21 febbraio 2023

La Fabula dell’uomo e della natura: Ivan Terranova alla Fondazione Brodbeck di Catania

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Un viaggio alle origini del rapporto tra uomo e natura: Ivan Terranova ci parla del suo ultimo progetto, presentato negli spazi della Fondazione Brodbeck di Catania

Ivan Terranova, Fabula (screenshot), Fondazione Brodbeck, Catania

Fino al 25 febbraio sarà visitabile, presso la Fondazione Brodbeck di Catania, l’istallazione di Ivan Terranova dal titolo “Fabula”, una ricerca video-fotografica che contribuisce a riaprire il discorso sulla conservazione della specie e sull’habitat, proponendo al visitatore un viaggio alle origini del nostro sentirci parte della Natura

Quella di Ivan Terranova (Catania, 1990), la sua personalissima Fabula, non vuole essere una polemica sulle tematiche ambientali né una denuncia dell’effetto antropico. Il giovane artista siciliano recupera un’interazione da tempo perduta, avvicina l’uomo contemporaneo a un ecosistema di cui faceva parte, ma da cui si è allontanato. Fabula è un progetto artistico che nasce come una ricerca di relazioni, un gioco di sguardi tra esseri viventi che anima la speranza di un dialogo ancora possibile. Ne abbiamo parlato con l’autore.

Ivan Terranova, Fabula (screenshot), Fondazione Brodbeck, Catania

Il progetto che ti ha portato a Fabula è stato molto lungo. Quali sono le tappe con cui hai costruito la tua istallazione?

«Fabula nasce dal mio profondo interesse per le tematiche ambientali, in particolare sul rapporto tra uomo e ambiente. Da qui, il mio lavoro fotografico sul paesaggio, interpretato attraverso il rapporto tra due entità fondamentali, la natura e la cultura. Ho lavorato a questa esposizione durante tutto il 2022. Sapevo che sarebbe stato un progetto a lungo spettro, dalla genesi alla realizzazione mi sono dovuto documentare molto, fare ricerca, prima dell’effettivo sviluppo che comunque necessitava di tempi molto lenti».

Cosa ti ha spinto quindi a elaborare questo progetto?

«Questa mostra si è costruita nel tempo, si è raffinata partendo da un’idea che ho demolito e ricostruito continuamente. Sono partito da una doppia considerazione: la prima, suscitata da un articolo scientifico sul lupo siciliano, un animale poco conosciuto poiché l’ultimo esemplare è stato fotografato prima di essere abbattuto un secolo fa. È iniziato tutto con questa scomparsa, un danno enorme dal punto di vista ambientale perché tutte le specie che vivono su un’isola sono uniche, se si perdono non possono essere reinserite naturalmente nell’ecosistema insulare. Poi, ho analizzato il lupo in quanto simbolo, un animale spesso citato nelle favole come il personaggio cattivo o emblema dell’anima selvaggia nella cultura occidentale. Da ragazzino avevo un poster con un lupo e sotto una frase di Henry David Thoreau, “In the wild is the preservation of the world”, un concetto importante che ho riscoperto insieme a tutti gli autori del proto-ambientalismo americano.

Così, ho cercato cosa fosse rimasto di quella presenza, o assenza, di un animale simbolo della nostra tradizione culturale. Se ci pensiamo, nelle favole il cattivo è spesso impersonato dal lupo e, quasi sempre, queste malvagità abitano nel bosco. Dalla Divina Commedia a Cappuccetto Rosso, il bosco è un luogo di confine, in cui non addentrarsi da soli o di notte, quindi sconosciuto».

Ivan Terranova, Fabula (screenshot), Fondazione Brodbeck, Catania

Come hai ottenuto le immagini che proietti in mostra? Quali sono stati i tuoi strumenti di lavoro?

