06 gennaio 2022

Ferruccio Orioli, Abbandonati tra mare e cielo – La casa di vetro

di

Alla Casa di Vetro di Napoli Ferruccio Orioli arriva con la terza parte del suo progetto “Fortezza Europa”, denunciando il traffico dei migranti e raccontando la bellezza del mare

Ferruccio Orioli, Sulle sponde di questo mare, acquarello

La mostra “Abbandonati tra mare e cielo” (a cura di Claudia Borrelli) ne La Casa di Vetro a Napoli è il terzo girone del coraggioso progetto di Ferruccio Orioli “Fortezza Europa”, critica definizione mutuata dal titolo di un catalogo della ONG olandese UNITED. Il suo viaggio era iniziato con il grande acquerello Addio Europa (2014), apparso nella prima mostra “Noi di qua, voi di là” nel dicembre 2018 a Napoli da Fiorillo arte ed è proseguito nel luglio 2019 a Matera con la mostra “Sulle sponde di questo mare” alla Scaletta.
Le mostre sono state tappe successive e concatenate sui temi delle guerre, delle separazioni, delle migrazioni, analizzati nell’ambito della dimensione materica e mitica delle civiltà delle diverse aree del mare Mediterraneo.
Nelle mostre precedenti i lavori eseguiti in momenti diversi, come le immagini della donna in fuga dall’apocalisse, la fuga spezzata in mare su un’imbarcazione riversa ormai vuota e priva di vita o le rielaborazioni di antiche rappresentazioni restituivano una realtà di violenza sopraffazione e divisione ma, ancora, una proposta di simulacri di un’umanità accogliente che, invece, l’ultima proposta spazza via con la sua raggelante rappresentazione in memoria, della deriva verso la morte di una barca con 71 migranti partita il 27 marzo 2011 da Tripoli.
Questa necessità morale di denuncia è scaturita per Orioli dalla visione della minuziosa ricostruzione di questo tragico evento nel filmato Liquid traces – The left-to-die boat case (2012) di Forensic Architecture, per noi mostrato in un’altra saletta del centro, e dalla conoscenza dell’elenco, esposto fra le opere, delle 44.764 persone, migranti, richiedenti asilo e rifugiati, di cui l’80% morti in mare nel tentativo di raggiungere l’Europa, nel periodo dal 1993 al giugno 2021, secondo la lista pubblicata dalla UNITED Against Refugee Deaths. EU, coordinando il lavoro di 550 organizzazioni di 48 paesi europei.
Tutto ciò si è trasformato e ci viene riportato in un album/taccuino di 33 pagine di carta d’India dipinte ad acquarello che trascrivono lo sguardo di una fantasmatica Malayka, crudelmente trasportata e morta in quest’avventura fatale all’inizio della sua ultima primavera, in una probabile sequenza che riproduce il drammatico percorso durato quattordici interminabili giorni di andata e ritorno dalla costa libica verso il tragico epilogo.

Ferruccio Orioli, Abbandonati tra mare e cielo – La casa di vetro

Altri dodici acquarelli, viste del mare e dell’orizzonte dal natante alla deriva in giornate e ore diverse sono poggiati ciascuno sul fondo di una scatola chiusa da un vetro su cui sono disegnati con scientifica accuratezza l’orientamento del maledetto gommone in quell’istante e la posizione geografica sull’intero tracciato della rotta del naufragio. Paesaggi marini deserti, composizioni in cui la splendida luminosità dei colori è il controcanto del monito alla memoria imposto dai gelidi appunti meteogeografici.
E la scelta del luogo dell’esposizione è un ulteriore sottotesto: un centro di accoglienza per bambini e adolescenti in condizioni di disagio sociale ed economico residenti nel cuore di Forcella e in aree dalle simili caratteristiche di storica criticità socio-economica, sorto per l’azione volontaria dell’Associazione Amici di Carlo Fulvio Velardi Onlus con il sostegno dell’Altra Napoli onlus.
Le donazioni offerte in cambio del catalogo delle tre mostre e parte del ricavato della vendita delle opere saranno destinate al sostegno delle attività dell’Associazione.
Non appare casuale quindi che i dodici acquerelli, paesaggi marini immobili e rarefatti, siano allestiti come un fregio al disotto di un nastro di finestre che guardano le facciate degli edifici di fronte, brulicanti di una vitalità al difuori del tempo e senza una specificità che non sia una pronunciata aura arabo-mediterranea. E così si riaccende la speranza della prospettiva di una possibile comunicazione e integrazione.
Questo capitolo finale rende pressante l’esigenza di ricomporre in un unico contesto espositivo la diversificata produzione artistica finora vista separatamente per meglio comprendere la complessità del messaggio etico-politico ed emotivo che la permea.

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