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Fuori fiera: quattro gallerie da visitare durante la Singapore Art Week
Arte contemporanea
Come da schema ormai collaudato, le grandi fiere in giro per il mondo attivano le articolatissime art week, con eventi straordinari e opening sparsi per le città. Succede anche a Singapore, durante ART SG: la Singapore Art Week 2025 (SAW) celebra la sua 13a edizione dal 17 al 26 gennaio, con dieci giorni all’insegna di arte e creatività. Organizzata dal National Arts Council (NAC), la manifestazione continua a rafforzare la sua missione di promuovere la collaborazione e il senso di comunità tra artisti e pubblico, proprio negli stessi giorni in cui i collezionisti arrivano a Singapore per visitare gli stand della fiera ART SG. Lo slogan di quest’anno è Art Takes Over e invita a vivere l’arte in ogni angolo della città, abbracciando una vasta gamma di espressioni che spaziano tra diversi mezzi e discipline, con una panoramica dinamica tra voci emergenti e artisti affermati. Abbiamo selezionato quattro mostre particolarmente eterogenee per voi.
Tea Time da Cuturi Gallery
Dall’11 gennaio all’8 febbraio Cuturi Gallery presenta Tea Time, mostra personale di Gaël Davrinche con una nuova serie di dipinti dell’artista francese. Con un lavoro meticoloso di ricerca sul mondo delle piante, dei fiori e della natura, nelle prime mostre i soggetti di Davrinche erano più riconoscibili, mentre adesso stanno gradualmente scomparendo, offrendo allo spettatore una maggiore libertà di coinvolgimento con l’opera, a un livello più personale. Nella serie Field Flowers (2024) i fiori hanno colori sgargianti, sono disordinati e quasi irriconoscibili, ma paradossalmente più reali. Con questo cambiamento, Davrinche sprona a lasciar vagare la nostra immaginazione, a mettere in discussione la rappresentazione tradizionale e a sperimentare la pittura al di là del suo soggetto letterale. Come un invito a fermarsi per un tè, Davrinche invita gli spettatori a fermarsi, a soffermarsi e a guardare le sue opere con occhi nuovi, viaggiando oltre la superficie del visibile. Tranquille rivelazioni che emergono attraverso il tempo e la contemplazione.

ESMOND LOH – ANOTHER DAY IN PARADISE da Haridas Contemporary
Another Day in Paradise prende il titolo dalla canzone hit del 1989 di Phil Collins, la quale evoca una dicotomia tra il paradiso come aspirazione e come realtà trascurata. Esmond Loh, giovane artista singaporiano, esplora proprio questa tensione: intrecciando memoria personale, fantasia e riflessioni esistenziali, le sue opere sono intime e a tratti inquietanti. Loh rivela la linea di confine tra i paradisi che desideriamo e quelli che potremmo già abitare, spesso senza accorgercene. Le sottigliezze del suo lavoro invitano così gli spettatori a riesaminare i paradisi con cui si confrontano, che siano immaginati o trovati nella quotidianità. In lavori come Big Catch e The Waiting Game, Loh attinge a ricordi d’infanzia legati alla pesca nei serbatoi di Singapore e alle recenti esperienze a una piantagione di durian a Penang, in Malesia. Catturando momenti di attesa silenziosa, come la suspense della caduta di un durian, le sue opere evocano una sensazione di calma e di introspezione in un contesto urbano frenetico come Singapore; scene, queste, che contrastano con la velocità del quotidiano, suggerendo un desiderio di rallentare, di vivere in sintonia con la natura e di riflettere. Loh descrive il suo lavoro come un viaggio verso «luoghi vasti e desolati con poche persone”, un invito a riscoprire la pace nell’atto di rallentare e cogliere la ricchezza dei momenti non frettolosi, a ricordarci che il paradiso può essere trovato nella semplicità dell’attesa. Dall’11 gennaio al 16 febbraio.

Rust: Echoes of Memory da Prestige Art Gallery
In occasione del suo quinto anniversario, la galleria Prestige Art inaugura una collettiva con cinque artisti visionari di Singapore: Han Sai Por, Koh Nguang How, Lee Wen, Tang Da Wu e Vincent Leow. La mostra riflette sul percorso della galleria e sulla sua dedizione nel presentare un’arte che si confronta con le problematiche contemporanee, onorando al contempo il lascito degli artisti che rappresenta. In cinese, la parola ruggine (xiù) evoca una duplice risonanza: parla sia di decadenza che di persistenza dei segni del tempo. La ruggine è una metafora della natura transitoria dell’arte, della vita e della memoria. Incapsula non solo l’inevitabilità dell’erosione, ma anche la resilienza dell’esistenza e del rinnovamento. Gli artisti indagano proprio sull’impermanenza della vita, utilizzando diversi mezzi come la pittura, la fotografia, la scultura e la performance. Nella fotografia, la ruggine diventa più di un simbolo di deterioramento; si trasforma in una testimonianza di resilienza, catturando momenti fugaci di impermanenza e conservandoli come immagini durature. Le opere di Han Sai Por esaminano il rapporto tra natura e intervento umano, riflettendo su come l’ambiente si intrecci con la memoria personale e collettiva. Vincent Leow utilizza la ruggine sia come materiale che come metafora della perdita e della cancellazione, evocando il passaggio del tempo nella sua forma più tangibile. Tang Da Wu si confronta con gli effetti dei cambiamenti ambientali e urbani, presentando un dialogo tra paesaggi rurali e cittadini. I gesti performativi e le impronte fisiche di Lee Wen riflettono la trasformazione personale, mentre la fotografia di Koh Nguang How cattura momenti trascurati, preservando la natura fragile e duratura della memoria nella storia della TAV (The Artist Village, la prima colonia di artisti contemporanei singaporiani fondata nel 1988). Rust: Echoes of Memory riflette non solo il passare del tempo, ma anche l’essenza duratura di ciò che rimane. In mostra fino al 21 gennaio.

GUTAI: Beyond the Canvas da Whitestone Gallery
Visitabile fino al 2 marzo, Whitestone Gallery presenta GUTAI: Beyond the Canvas. Fondato nel secondo dopo guerra in Giappone da Jiro Yoshihara, il movimento artistico Gutai è stato un collettivo d’avanguardia che ha cercato di rompere le forme d’arte tradizionali e di sperimentare con le tecniche. «L’arte Gutai è il prodotto che nasce dalla ricerca delle possibilità. È nostro desiderio incarnare il fatto che il nostro spirito è libero», si legge dal manifesto redatto nel 1955. La filosofia del gruppo era di enfatizzare la connessione tra la materia artistica e lo spirito umano, sostenendo l’innovazione e le limitazioni nell’arte. Usando i loro corpi come strumenti nel processo creativo, si sono allontanati dalle convenzioni artistiche tradizionali. Grazie ai loro approcci sperimentali ai materiali, che spesso incorporano sostanze non convenzionali come il metallo, i tessuti e persino l’elettricità (ricordiamo Electric Dress di Atsuko Tanaka), la loro attenzione alla sperimentazione e al coinvolgimento dei materiali ha spinto i confini di ciò che l’arte può essere, motivando gli spettatori a partecipare attivamente al processo creativo. In mostra sono presenti opere di Tsuyoshi Maekawa, che rivoluzionò la scena artistica implementando nelle sue opere sabbia e cemento uniti al lino come in Untitled 120209; Shuji Mukai che introdusse l’arte performativa nel gruppo; Takesada Matsutani con Cut in a Straight Line. N-2 (1982) e Yuko Nasaka, l’unica donna del gruppo, si distinse nell’uso di lacche per auto.
