-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
La calda estate di Maurizio Cattelan in tribunale, tra sentenze e processi
Arte contemporanea
Una calda estate da trascorrere nelle aule dei tribunali per Maurizio Cattelan che, a questo punto, potrebbe sfidare anche un’autorità nella giurisprudenza d’arte come Jeff Koons, habitué delle corti. Il tribunale di Parigi ha respinto la mozione dello scultore francese Daniel Druet, che affermava di essere il vero e unico autore – e non solo l’artefice materiale – di otto tra le opere più iconiche dell’irriverente artista italiano, tra cui la statua di Papa Giovanni Paolo II, che compare in La nona ora, formidabile lavoro del 1999, e di un giovanetto con le sembianze di Adolf Hitler inginocchiato, in Him, del 2001. Dall’altra parte dell’oceano però ne è spuntata un’altra. Il tribunale federale di Miami ha negato la richiesta di Cattelan di respingere il contenzioso avanzato dall’artista statunitense Joe Morford, che sostiene che Comedian, la famosa banana presentata allo stand di Perrotin ad Art Basel Miami Beach 2019, sia un plagio di una sua opera del 2000, Banana & Orange, appunto.
In entrambi i casi, la domanda è semplice: chi è l’autore dell’opera? Una questione che lascia con il fiato sospeso fior di storici e critici d’arte, forse un po’ in affanno nell’epoca della frammentazione dell’identità. In effetti, che l’opera abbia oltrepassato l’orizzonte della materia già si scrive da un po’ di tempo ma che, insieme all’oggetto, si sia smarrito anche l’autore, cioè l’artista, quindi il soggetto per eccellenza, l’io puro al limite dell’egotismo, non può che lasciare un po’ interdetti gli addetti ai lavori. Ma un giudice, per sua formazione, non può proprio rimanere basito e se gli viene proposta una questione deve necessariamente dirimerla nel più esaustivo dei modi, facendo appello a leggi, codici e consuetudini del diritto d’autore, questa presenza amata e odiata in egual misura.
Secondo il tribunale di Parigi, Druet non può essere considerato “l’autore unico” delle otto sculture da lui realizzate in cera e vetroresina, tra il 1999 e il 2006, per Cattelan. I giudici l’hanno ritenuto un subappaltatore, avendo adempiuto a commissioni proposte specificamente da un artista, che è l’unico ideatore e quindi proprietario dell’opera. Commissioni regolarmente pagate in totale per circa 141mila euro, come ha potuto dimostrare la galleria Perrotin, cifra non male ma bruscolini rispetto, per esempio, ai 17,2 milioni di dollari battuti per Him, nel maggio 2016, in asta da Christie’s.
«Le opere sono state presentate sempre sotto il nome di Cattelan», solo lui si è occupato della loro ideazione e messa in scena, un compito che Druet «Non era in grado di svolgere», ha stabilito la corte. «La fabbricazione dell’opera è secondaria rispetto al concepimento», ha affermato l’avvocato di Cattelan, Eric Andrieu. E quindi, addio ai sei milioni di euro di risarcimento richiesto, almeno per il momento. Druet infatti potrà scegliere se impugnare la decisione del tribunale.
Nel frattempo, c’è un’altra banana da pelare per l’artista italiano vivente più conosciuto al mondo: il giudice distrettuale degli Stati Uniti Robert N. Scola ha ritenuto sufficienti gli elementi presentati da Joe Morford, che potrebbero provare una violazione di copyright. Quando Cattelan espose Comedian, nel 2019, ci fu un enorme clamore e sfociò a fiumi, a cascate, l’ironia sulla banana gialla – coltivazione biologica, ci teneva a sottolineare l’autore, da non confondersi con il fruttivendolo, con l’albero o con una ipotetica scimmia – attaccata con il nastro adesivo argentato al muro bianco del prestigioso stand di Perrotin ad Art Basel Miami Beach. Alla fine della fiera e nonostante la fame di David Datuna, artista in cerca di celebrità e di potassio che mangiò la banana nel corso di una performance assolutamente non autorizzata, la galleria riuscì a vendere tutte e tre le copie dell’opera, oltre a due prove – perché in una composizione del genere nemmeno un centimetro può essere lasciato al caso – per un totale complessivo di oltre 390mila dollari.
Ma secondo Morford, Cattelan ha copiato in modo inappropriato Banana & Orange, opera registrata presso il Copyright Office degli Stati Uniti nel 2000. Il pezzo fa parte dalla serie “Sculptures: Still Life” e comprende due pannelli rettangolari verdi, uno sull’altro: quello superiore con un’arancia attaccata con del nastro adesivo grigio, quello inferiore presenta una difficilmente equivocabile banana, ancora con dello scotch grigio.
Gli elementi da tenere in considerazione per la giuria saranno tanti. Per esempio, la banana usata da Morford non era vera ma di plastica e, in ogni caso, facente parte di un’opera più complessa. Su queste basi si basava la linea di difesa di Cattelan, schierata da Adam Cohen e Dana Susman dello studio di New York Kane Kessler. Ma al giudice non è bastato e, quindi, si andrà a processo. Altro che Better Call Saul.