11 febbraio 2024

Di corpi alienati, bunker e acquerelli: la mostra di Joachim Bandau a Parigi

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In una Parigi dall'ampia offerta artistica, da scoprire è la proposta della Galerie Maubert, nel quartiere Les Marais, che presenta una mostra di Joachim Bandau, storica figura del minimalismo

Galerie Maubert, Le Ruisseau Noir, gallery view, 2024, Photo credits Teresa Ranchino
Galerie Maubert, Le Ruisseau Noir, gallery view, 2024, Photo credits Teresa Ranchino

A Parigi, attualmente, l’offerta artistica è estremamente variegata, anche se non si segnalano importanti fiere d’arte o imminenti opportunità di rinnovamento. Come noto, i mesi di gennaio e febbraio rappresentano un periodo di transizione, e occorrerà pazientare ancora un po’ prima di poter apprezzare nuove proposte nel panorama espositivo. Questa rappresenta dunque l’occasione ideale per esplorare i tesori nascosti che la città custodisce con discrezione, evitando l’obbligo di immergersi nelle grandi istituzioni museali, nelle più note fondazioni e gallerie d’arte contemporanea, dove la fruizione risulta spesso ostacolata dalla presenza massiccia di visitatori.

Galerie Maubert è uno spazio nato nel 2010 dal progetto di Florent Maubert, che alterna mostre personali e mostre collettive tematiche. Rappresentando 26 artisti internazionali affermati ed emergenti, la galleria si presenta come uno spazio intimo volto a promuovere molteplici ambiti come fotografia, scultura, pittura, disegno e installazioni. Nel complesso, la Galerie Maubert adotta una direzione curatoriale che riflette affinità con i principi del minimalismo, pur senza considerare tale orientamento come esclusivo o limitante.

L’artista attualmente in mostra è Joachim Bandau. A partire dalla fine degli anni ’60, Bandau crea opere scultoree, disegni e acquerelli che si collocano tra figurazione e astrazione, organicità e geometria. Tra il 1967 e il 1974, realizza imponenti sculture in poliestere laccate con vernici monocrome, dalle forme ibride e biomorfe, che evocano apparecchiature mediche o macchinari organici. Lo sfondo temporale della ricerca artistica di Bandau di questo periodo è la Germania della Guerra Fredda, poco dopo lo sbarco sulla luna e primi successi nella medicina dei trapianti. Non stupisce, quindi, che le opere risultanti portino con sé una stranezza senza compromessi. La visione è quasi fantascientifica, il corpo umano è alienato e vincolato alle tecnologie moderne, in balia di un progresso apparentemente incontrollabile.

Si afferma qui uno dei temi principali di Bandau, ovvero la tensione tra espansione e contrazione dello spazio – qui implicita nella potenziale mobilità delle sculture su ruote – che l’artista prosegue sostituendo il vocabolario organico e biomorfo delle sue prime opere con un vocabolario strettamente stereometrico e architettonico.

Joachim Bandau, Studio View, courtesy of Galerie Maubert
Joachim Bandau, Studio View, courtesy of Galerie Maubert

È il dicembre del 1975 e Paul Virilio pubblica Bunker Archéologie, come catalogo della mostra al Musée des Arts Decoratifs di Parigi. Questa esposizione presenta documenti fotografici, mappe e scritti provenienti dalla ricerca decennale condotta dall’autore sulle fortificazioni della Seconda Guerra Mondiale: l’obiettivo? Portare alla luce la “cultura dell’annientamento” attraverso la struttura del bunker, nella sua densità senza fessure, inquietante e inafferrabile. Paul Virilio sintetizza i significati stratificati intorno al bunker come un’espressione dell’intreccio tra guerra e società moderna. Elementi che generano una dialettica tra la struttura del bunker, nel suo fascino massiccio ma allo stesso tempo invisibile e la trasparenza dell’architettura civile.

L’influenza su Joachim Bandau è grande, tanto da segnare un nuovo inizio nella sua ricerca artistica. Comincia una fase di produzione di disegni grande formato in bianco e nero, che rappresentano bunker geometrici e rettilinei. Poi, la realizzazione di sculture in legno e acciaio composte da più moduli, che possono essere raggruppati in monoliti o, al contrario, dispersi nello spazio. Queste opere riassumono le funzioni dei bunker: protezione, attacco – ritiro, espansione.

Joachim Bandau, Kammer Bunker, 1980-1983, ferro, 20 x 35 x 35 cm, courtesy of Galerie Maubert
Joachim Bandau, Kammer Bunker, 1980-1983, ferro, 20 x 35 x 35 cm, courtesy of Galerie Maubert

Il movimento reciproco tra esterno ed interno, la stratificazione temporale sono elementi presenti anche negli acquerelli realizzati da Bandau a partire dalla fine degli anni ’80, di cui la Galerie Maubert espone un’ampia selezione.

Utilizzando esclusivamente pigmenti di colore nero o giallo l’artista stende la vernice che, attraverso le successive sovrapposizioni, costituisce strati rettangolari evanescenti. Il risultato è l’evocazione di scomposizioni fotografiche del movimento, come se ognuno di essi fosse la registrazione dei movimenti successivi dello stesso blocco di colore e per creare questa sensazione, il processo di realizzazione richiede mesi, se non anni, per essere completato. Come cita il dossier de press della galleria: «Nella loro radicale autonomia, questi fogli, tanto concentrati quanto meditativi, e che rappresentano senza dubbio l’opera più personale di Bandau, permettono, nella loro trasparente e liquida leggerezza, di guardare apertamente alla speranza dello scultore di domare una forma».

Joachim Bandau, Schwarz-Aquarelle, courtesy of Galerie Maubert
Joachim Bandau, Schwarz-Aquarelle, courtesy of Galerie Maubert

La mostra di Joachim Bandau presso la Galerie Maubert di Parigi sarà visitabile fino al 17 febbraio 2024.

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