark, CHM13HTERT, performance and installation at SpazioSERRA curated by The Orange Garden Milano 2023

Nella seconda sala accoglie i visitatori l’opera di Voluspa Jarpa The Extinction project, 2025. Il lavoro è una continuazione di un progetto precedente e si concentra sulle popolazioni umane del Sudamerica che si sono estinte in seguito all’intervento violento di altri gruppi umani, vuoi sulle popolazioni stesse o sull’ambiente che le ospitava e ne rendeva possibile il mantenimento in vita. L’opera si compone di immagini e piccole cartelline scritte, appese al soffitto in forma di vortice, come ad accogliere e forse inghiottire in un turbine di storie ed evocazioni visitatori e visitatrici.

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Voluspa Jarpa, Cartografías de la Sindemia (Cartographies of the Syndemic), 2019-2023. Exhibition Politics of the Form, La Oficina Gallery, Madrid, 2024

Il resto della sala è occupato dalle opere di Anna Franceschini. La prima è un’installazione di grandi dimensioni dal titolo All Those Stuffed Shirts (2023). L’opera è creata sfruttando macchine realmente in uso in alcune fabbriche per stirare gli indumenti. Si tratta di sorta di servi muti di plastica, gonfiati ad aria, che qui diventano simili a manichini stranamente animati. Nell’immaginazione dell’artista, le macchine si comportano come un piccolo plotone pronto ad alzarsi e ad accasciarsi, ritmicamente. In un angolo, una seconda installazione è invece prodotta con una mano-manichino, di quelle in uso nelle gioiellerie per mostrare gli anelli. La mano è legata ad una macchina che produce un movimento atto a graffiare una superficie ruvida. In questo moto continuo e ripetuto, la mano lentamente distrugge sé stessa. Infine, il video What time is love (2017) mostra gli stress test di una fabbrica di giocattoli, con immagini dall’effetto surreale ed inquietante. I temi della macchina, del lavoro, dell’alienazione della società consumistica ricorrono in tutti i lavori, in modo intenso ed efficace.

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Anna Franceschini, What Time is Love?, 2017. Hd Video, 11′ 58” minutes. Courtesy the artist

Infine, al piano inferiore è in mostra l’opera di Mohamed Bourouissa Généalogie de la Violence, del 2024. Si tratta di un’opera video, corredata da alcune sculture bronzee. Il tema qui è la violenza urbana, perpetrata anche da chi non dovrebbe ricorrervi. Il video è ambientato in Francia, dove l’artista vive, e ha la particolarità di alludere a temi drammatici in maniera elegante e sottile, insieme amplificando, in tal modo, il sentimento di alienazione e inducendo alla riflessione.

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Mohamed Bourouissa, Généalogie de la Violence, Film, 2024. (c) Mohamed Bourouissa. Courtesy de l’artiste et de Mennour, Paris / Production: Division.

Difficile scegliere una vincitrice o un vincitore tra questi artisti, tutti meritevoli, autori di ricerche profonde e motivate. La decisione spetterà a una giuria composta da Manuel Borja-Villel, Caroline Bourgeois (curatrice Collezione Pinault di Parigi), Massimiliano Gioni (Capo Curatore New Museum di New York nonché Direttore artistico Fondazione Trussardi di Milano) e, naturalmente, la stessa Beatrice Merz. Ma conterà anche il voto del pubblico, che potrà esprimere il proprio parere tramite la piattaforma dedicata www.mariomerzprize.org

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