19 gennaio 2024

La Biennale di Istanbul è stata posticipata al 2025 per le sue “procedure opache”

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A seguito delle accese critiche dovute alla poca trasparenza dei processi decisionali, la Fondazione IKSV ha deciso di posticipare al 2025 la Biennale di Istanbul, già in programma a settembre 2024

HaleTenger, Buyukada, 16ma Biennale di Istanbul, 2019, ph. David Levene
HaleTenger, Buyukada, 16ma Biennale di Istanbul, 2019, ph. David Levene

La IKSV – Istanbul Foundation for Culture and Arts ha annunciato che la 18ma edizione della Biennale di Istanbul, la cui apertura era in programma il 14 settembre 2024, è stata posticipata al 2025. Secondo quanto dichiarato dalla stessa organizzazione, la decisione è stata presa a seguito delle critiche sorte a causa delle procedure decisionali poco trasparenti che, nell’agosto 2023, avevano portato alla nomina di Iwona Blazwick come curatrice della manifestazione.

La storica direttrice della Whitechapel Gallery di Londra può vantare un curriculum di tutto rispetto ma faceva parte anche della stessa commissione che avrebbe dovuto selezionare le candidature da sottoporre alla IKSV, composta inoltre da Yuko Hasegawa, Agustín Pérez Rubio, Selen Ansen e dall’artista Sarkis. Il comitato aveva segnalato all’unanimità Defne Ayas ma l’IKSV aveva preferito nominare Blazwick, provocando un’ondata di sdegno da parte di molti addetti ai lavori, al punto che alla fine la stessa Blazwick ha deciso di dimettersi dall’incarico. E a nulla era valsa nemmeno la nomina a direttrice della Biennale, a inizio gennaio di quest’anno, di Kevser Güler, al posto di Bige Örer.

Divisioni indersiderate. E la Biennale di Istanbul aprirà nel 2025

«La İKSV lavora da marzo 2023 con circa 58 artisti provenienti da tutto il mondo per realizzare la 18ma Biennale di Istanbul. Il quadro curatoriale proposto per questa biennale ha esplorato il ruolo dell’arte all’indomani di perdite e traumi, facilitando la produzione di dozzine di nuove opere d’arte e nuove fruttuose collaborazioni locali e internazionali», hanno dichiarato dall’organizzazione, spiegando come «I meccanismi di governance siano stati rivisti con l’obiettivo di renderli più partecipativi».

«Il nostro obiettivo, come sempre, era quello di garantire che la Biennale di Istanbul fornisse una piattaforma per l’espressione artistica, il dialogo e l’interazione», continuano, chiamando in causa «L’emergere di divisioni indesiderate», che «Stanno influenzando negativamente gli artisti che avevano già accettato o avrebbero potuto accettare di partecipare alla biennale, così come le collaborazioni e i partenariati». Questa situazione di incertezza avrebbe dunque reso impossibile lo svolgimento della Biennale di Istanbul come previsto.

Dimissioni a valanga

La radici della questione però sono profonde. Ayas aveva già curato il Padiglione turco alla Biennale di Venezia del 2015, che prevedeva proprio una mostra di Sarkis. Nel catalogo era stato pubblicato anche un saggio scritto da Rakel Dink, vedova del giornalista turco-armeno Hrant Dink, assassinato a Istanbul nel 2007, nel quale si faceva riferimento al «Genocidio armeno». Il catalogo fu ritirato a seguito di una denuncia del governo turco.

Per esprimere il proprio dissenso rispetto alla scelta della IKSV, la curatrice del Padiglione della Turchia alla 60ma Biennale di Venezia, Esra Sarıgedik Öktem, ha dato le dimissioni. A dimettersi sono stati anche altri tre membri del comitato consultivo. Infine, sono arrivate anche le dimissioni di Örer, in carica dal 2008, ufficialmente per «Continuare il suo lavoro in altri progetti».

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