26 giugno 2020

Grand tour in dieci mostre: viaggio, reale o virtuale, in Germania

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Un viaggio di inizio estate tra mostre in Germania. Che sia reale o virtuale potrebbero riservare soprese: ecco un percorso da Monaco a Düsseldorf, passando per Francoforte

Sophie Calle, What Remains
Sophie Calle, What Remains

Immaginiamo un momento di evasione: un viaggio di inizio estate tra mostre in Germania. Che sia reale o virtuale, se l’obiettivo sono mostre e musei, eventuali aspettative metereologiche non verranno deluse, anzi potrebbero riservare soprese.

Brainwashed alla Haus Der Kunst, Monaco di Baviera
Brainwashed alla Haus Der Kunst, Monaco di Baviera

Prima tappa del Grand Tour: Monaco e la Haus der Kunst

Il viaggio prende quindi il via da quella che è considerata la più italiana della città tedesche: Monaco di Baviera, con “Brainwashed”. Viste le ultime emergenze sanitarie e le conseguenti ossessioni la mostra, ospitata nelle celle dei rifugi antiaerei della Haus der Kunst, fa al caso nostro (a cura di Jana Baumann. Fino al 28.06). Opere video dalla Collezione Goetz di tredici artiste e artisti – da Bjørn Melhus a Pipilotti Rist, da Wolfgang Tillmans a Seth Price– conducono nei meandri delle strategie di manipolazione messe in atto dall’economia, dai media e dalla politica e quindi tra le contraddizioni, gli stereotipi e i luoghi comuni dei loro linguaggi. Dopo questa discesa, oscura quanto suggestiva, risaliamo ai piani espositivi per rimanere nelle prospettive mutevoli di “Shifting Perspectives” la retrospettiva dedicata a Franz Ehrard Walter (1939, Fulda). Leone d’Oro alla Biennale 2017, Walter è considerato una figura chiave nell’avanguardia europea del dopoguerra e tra i pionieri del concetto di opera aperta. La mostra, a cura di Jana Bauman, traccia lo sviluppo della sua arte attraverso oltre 250 lavori (fino al 02.08.2020).

Antenne verso l’attualità e brillante naming per le mostre continuano per l’estate alla Haus der Kunst – che dal primo aprile vede alla sua guida il “nostro” Andrea Lissoni– con “Liberté. Egalité. Beyoncé” (dal 19.06 al 04.10.2020). L’esposizione prende avvio da una fotografia scattata a Parigi nel 2014 e diventata virale, che ha elevato la nota cantante a simbolo di resistenza e mostrato al contempo lo stretto legame tra democrazia e cultura pop. Considerando l’uguaglianza e la libertà di espressione ancora una sfida globale, i curatori Raphael Fonseca e Anna Schneider propongono, attraverso le opere di artisti della giovane generazione, di opporre “danza, gioia umorismo e piacere come possibilità di un nuovo ordine politico e strategie di resistenza ai tentativi aggressivi di controllare il corpo umano”.

Fantastische Frauen, Frankfurt
Fantastische Frauen, Frankfurt

Le donne fantastiche di Francoforte

Procediamo in direzione Francoforte alla Schirn Kunsthalle per “Fantastische Frauen” (donne fantastiche), la prima, grande mostra tematica sul contributo femminile al surrealismo. Attraverso 260 tra sculture, dipinti, disegni, collage, testimonianze video e fotografie di 34 artiste “Fantastische Frauen” propone un cambio radicale di prospettiva: dalla donna come compagna, musa ispiratrice, dea, figura diabolica o meravigliosa nella vita e nell’immaginario di tanti artisti e letterati del circolo intorno ad Andrè Breton- a soggetto attivo. Nomi celebri come Meret Oppenheim -con cui si apre la mostra- e Frida Kahlo sono utilizzati come ubi consistam per rivelare un mondo di artiste poco conosciute – come Kay Sage o Alice Rahon, Bridget Tichenor e Remedios Varo, attive in Messico – ma che pure hanno partecipato in maniera molto più ampia e con una propria poetica al movimento surrealista rispetto a quanto generalmente noto e rappresentato fino ad ora. (consigliato, come viaggio virtuale attraverso la mostra, il “digitorial” online sul sito del museo, che si apre con la frase profetica di Frida Kahlo “Niente è assoluto. Tutto cambia e si muove, tutto vola e va via”).

