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Merz e Palermo: un progetto di futuro
Arte contemporanea

Quando arrivò Manifesta a Palermo, nel 2018, i più scettici dissero che alla città non sarebbe rimasto nulla: ben sappiamo quanto possano essere inutili a livello sociale le operazioni calate dell’alto. Più ampio, invece, fu l’eco di chi affermava che Manifesta aveva avuto un pregio: far scoprire Palermo, più che gli artisti esposti.
Operazione quasi riuscita se è vero, come afferma Massimo Valsecchi, collezionista che a Palermo ha aperto Palazzo Butera, che da allora la città siciliana è diventata un po’ meno periferica nella geografia del contemporaneo in Europa.
Su questa lunghissima scia, interrotta come ogni altra cosa dalla pandemia, ad aprire le sue porte martedì 26 ottobre, è stato anche ZAC Centrale, ovvero un protocollo d’intesa tra Comune di Palermo e Fondazione Merz di Torino, che per i prossimi 3 anni avrà qui la sua seconda base (su modello di cogestione pubblico-privato) dopo aver lavorato in Sicilia anche con BAM, la Biennale Arte Mediterraneo, la cui ultima edizione si è tenuta nel 2019.

Si intitola “L’altro, lo stesso” questa mostra-epifania, a cura di Beatrice Merz e Agata Polizzi, ispirata al titolo di Borges El otro, el mismo, costruita nel segno della libertà e del dialogo, e che riporta in vita – grazie allo spettacolare restauro sostenuto da Merz – il più ampio Padiglione dei cantieri culturali alla Zisa.
Dentro e fuori dalle sue mura dialoghi: con la città, con i visitatori grandi e piccoli (l’ingresso è gratuito), e tra gli artisti. «La mostra – ci spiega Agata Polizzi – è costruita come un dispositivo attraverso il quale si innesteranno le opere e i percorsi che si avvicenderanno, lasciando in permanenza – al centro della grande area – la Doppia spirale (1990) che porta su di sé il neon Se la forma scompare la sua radice è eterna (1982) e l’immensa Pietra serena sedimentata depositata e schiacciata dal proprio peso così tutto quello che è in basso va in alto e tutto quello che è in alto va in basso sopraelevazione e opera incerta di pietra serena (2003) di Mario Merz, oltre ad una serie incredibile di disegni e piccole sculture (Testine) di Marisa Merz».
Da questa “natura”, da questo spirito umano e architettonico attraverso il quale disporre bellezza, per questa occasione possiamo incontrare un grande wall di Lawrence Weiner, Built at the edge of grass (2007), la grande installazione fotografica di Lida Abdul Time, Love and the Workings of Anti-Love (2013), Emily Jacir con Le maglie del pomeriggio, Roma 29 marzo 2020, il bel video dedicato al Vesuvio di Rosa Barba, ma anche l’installazione luminosa di Alfredo Jaar in facciata, Two or three things I know about the monster (2016-19), l’opera protagonista della splendida installazione al Teatro Bellini in occasione di BAM 2019, e che oggi dialoga idealmente con il vicino Istituto Antonio Gramsci, una delle raccolte librarie più importanti dedicata alla storia della Sicilia e Palermo.

«L’aspetto più interessante di questo accordo è la sinergia che la Fondazione Merz sta attuando, ovvero l’idea di costruire un lavoro condiviso, di tenere sempre presente un confronto aperto con la città – spiega l’Assessore alla Cultura, Mario Zito, che continua – il fatto che la Fondazione entri nel dibattito cittadino con una dimensione internazionale, è per noi un grande onore che vorremmo far capire e interagire. Il progetto di ZAC Centrale dovrà vivere mediando con il territorio, in maniera relazionale».
D’altronde, proprio per evitare il margine dell’errore dell’autoreferenzialità – mai come oggi una questione da evitare – l’arte contemporanea deve mantenere un contatto con la realtà; quello che rimase dopo Manifesta, a Palermo, di fatto venne concepito proprio grazie allo sguardo degli artisti. E in questo progetto di Merz per ZAC ci sono molti di questi aspetti: il nutrimento “sociale”, l’idea di una circolarità, il concetto del “prendersi cura dell’altro” e di sconfinare.

«Questa apertura è la prima festa, ma deve essere anche la prima costruzione di un percorso», rimarca Zito, che insiste anche sul fatto che non si può considerare Palermo come territorio da colonizzare, per il suo essere città indomabile, aperta e allo stesso tempo contraddittoria, incredibilmente bella e problematica.
Un luogo in cui è racchiusa tutta la magia del titolo “L’altro, lo stesso”, dove centinaia di etnie vivono e convivono: una cifra imprescindibile di tutta l’arte contemporanea e non solo.
E così, ZAC Centrale con Fondazione Merz, andrà ad arricchire quello che Zito definisce un “progetto di città”, ovvero un insieme di attori (da Palazzo Butera alle gallerie private, dalla Fondazione Barbaro alle realtà della Magione e della Kalsa, dagli spazi indipendenti agli Archivi e ai musei storici) in cui nessuno soccomba sotto un unico disegno, ma si possa innescare un dialogo continuo e arricchente che non sia né una dispersione di energie, né di fondi.