03 gennaio 2020

Mendieta e Maiolino. La forza, oltre il genere, qui e ora

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Alla Galleria Cortese di Milano Ana Mendieta e Anna Maria Maiolino, due artiste che portano lo spettatore in un territorio inedito tutto da esplorare, in cui antico e contemporaneo, azione e materia, anima e corpo indagano la condizione umana

maiolino mendieta cortese

Ana Mendieta e Anna Maria Maiolino si confrontano negli spazi della galleria di Raffaella Cortese a Milano.

Al numero 4 di via Stradella, incanta l’immagine di attitudine pittorica di Ana Mendieta (Nata a Havana nel 1948 e morta a New York nel 1985), artista cubana – americana, nota per aver raggiunto nel corso della sua intensa e prolifica carriera una mirabile sintesi tra Body e Land Art, in cui il corpo è il linguaggio di pratiche rituali volto a fondersi con il paesaggio, attraverso performance dall’energia sciamanica ipnotizzante.

I suoi film, fotografie, sculture e disegni sono incentrati sull’essenza magica-rituale della compenetrazione tra corpo femminile e natura. Qui in un’unica stanza tre film, rispecchiano il suo sguardo critico ed estetico sul mondo, e sono imperdibili Mirage (1974) e Source (1975) , esposti per la prima volta in Italia, a seguito del restauro e conversione digitale del formato Super-8mm e 16mm intrapresa dall’Estate of Ana Mendieta.

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Ana Mendieta
Source, 2019
Installation view at Galleria Raffaella Cortese, via Stradella 1, Milano

 

La mia arte è il modo in cui ristabilisco i legami che mi uniscono all’Universo

“La mia arte è il modo in cui ristabilisco i legami che mi uniscono all’Universo, è il ritorno alla fonte materna”, diceva Mendieta nel 1983. Nella sua carriera l’artista ha realizzato 104 film e video tra il 1971 e il 1981, e le sue opere sono attualissime perché le sue azioni performative smuovono riflessioni sul rapporto tra il corpo femminile e la Natura Madre, con immagini metaforiche e poetiche, dove nascita, maternità, rigenerazione perenne si trasformano in materia del ripensare la Terra in relazione con l’energia cosmica.

Nel film Birth (Gunpoweder Works) (1981), una silhouette femminile di fango secco e screpolato adagiato in una secca lungo il fiume Iowa genera fumo bianco, che fuoriesce dalla fessura evocante un grembo materno che poi si dissipa, lasciando dietro terra bruciata. Questo lavoro rimanda alla nota serie Silueta (Silhouette), in cui l’artista ha plasmato sagome che riproducono la forma o il contorno del proprio corpo, con materiali naturali come terra, fango, neve, muschio, fiori, foglie, pietre, simili a statuette votive per evidenziare l’intreccio tra performance e Land Art.

I suoi “calchi” sono a  testimoniare la sua necessità di mettersi in relazione con l’intero universo, in una fusione panica con la Natura. E negli anni Settanta dell’attivismo e dei gruppi di autocoscienza femminista, quando il corpo femminile diventa “sociale”, è lo strumento ideale di performance che mirano a mettere in pubblico il privato (secondo il motto “il pensare è politico”), con l’obiettivo di investigare le differenze di genere, per contestare le impostazioni maschili e smuovere pregiudizi intorno agli stereotipi della bellezza.

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Anna Maria Maiolino
Aqui e Agora, 2019
Installation view at Galleria Raffaella Cortese, via Stradella 7, Milano

Anna Maria Maiolino, “aqui e agora”

In quest’ottica femminile più che femminista, ovvero quando la Body Art già alla base di performance e happening dagli anni Sessanta, il corpo inscena un linguaggio analitico anche per Anna Maria Maiolino (Nata a Scalea nel 1942, vive e lavora a San Paolo in Brasile), che nel 2020 celebra il decimo anno di collaborazione con la galleria milanese.

L’artista italo-brasiliana al numero 1 e 7 di via Stradella coinvolge tutti i sensi, incluso il pensiero sul guardare l’arte contemporanea con la sua mostra monografica dal titolo “Aqui e Agora”, qui e ora, con una carrellata di opere storiche e recenti in cui si ripercorre la pratica poliedrica dell’artista intorno alla declinazione del corpo femminile e in risposta alla dittatura e alla censura del Brasile del secondo Novecento.

Per entrare nel vivo delle azioni politiche e poetiche di Maiolino è necessario osservare i suoi gesti introspettivi, attraverso diversi media in cui fotografie, sculture organiche, video comprendono l’idea di un corpo diffuso, politico, sociale intimo e riservato nell’istante in cui compare, in cui tutto diventa paesaggio emotivo. Da non perdere sono le fotografie della celebre serie Fotopoemaçao (2018) in dialogano tra loro. I quattro scatti di Aos Poucos (Little by little), del 1976, rimandano alle sue azioni politiche in radicale opposizione alla dittatura militare brasiliana, quando il femminicidio era una pratica “legale”, esercitata contro tutte le donne sospettate di resistenza o in opposizione al regime.

Maiolino nelle opere recenti trasforma la sua rabbia contro gli abusi di potere maschile in generale attraverso l’uso dichiaratamente politico del proprio corpo in una poetica più intima, in cui anche la voce si propone in dialogo riservato, con il paesaggio. Come dimostra il video raramente esposto Um Tempo (uma vez), One Time, (Once), 2009/2012, in cui l’artista legge una poesia in portoghese e al tempo stesso le parole della traduzione inglese compaiono sullo schermo, e anche il suono di questa lingua musicale invita al viaggio l’osservatore in un territorio femminile inedito tutto da esplorare, in cui antico e contemporaneo, mondo interiore ed esteriore, azione e materia, anima e corpo indagano la condizione umana oltre le differenze di genere.

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