Tutti pazzi per il classicismo di Angelika Kaufmann

Se a Francoforte le donne sono “fantastiche” a Düsseldorf sono tutti pazzi per Angelika Kaufmann. Questo il titolo della mostra “Verrückt nach Angelika Kauffmann” ospitata al Kunstpalais. Cento opere tra dipinti disegni e sculture tracciano il percorso di questa brillante artista del classicismo. Considerata la “Raffaello tra le artiste” dai contemporanei, Kaufmann (Coira, 1741-Roma 1807), si fa strada come artista donna nell’Europa del Settecento. La mostra mette in luce la sua opera non solo nella ritrattistica e nella pittura di storia, ma anche nella produzione di incisioni, che permisero un’ampia diffusione dei suoi motivi e quindi del suo “marchio” dal 1770 come decoro per porcellane, tessili e oggetti della quotidianità. (fino al 12.07.2020; in seguito la mostra si sposta alla Royal Academy of Arts). Allontaniamoci dalle apparenti compostezze del classicismo, ma rimaniamo a Düsseldorf per “I’M NOT A NICE GIRL!”, titolo-imperativo della collettiva con opere di Eleanor Antin, Lee Lozano, Adrian Piper, Mierle Laderman Ukeles presentate al K21 – Kunstsammlungen Nordrhein Westfalien. In mostra le opere di queste artiste americane concettuali di prima generazione, che affrontano temi come la critica istituzionale, il razzismo, l’identità e la politica di genere, ma anche questioni ecologiche. Da una serie di documenti – raramente o mai presentati al pubblico- dagli archivi dei galleristi Dorothee e Konrad Fischer, emergono meccanismi di discriminazione e domande sulle narrative oscurate nella storia dell’arte.

Angelika Kauffmann Selbstbildnis mit der Büste der Minerva, um 1784 Öl auf Leinwand, 93 x 76,5 cm Bündner Kunstmuseum, Chur, Depositum der Gottfried Keller-Stiftung, Bundesamt für Kultur, Bern ©/ Foto: Bündner Kunstmuseum, Chur
Angelika Kauffmann, Selbstbildnis mit der Büste der Minerva, um 1784, Öl auf Leinwand, 93 x 76,5 cm, Bündner Kunstmuseum, Chur, Depositum der Gottfried Keller-Stiftung, Bundesamt für Kultur, Bern ©/ Foto: Bündner Kunstmuseum, Chur

Arrivando per tempo, consigliamo una sosta adrenalinica sospesi a 25 metri da terra su “in orbit” tra le reti d’acciaio e le sfere dell’omonima installazione permanente di Tomàs Saraceno (K21 Ständehaus). Torniamo coi piedi per terra per 15 minuti di cammino verso l’edificio del K20, dove è protagonista la produzione di Picasso negli anni della Seconda guerra mondiale – anche se l’evento bellico non entra direttamente come soggetto nelle opere, in nature morte, ritratti e nudi confluisce la reazione dell’artista al senso di minaccia, morte e distruzione di quel periodo. (“Pablo Picasso. Die Kriegsjahre 1939-1945”. Fino al 26.07.2020).
Immagini non propriamente positive, come del resto nemmeno il titolo della personale di Sophie Calle al Kunstmuseum Ravensburg ”What Remains” (fino al 27.09.2020). Terminiamo allora sul versante austriaco del lago di Costanza, al Kunsthaus Bregenz, che ospita la personale dell’artista svizzero Peter Fischli (fino al 05.07.2020). In mostra nuove opere concepite per gli spazi del Kunsthaus, tra cui rilievi in gommapiuma, un video sul „lavoro del tempo libero“ e fotografie di grande formato su atti di micro vandalismo nello spazio pubblico. Ci piace chiudere scegliendo alcuni dei consigli tratti dalla sua celebre opera “How To Work Better” realizzata con David Weiss (1946-2012): “Accept change as inevitable/ Be calm/ Smile”.

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