08 febbraio 2024

Nella profondità dell’immagine: a Roma, una mostra tributo a Umberto Bignardi

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Alla Galleria Valentina Bonomo di Roma, una mostra dà l'occasione di ripercorrere la vicenda di Umberto Bignardi, figura centrale della sperimentazione artistica italiana del Secondo Novecento

Umberto Bignardi, Di nuovo a Roma, veduta della mostra, Galleria Valentina Bonomo, Roma, 2023 - 2024 © Christian Rizzo
Umberto Bignardi, Di nuovo a Roma, veduta della mostra, Galleria Valentina Bonomo, Roma, 2023 - 2024 © Christian Rizzo

Quando la ressa pubblicitaria che accompagna l’attualità si è diradata, gli imperturbabili che non hanno mai smesso di perseguire le proprie idee senza badare a come compiacere il main stream, li ritroviamo improvvisamente ben visibili, come quegli oggetti che il mare non è riuscito a inghiottire nel suo moto incessante e che, letteralmente, restano “sulla cresta dell’onda”. Questo ritorno di Umberto Bignardi per la mostra alla Galleria Valentina Bonomo di Roma, la città che con incontri cruciali ha determinato le sue scelte decisive negli anni straordinari che vanno dal 1955 al 1980 – un quarto di secolo, dunque – è più che opportuno e ricco di promesse, che ci auguriamo diano presto altri frutti.

Nel 1994, in occasione della sua importante antologica al Museo Laboratorio della Sapienza, curata da Maurizio Calvesi e Laura Cherubini, si cominciò a far ordine nel suo lavoro, a ristabilire la sua reputazione storica, aprendo la strada a una nuova stagione, che ha reso possibile anche alla critica più giovane (Lorenzo Madaro ad esempio, che di Bignardi si occupa ormai da vari anni) di accostarsi finalmente alla sua opera. Da quella sono seguite molte altre mostre che lo hanno rimesso in circolazione in tutta Italia, in Francia e, nel 2015, persino alla Tate Modern di Londra, dove è stata riproposta l’opera Motion Vision (1966-67), esposta nel 2016 anche nel Teatro di Palazzo Grassi a Venezia, in occasione della mostra alla Fondazione Guggenheim IMAGINE, l’arte italiana 1960-69.

Umberto Bignardi, Di nuovo a Roma, veduta della mostra, Galleria Valentina Bonomo, Roma, 2023 - 2024 © Christian Rizzo
Umberto Bignardi, Di nuovo a Roma, veduta della mostra, Galleria Valentina Bonomo, Roma, 2023 – 2024 © Christian Rizzo

Una fantastica generazione

Umberto Bignardi si è trovato naturalmente a rappresentare una leadership con grande anticipo sui tempi, per destino, senza una volontà preordinata e senza strafare, seguendo semplicemente la propria vocazione che era quella di gettare un ponte tra l’arte e le nuove tecnologie della visione, con la sottile speranza, fra l’altro, di apportare qualche beneficio sociale con la propria ricerca, che si proponeva laicamente di uscire dalla categoria di artista con possibili velleità di demiurgo creatore, semmai qualcuno avesse preteso di ritornarvi.

Il correttivo fornito dall’inserimento di alcuni accorgimenti tecnici – la proiezione di diapositive da cui ricavare l‘immagine, le sagome da cui trarre i profili di una forma, la semplificazione fornita dalle icone pubblicitarie – era in quel momento la rettifica a certa magniloquenza accademica e un modo di tornare all’essenza archetipica delle forme, al lato fantasmatico e ideale che sta all’origine dell’immagine.

Umberto Bignardi, Di nuovo a Roma, veduta della mostra, Galleria Valentina Bonomo, Roma, 2023 – 2024 © Christian Rizzo

Si trattava in genere di una maniera elementare di ricavare una metrica compositiva, orchestrabile su diversi formati e supporti, con tecniche quasi artigianali e, soprattutto, poetiche, perché si stava inventando un altro modo di tornare alla raffigurazione con la freschezza di mezzi nuovi, frutto della sensibilità stilistica del momento. Nessuno si spinse tanto in là, tuttavia, nell’indagare la struttura dell’immagine, quanto Bignardi.

A Roma, di quella generazione – Bignardi è nato nel ’35 – era stato il primo, nel ’55, ad arrivare e, nella classe di scenografia dove circolavano anche Carlo Battaglia, Anna Paparatti e, un anno dopo, Jannis Kounellis e Pino Pascali, doveva ambientarsi subito. Il maestro, Toti Scialoja, era dei migliori, un pittore-poeta, amante del teatro per cui creava scenografie, che con la sua vasta cultura e sensibilità avrebbe allevato alcune generazioni di pittori.