«Sono partito ricercando qualcosa che sapevo non esserci, il lupo, e cercando cosa restasse del paesaggio selvaggio in Sicilia, di per sé una regione pastorale, ampiamente modificata nei secoli. Con una serie di escursioni ho scelto diverse aree abbastanza impenetrabili dal punto di vista geografico. Qui ho posizionato delle fototrappole, usate dai cacciatori e dai biologici per mappare le specie nelle zone di campagna e non. Ovviamente per ottenere dei risultati ho dovuto studiare il comportamento degli animali e capire dove cercarli. In questo modo, andando fuori sentiero lungo le dorsali dell’Appennino siciliano, ho conosciuto il bosco e ho capito cosa poter ottenere lasciando attive per un mese le fototrappole. Da ciò che esse hanno restituito ho sviluppato la mia ricerca».

In cosa consiste la tua mostra alla Fondazione Brodbeck?

«La mostra è un’esposizione al buio di 17 televisori a tubo catodico che mostrano i video o le foto catturate dalle fototrappole: si vedono le scene del bosco di notte, una serie di momenti di vita dei tantissimi animali che abitano questi luoghi».

Non dirmi che hai trovato un lupo?

«No, il lupo non è stato trovato. Ma non era quello il mio scopo, quanto invece portare il visitatore dentro al bosco».

Ivan Terranova, Fabula (screenshot), Fondazione Brodbeck, Catania

Hai voluto smentire quindi l’aspetto maligno di questo luogo?

«Sì, sicuramente. Il lavoro si chiama Fabula perché in tutte le storie c’è un bosco in cui non ci si può addentrare, pericoloso e pieno di esseri malvagi. Ecco, io ho voluto lavorare su quest’idea, cercare di riavvicinare l’uomo al mondo animale. Gli schermi, infatti, mostrano che a un certo punto gli animali guardano dritto in camera, come se si accorgessero che qualcosa li sta osservando. Gli animali si accorgono di noi. In mostra si innesca uno scambio di occhi. Oggi, nella nostra visione antropocentrica i boschi sono un luogo di svago della domenica, in cui andare a fare funghi o motocross, comunque un’estensione della vita cittadina. Non si tiene conto che lì c’è vita, degli abitanti, che l’uomo non percepisce più perché ha perso l’abitudine ad accorgersi di loro, eppure loro vedono noi. C’è una dimensione ancestrale, come nella caccia preistorica: nel bosco stai cacciando, ma sei anche osservato. Nella vita nel bosco c’è attesa, pazienza, c’è un livello orizzontale di visione, in cui tu sei parte di quel luogo alla pari con gli altri visitatori, con gli altri abitanti».

Le fototrappole sono state uno strumento veramente essenziale per il tuo lavoro…

«Sì. Alcune videotrappole che ho usato sono esposte in mostra, lo ho portate all’inaugurazione e hanno fotografato le persone, il prodotto forse lo useremo per la comunicazione sui social».

Sarebbe bellissimo mettere a paragone un mese di riprese degli animali e uno, quello della

durata dell’esposizione, dei visitatori.

«È vero, producendo immagini a infrarosso e grandangolari, anche l’uomo diventa un animale fotografato».

Ivan Terranova, Fabula (screenshot), Fondazione Brodbeck, Catania

Di fatto, nell’ambito dell’ecosistema non siamo diversi da altri animali…

«Certo e, a questo proposito, seguo molto il tema del rewilding, una tradizione molto anglosassone di lasciare che i territori selvaggi rimangano selvaggi, o ci ritornino, proponendo una visione non più antropocentrica, libera dalla nostra visione utilitaristica».

Cosa vorresti che rimanesse al visitatore di questa mostra?

«Il mio lavoro ha un’estetica documentaristica, non informativa, perché credo che ormai di informazioni siamo saturi, le subiamo. Mi interessa di più evocare un’atmosfera, un’emozione, dei ricordi. L’idea è che il visitatore, in questo spazio chiuso al buio, si ritrovi spaesato, come se stesse veramente in un bosco di notte. Questa è la parte più immersiva della mostra, che spinge chi vuole all’attesa, a saper guardare, anche a lasciarsi trasportare dal flusso, assolutamente imprevedibile, all’interno dell’esposizione».

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