02 novembre 2023

Il 2024 a Palazzo Grassi e Punta della Dogana: le mostre di Pinault Collection

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Il francese Pierre Huyghe e l’americana di origini etiopi Julie Mehretu sono i protagonisti delle due grandi mostre che animeranno il 2024 di Punta della Dogana e Palazzo Grassi

Pierre Huyghe, Untilled, 2011–12, Courtesy the artist; Marian Goodman Gallery, New York; Esther Schipper, Berlin. Commissioned and produced by dOCUMENTA (13) with the support of Colección CIAC AC, Mexico; Fondation Louis Vuitton pour la création, Paris; Ishikawa Collection, Okayama, Japan. © Pierre Huyghe, by SIAE 2023

Il 2024 di Palazzo Grassi e Punta della Dogana, sedi veneziane della prestigiosa Pinault Collection, sarà scandito da due grandi mostre personali, per scoprire due artisti tra i più rappresentativi della contemporaneità: il francese Pierre Huyghe e l’americana di origini etiopi Julie Mehretu.

Pierre Huyghe a Punta della Dogana

Nato a Parigi, l’11 settembre 1962, con un passato giovanile di frequentazioni anarchiche e punk, Huyghe si è diplomato presso l’École supérieure des arts décoratifs di Parigi. Nella sua ricerca, che spesso tende a sfociare dai limiti dell’opera per subentrare nel limite tra realtà e finzione, ha usato diversi linguaggi, dalla fotografia alle immagini in movimento, dalla scultura al disegno. In un’opera del 1995, Les incivils, l’artista riprende i luoghi in cui fu girato Uccellacci e uccellini, film del 1965 di Pier Paolo Pasolini, pe riproporne una inedita interpretazione. Nel 1999, con Philippe Parreno, acquisì i diritti di riproduzione di un personaggio femminile, disegnato per il mercato giapponese dell’animazione, così da fornirgli una propria identità sotto il nome di Annlee: il progetto, intitolato No ghost just a shell, si svolse fino al 2003.

Pierre Huyghe, Untitled (Human Mask), 2014, Pinault Collection, Courtesy of the artist; Hauser & Wirth, London; Anna Lena Films, Paris, © Pierre Huyghe, by SIAE 2023

Le sue opere sono state presentate in spazi espositivi in tutto il mondo, dal Guggenheim Museum di New York al Castello di Rivoli, dal Moderna Museet di Stoccolma al Musée d’art moderne de la Ville di Parigi, dalla Tate Modern di Londra a Documenta di Kassel. Nel 2001 ha vinto il premio speciale della giuria alla Biennale d’arte di Venezia, in occasione della quale aveva rappresentato la Francia, mentre nel 2017 aveva presentato diverse sue opere alla Fondation Louis Vuitton.

Realizzata in partnership con il Leeum Museum of Art di Seul, che a sua volta ospiterà una personale di Pierre Huyghe a febbraio 2025, la mostra per Punta della Dogana, curata da Anne Stenne, aprirà il 7 marzo 2024 e sarà visitabile fino al 24 novembre 2024. Huyghe trasformerà gli spazi espositivi affacciati sulla Laguna in un medium dinamico, «In una condizione transitoria dove il tempo e lo spazio come tutto ciò che lo attraversa, visibile o invisibile, diventano parte integrante delle opere d’arte», spiegano da Pinault Collection. «Popolata da entità inumane, umane e non umane, attraversata da fenomeni naturali o artificiali, la mostra esplora, in tempo reale, le condizioni che permettono a entità diverse di coesistere, a volte persino di ibridarsi, senza distinzione gerarchica o determinazione specifica», continuano, facendo riferimento all’operazione di messa in discussione della percezione del reale di cui Huyghe ha fatto una specifica cifra di indagine ma anche al suo vivo interesse per il momento espositivo in sé, considerato parte integrante del lavoro, in quanto momento di interazione non mediato con il fruitore.

