26 maggio 2025

Perché Leonor Fini torna ad affascinarci tanto oggi

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A margine della sua mostra visitabile fino a luglio a Palazzo Reale di Milano, un approfondimento sulla vita e sull’arte di Leonor Fini, tra travestimento e rivoluzione di genere

Leonor Fini - Parigi anni ‘50 - coll. privata, Trieste - © Marianna Accerboni

Leonor Fini è un’artista che ha affascinato il mondo dell’arte non solo per la qualità pittorica delle proprie opere ma anche e soprattutto per la straordinaria capacità di sfidare le convenzioni, i costumi e di infrangere regole sociali consolidate, sostituendole con sfidanti modi di vita. Spesso identificata come facente parte del movimento surrealista, Fini non fu esclusivamente pittrice surrealista, come parrebbe suggerire il suo intenso rapporto con i principali membri del gruppo. Si distingue e si allontana dal movimento generando forme di arte e prassi di vita in una visione continuamente evoluta di fluidità nell’arte e nella biografia che la porta a ridisegnare e a concretizzare in forme vissute i ruoli della donna nella società, nella famiglia e, segnatamente, nei rapporti amicali e sessuali, spesso non distinguendo tra questi. Nell’arte e nella vita, Leonor seppe incarnare il ruolo di donna-protagonista, libera e insofferente a regole e convenzioni.

Leonor Fini, Autoportrait au chapeau rouge, 1968, Oil on canvas, 84 x 61 cm. Archivio fotografico del Museo Revoltella – Galleria d’Arte Moderna, Trieste © Leonor Fini Estate, Paris

Nel vasto corpo dell’opera di Fini, le sue tele si popolano di creature mitologiche, figure zoomorfe, maschere e corpi in stato di trasformazione. La fluidità è il motore che anima la sua arte. A partire dal suo incontro con il surrealismo, Fini ha sempre rifiutato l’idea che l’identità, così come la rappresentazione del corpo umano, dovesse essere fissa e definita. È proprio la fluidità dei suoi soggetti e la varietà delle forme a spingere la sua pittura oltre i confini del surrealismo tradizionale. Se in alcuni casi utilizza la rappresentazione onirica cara agli altri surrealisti, più spesso, si distingue per la capacità di fondere i confini tra corpo umano e animale, tra maschile e femminile, tra natura e artefatto. Tali fusioni non si limitano alla dimensione spazio-temporale del sogno ma si concretizzano e si propongono sulla superficie pittorica come modelli di realtà.

In un testo che riflette sul suo rapporto con gli attributi del corpo umano, Fini scrive: «Ho sempre pensato che gli attributi del corpo umano siano modesti e inadeguati…Preferisco le corna delicate e perfettamente inanellate del giovane camoscio». Questa riflessione mostra come la sua fascinazione non fosse tanto per il corpo umano ma per la sua continua inadeguatezza e trasformabilità, spingendo il suo lavoro verso l’esplorazione del corpo in evoluzione, quasi sempre fluido e in transito, un corpo che non si definisce mai definitivamente ma rimane sempre in movimento, come pensiero reificato in continuo divenire.

Leonor Fini Sphinx 1950 Oil on canvas 14,5 x 11 cm Museo Mario Praz, Direzione Musei Statali della città di Roma © Leonor Fini Estate, Paris

L’adesione di Leonor Fini al movimento surrealista è stata facilitata dalle partecipazioni alle mostre europee del gruppo ma non è mai stata una scelta estetica precisa e univoca. Le sue inclinazioni, infatti, si distaccano presto da quelle del gruppo, non solo per la sua disillusione nei confronti del “teatro” delle riunioni surrealiste ma anche per il suo rifiuto delle ideologie più tradizionali in termini di sessualità e identità di genere. La sua connessione con il surrealismo fu più una strategia che un’affiliazione intellettuale, come si evince dal suo rapporto con André Breton e gli altri membri.

Fini non vedeva nella ribellione surrealista una vera e propria via di emancipazione. Al contrario, la sua ricerca si concentrava sullo scardinare le rigidità del corpo e dell’identità, attraverso un gioco continuo di trasformazioni e metamorfosi. In un passo dei suoi scritti, afferma di non voler appartenere a nessun gruppo, poiché considera il loro «Odio per gli omosessuali» e la loro politica sessuale come «Assurdi». Questo non solo dimostra la sua distanza dalle convenzioni ma evidenzia anche come la sua arte e la sua vita si discostino da categorie fisse di genere e di comportamenti.

Le sue figure più iconiche, quelle che incantano lo spettatore, sono spesso un crocevia di corpi ibridi, a metà tra esseri umani e animali, donne e creature fantastiche. La sua arte esprime una visione di identità che non è mai onirica ma realista seppure in continuo movimento, sfuggente e indefinibile. I costumi, le maschere e i travestimenti sono altri elementi ricorrenti nei suoi lavori e nella sua vita, come testimonia la sua passione per le trasformazioni fisiche e psicologiche. Fini scrive che «Indossare una maschera, travestirsi, far finta» sono «Atti di eccezionale creatività», in grado di moltiplicare le identità e di sfidare ogni imposizione sociale su cosa sia “vero” o “autentico”. Questo gioco continuo di identificazione e disidentificazione porta il suo lavoro a esplorare le infinite possibilità del sé, un sé che può essere molteplici, fluido e in costante evoluzione.

Leonor Fini non fu e non è solo una pittrice surrealista. Era e rimane una pioniera di un’arte che non ha paura di fluire, di trasformarsi, di sfidare ogni definizione. La sua pittura è il riflesso di un’esistenza che si è sempre sottratta agli schemi, di un corpo che non si è mai dato per scontato ma che si è continuamente reinventato. Oggi potremmo dire che Leonor Fini è la musa di una modernità che accoglie la fluidità di genere come una possibilità infinita di reinvenzione, una visione del mondo che non ha paura di attraversare e confondere le frontiere dell’identità.

Leonor Fini, Le Bout du Monde 1948 Oil on canvas 35 x 25 cm Private Collection © Leonor Fini Estate, Paris

La mostra Io sono LEONOR FINI a Palazzo Reale di Milano è stata prorogata fino al 20 luglio 2025.

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