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Mio vanto, mio patrimonio: l’arte del ‘900 nella visione di Leone Piccioni
Arte contemporanea
“Mio vanto, mio patrimonio”, Leone Piccioni l’aveva scritto riferendosi a una bellissima tela di Giorgio Morandi, Natura morta del 1952, che nella sua casa romana contemplava mentre stava seduto sul divano nei momenti di relax. Un’opera sublime, dalla mille tonalità cromatiche che mutano al variar della luce, toni caldi e aranciati si associano a bianchi profondi e a campiture grigiastre. Ecco dunque svelato il clou della mostra al Museo della Città di Pienza: il quadro è infatti esposto – al piano terreno di un antico palazzo non lontano dalla sede espositiva – in una piccola saletta con luce diffusa, calda accogliente così da ricreare la stessa atmosfera tanto cara a Leone Piccioni.
Leone Piccioni (1925-2018), critico letterario e fine intellettuale, ha sempre avuto un rapporto privilegiato con gli artisti del Novecento e questo l’ha portato a costituire una raccolta di opere che, in qualche modo, rispecchiava il suo sentire, i suoi rapporti, i suoi interessi e i suoi amori. L’amore per la poesia, che ha assiduamente frequentato, è idealmente il fil rouge che attraversa e collega tutte le 95 opere in esposizione a Pienza. Artisti per lo più italiani, molto diversi tra loro, che ha conosciuto, frequentato, amato e dei quali, spesso ha scritto brevi “ritratti”. Piccioni è attratto da minimi particolari che annota sulla carta come se fossero tratti rapidi di uno schizzo, pennellate di colore che colgono elementi significativi ed essenziali della loro opera e del loro essere artisti.
La mostra, curata da Gloria Piccioni, la figlia di Leone, e Piero Pananti “assomiglia” un po’ a Leone Piccioni e focalizza gli intrecci culturali tra arte, poesia e letteratura che sono stati una costante della sua vita. Mette in luce, anche, la contaminazione tra le arti di cui “L’Approdo” rappresenta uno dei primi esempi per essersi sviluppato – in epoche ormai lontane – tramite differenti media, come la radio, la carta stampata e la televisione e del quale Piccioni è stato uno degli ideatori e promotori.
La collezione di Piccioni è dunque abbastanza eterogenea: da Giorgio Morandi, con il quale per circa un decennio ha intrattenuto rapporti amichevoli ed epistolari, ad Alberto Burri a cui è stato legato da una lunga frequentazione. E poi gli artisti romani (nativi o di adozione) come Renato Guttuso, Mario Mafai, Giuseppe Capogrossi, Afro Basaldella, Franco Gentilini o i toscani Ottone Rosai, Mino Maccari e Venturino Venturi dei quali sicuramente era venuto a conoscenza a Firenze sin dagli anni dell’università. È inoltre da sottolineare l’interesse per gli artisti che, durante le estati al Forte di Marmi, si ritrovavano al Quarto platano del Caffè Roma, come Carlo Carrà e Mario Marcucci, che Piccioni, insieme a Roberto Longhi, Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale, Piero Bigongiari ed Enrico Pea, ha lungamente frequentato, oppure per l’arte Pop italiana e in particolare per gli artisti di Piazza del Popolo, come Mario Schifano e Giosetta Fioroni.
Non mancano poi altri grandi classici dell’arte italiana del Novecento, come Giacomo Manzù, Filippo De Pisis, Lucio Fontana, Ennio Morlotti, Piero Dorazio, Carlo Guarienti, Remo Bianco, Mario Ceroli o figure sicuramente meno conosciute come Gregorio Sciltian ma non per questo di minor valore. Oppure alcune incursioni nella pittura straniera, con Jean Fautrier, George Grosz e Graham V. Sutherland.
L’esposizione, dunque, propone un percorso nella vita e nell’anima di Leone Piccioni che da intellettuale colto e poliedrico ci mostra uno spaccato di Novecento intriso di arte e letteratura.
“Mio vanto, mio patrimonio” L’arte del ‘900 nella visione di Leone Piccioni, a cura di Piero Pananti e Gloria Piccioni, Museo della Città, Pienza
Dal 29 agosto 2020 al 10 gennaio 2121
Orario: dalle ore 11 alle ore 18, chiuso martedì