Julie Mehretu a Palazzo Grassi

Come un dialogo a tante voci si presenta invece la mostra di Julie Mehretu, che aprirà dal 17 marzo 2024 a Palazzo Grassi. Visitabile fino al 6 gennaio 2025 e curata da Caroline Bourgeois, l’esposizione infatti sarà completata da una serie di opere realizzate da artisti che fanno parte di una cerchia di amici stretti dell’artista nata nel 1970 ad Addis Abeba o da personalità che l’hanno influenzata: Nairy Baghramian, Huma Bhabha, Robin Coste Lewis, Tacita Dean, David Hammons, Paul Pfeiffer, Jessica Rankin. La pratica di Julie Mehretu è infatti caratterizzata da collaborazioni e conversazioni intrattenute con altri autori. Mettendo in primo piano la relazione tra affinità intellettuali ed emotive e la produzione artistica, la mostra di Palazzo Grassi vuole restituire il ritratto collettivo di una comunità artistica in dialogo costante.

Julie Mehretu, Black City, 2007, Pinault Collection, Courtesy of the artist and Marian Goodman Gallery, New York

Inclusa nella lista delle 100 persone più influenti del 2022 dal Times, Julie Mehretu, insieme alla sua famiglia, fu costretta a fuggire dal suo Paese d’origine, l’Etiopia, nel 1977. Laureatasi alla Rhode Island School of Design di Providence, Rhode Island, nel 1997, Mehretu è oggi conosciuta e apprezzata per i suoi dipinti astratti su larga scala. Nel 2016, il SFMOMA – San Francisco Museum of Modern Art le ha commissionato la realizzazione di un enorme dittico, che fiancheggia la scalinata dell’atrio. Nel 2021, il Whitney Museum of American Art le ha dedicato un intero piano, in occasione di una retrospettiva sulla sua carriera. Nel 2012 ha partecipato a documenta di Kassel e nel 2011 aveva già esposto le sue opere a Palazzo Grassi, per la collettiva Elogio del dubbio.

Julie Mehretu, Among the Multitude XIII, 2021-2022 Private Collection. Ph: Tom Powel Imaging. Courtesy of the artist and Marian Goodman Gallery, New York

La mostra di prossima apertura, in collaborazione con il K21, Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen Düsseldorf, presenterà la riunisce oltre 60 dipinti e incisioni realizzati da Julie Mehretu durante un periodo di 25 anni, inclusi molti dei dipinti realizzati dall’artista tra il 2021 e il 2023. Presentata sui due piani espositivi di Palazzo Grassi, la mostra include opere della Pinault Collection, oltre a prestiti provenienti dalla collezione dell’artista, da musei internazionali e da collezioni private.

Il Teatrino di Palazzo Grassi

Anche il Teatrino di Palazzo Grassi prosegue la sua intensa programmazione, con Song to the Siren, di Edith Dekyndt, visitabile a partire da aprile 2024. L’artista belga, nata a Ypres, nel 1960, ha ripreso una giovane donna sdraiata nelle acque della laguna, accanto al Monumento della Partigiana che si trova lungo la riva, di fronte ai Giardini di Venezia, un mattino dell’autunno 2022. La giovane stringe nella mano un panno bianco con il quale pulisce, deterge, ripara, accarezza o, ancora, consola, la statua di bronzo che ritrae una donna d’altri tempi, parzialmente immersa nella laguna, le mani legate, probabilmente diretta verso la sua fine, come lo furono numerose partigiane, tra cui anche veneziane, durante la Seconda Guerra Mondiale.

L’opera Song to the Siren fa parte di una serie di azioni nelle quali lo stesso gesto viene ripetuto presso monumenti storici pubblici, scelti in virtù della loro risonanza nella contemporaneità. I titoli degli interventi riprendono sempre i titoli delle canzoni assumono un’eco aperta ed eterna. In questo caso il titolo è quello del brano del 1970, scritto da Larry Beckett e Tim Buckley e reinterpretato nel tempo da numerosi artisti, da This Mortal Coil a Robert Plant.

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