01 novembre 2020

Margherita Moscardini, Inhabiting Without Belonging – Galleria Renata Fabbri

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La mostra di Moscardini ospitata da Renata Fabbri riprende la riflessione dell’artista in merito alla possibilità di una cittadinanza altra, e in un luogo altro. In un "Alto Mare", per esempio...

Margherita Moscardini, Inhabiting without Belonging, 2020. Veduta della mostra presso Renata Fabbri arte contemporanea, Milano. Fotografia di Andrea Rossetti. Courtesy l’artista e Renata Fabbri arte contemporanea

“Inhabiting Without Belonging” riflette quelle che sono le caratteristiche principali della ricerca artistica di Margherita Moscardini, il suo lavoro, infatti, prevede una stretta relazione tra spazio e tempo, paesaggio e architettura, immagine e illusione. Le sue opere sono il risultato di un lungo lavoro di contemplazione e riflessione, inducendo al tempo stesso lo spettatore a una profonda analisi sui temi proposti. In particolare, il fulcro dei lavori dell’artista prevede di indagare le relazioni tra processi di trasformazione di ordine naturale, urbano e sociale appartenenti a specifiche geografie. Influenzata dagli studi in Antropologia Culturale, il focus delle sue ricerche comprende aree abbandonate e in demolizione. Per questo i suoi lavori sono perlopiù progetti a lungo termine in cui il contesto viene considerato come un mezzo: l’architettura, il paesaggio entro il quale il lavoro viene sviluppato e come i piani urbanistici condizionano i comportamenti delle comunità locali. La mostra ospitata da Renata Fabbri riprende la riflessione dell’artista in merito alla possibilità di esistenza di una cittadinanza altra e di un luogo altro, il cui nucleo risale al 2016 con lo studio dei campi per rifugiati, intesi come città dove un’altra idea di cittadinanza può essere sperimentata. Si ricorda Fountains of Za’atari, un progetto sviluppato all’interno di uno dei campi profughi riconosciuto come la quarta città della Giordania. Anche qui, Moscardini ha elaborato un lavoro a lungo termine che comprende concetti di extra-territorialità, di “power vacuum” su suolo nazionale.

Margherita Moscardini, Inhabiting without Belonging, 2020. Veduta della mostra presso Renata Fabbri arte contemporanea, Milano. Fotografia di Andrea Rossetti. Courtesy l’artista e Renata Fabbri arte contemporanea

In particolare, Inhabiting Without Belonging comprende una serie di sculture e disegni elaborati immaginando una Terra non appropriabile, come sono ad esempio le porzioni di Alto Mare. Questi luoghi, infatti, rientrano tra le poche aree del pianeta non sono sottoponibili alla sovranità di alcuno stato e vengono intese come una risorsa per l’umanità; un bene comune che, attraverso accordi internazionali, può essere attraversato e utilizzato a scopi di ricerca e per lo sfruttamento di risorse. L’artista identifica queste aree come vuoti densi di potenzialità, che da un lato sottolineano l’impossibilità di appropriazione del pianeta e dall’altro evidenziano la necessità di un nuovo tipo di visione che sia in grado di adattarsi a questo tempo. Riflessione non superflua, soprattutto in questo periodo di emergenza sanitaria, in cui la consapevolezza della caducità della vita e del nostro essere ospiti del mondo emerge ulteriormente. Il progetto esposto parte quindi dai disegni di queste porzioni di alto mare a cui vengono dati dei titoli, in inglese, che indicano la loro posizione all’interno del pianeta (per esempio The High Seas of The Planet Earth, Pacific Ocean oppure Atlantic Ocean Northern Hemisphere and Mediterranean Seas). In un secondo momento questi disegni sono stati trasformati in vere e proprie sculture attraverso dei calchi e poi fusi in vetro utilizzando un pigmento che dona all’opera finale un colore bluastro ricordando appunto il fondo del mare. I lavori, che come precedentemente accennato, sono stati pensati site-specific per gli spazi della galleria, vengono esposti su dei supporti la cui superficie riflettente evidenzia la profondità della scultura e la totalità delle sfaccettature. Giungendo dalla strada e avvicinandosi alla galleria, si nota sin da subito la stretta relazione tra le sculture e lo spazio circostante. Fondamentale la luce diurna nel trafiggere la trasparenza delle sculture, facendo risaltare le diverse tonalità di colore e trasportando quasi lo spettatore in un mondo altro, una immersione totale che consente di raggiungere la riflessione dell’artista. L’esposizione riflette una volontà di neutralità e purezza dello spazio così che le sculture, in assenza di barriere, possano dialogare tra loro e con l’ambiente circostante. Da non sottovalutare la scelta di presentazione del titolo, le cui lettere, fuse in bronzo, occupano una parete della prima sala.

Margherita Moscardini, Inhabiting without Belonging, 2020. Veduta della mostra presso Renata Fabbri arte contemporanea, Milano. Fotografia di Andrea Rossetti. Courtesy l’artista e Renata Fabbri arte contemporanea

“Abitare senza appartenere” è una citazione del saggio di Silvia Bottani, una riflessione proprio sulla dinamica artistica di Moscardini. Qui si legge: “[…] Nella proposta di Moscardini è possibile rinvenire un’idea del disabitare che ci suggerisce pratiche ancora inesplorate. Disabitare inteso come rinuncia a un’idea precostituita dell’abitare, a favore di forme alternative, leggere ma non di meno portatrici di senso”. L’artista ha voluto tradurre il titolo in inglese così da rispettare l’idea di internazionalità e comunione tra tutti i popoli; l’inglese, infatti, è riconosciuta come la lingua più parlata nel mondo. Non solo, l’artista ha voluto che i caratteri della scritta fossero realizzati da una bambina di 9 anni siriana che, nella sua tenera età, conosce e parla già tre differenti lingue. Simbolica come scelta, ancora una volta a voler sottolineare la necessità di non-appartenere a uno specifico luogo. Inoltre, il bronzo utilizzato per la realizzazione delle lettere non è stato lavorato ulteriormente ma lasciato nel suo stato grezzo tranne in alcuni punti, in cui attraverso il raschiamento viene fatta emergere la luminosità e brillantezza di questo materiale: il bronzo che esteticamente brilla come l’oro, è un materiale che vale molto meno. Un po’ come determinate popolazioni che per la loro etnia vengono considerate ai margini della società. Al di là della parete che comunica con la sala successiva è stato posizionato il modello del planisfero da cui l’artista ha prelevato le sue porzioni di Alto Mare, così che lo spettatore possa intendere la prima sala come una proiezione del progetto cartografico. La mostra continua al piano inferiore differenziandosi però in un altro “viaggio”. Scendendo le scale infatti si possono vedere i disegni preparatori delle sculture, che sono stati lasciati a terra quasi a voler esprimere il “work in progress” tipico del lavoro di Margherita Moscardini. Appeso al muro invece vi è il “progetto futuro” custodito nella cornice in rovere, aprendo nuovi orizzonti e speranze.

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