Umberto Bignardi, Di nuovo a Roma, veduta della mostra, Galleria Valentina Bonomo, Roma, 2023 - 2024 © Christian Rizzo
Umberto Bignardi, Di nuovo a Roma, veduta della mostra, Galleria Valentina Bonomo, Roma, 2023 – 2024 © Christian Rizzo

Proprio in quegli anni, Scialoja era nel cuore della sua esperienza americana. Andava e veniva da New York, riportandone racconti capaci di accendere l’immaginazione del suo uditorio, stimolandolo all’avventura, e fu proprio lui a presentargli nel ‘57 Cy Twombly: un incontro fondamentale per Bignardi, perché corroborò la sua capacità di stabilire un dialogo tra le proprie emozioni e le tonalità affettive che da allora accompagnarono la sua pittura, facendo emergere, a mano a mano, la presenza del soggetto nell’opera.

Con grande libertà, subito dopo, Bignardi inizierà a intrecciare nei suoi quadri, anche di notevoli dimensioni, una serie di appunti, dove si combinano le immagini pubblicitarie, le ricerche e le note sul fronte scientifico, i commenti personali e la propria necessità di aprirsi al grande scenario nel mondo, che ovunque, stava trasformandosi completamente, non solo negli Stati Uniti.

Umberto Bignardi, Di nuovo a Roma, veduta della mostra, Galleria Valentina Bonomo, Roma, 2023 - 2024 © Christian Rizzo
Umberto Bignardi, Di nuovo a Roma, veduta della mostra, Galleria Valentina Bonomo, Roma, 2023 – 2024 © Christian Rizzo

A Roma, inoltre, l’attività del Cinema, con le sue troupe, registi e attori, si mescolava continuamente alla vita artistica, letteraria e sociale della città e aggiungeva uno stimolo in più. Molti artisti in quegli anni sopravvissero grazie ai ruoli, anche piccoli, che in più occasioni il cinema offriva loro, l’intero insieme, abbinando quel tocco di glamour, appariscenza e risonanza che faceva scalpore, agiva da ulteriore sprone. In poco tempo, grazie alla sua consapevolezza, intelligenza e lealtà, Bignardi divenne uno dei compagni più amati da Pascali, Kounellis, Fioroni e Twombly, apprezzato da galleristi e critici che subito si accorsero del suo talento e della raffinatezza della sua ricerca. Già nel 1959 troviamo Bignardi inserito nella mostra proposta da Cesare Vivaldi Giovane pittura a Roma, in una galleria tra le più rinomate, La Tartaruga di Plinio De Martiis, insieme ai nomi di Rotella, Scarpitta, Perilli, Novelli, Accardi, Sanfilippo, con uno stacco fra lui ventiquattrenne e gli altri, dagli otto anni di differenza con Perilli, sino ai diciotto nel caso di Rotella.

Le prime mostre, gli studi, le svolte

Del 1961 è la sua prima personale da Plinio De Martiis. L’anno seguente grazie all’uso del collage comincia ad abbandonare la pittura informale e ad assumere uno sguardo analitico, estremamente attento alla struttura della foto prescelta, riconoscendo la diversità di messaggio contenuto nella pubblicità di moda, in quella di un prodotto, nelle fotografie dello sport o in quelle di carattere tecnico scientifico. Bignardi si rende conto non solo dell’importanza socio economica della pubblicità in America, ma del livello scientifico di questa pratica, constatando l’assenza, dalla Controriforma sino al suo tempo, di una continuità tra il pensiero scientifico e l’arte in Italia, tanto da voler tornare a Galileo, ossia “all’origine delle esplorazioni originarie del mondo moderno”. Il suo tornare al disegno, ma dal collage, ricorda l’appello di De Chirico di “ritornare alle statue”, ovvero a disegnare dai calchi in gesso e dalle copie, invece che dal vero.

Umberto Bignardi, Di nuovo a Roma, veduta della mostra, Galleria Valentina Bonomo, Roma, 2023 - 2024 © Christian Rizzo
Umberto Bignardi, Di nuovo a Roma, veduta della mostra, Galleria Valentina Bonomo, Roma, 2023 – 2024 © Christian Rizzo

Nel 1965 inizia i suoi studi sulle cronofotografie dell’inglese Eadweard Muybridge e del fotofinish. L’anno successivo lascia la Tartaruga di De Martiis per L’Attico. Alberto Boatto lo aveva presentato a Fabio Sargentini e Bignardi fu il primo tra i giovani artisti a entrare nella galleria che, nel 1966, si trovava ancora al piano attico di Piazza di Spagna, gestita soprattutto da Bruno Sargentini.

Si ha, da ora, una vera e propria svolta, sia nel lavoro di Bignardi che in quello di un giovanissimo Fabio Sargentini, allora ventiseienne. La mostra, infatti, oltre a tre cicli di disegni – Dell’impegno e del disimpegno, Dei movimenti dell’uomo e degli animali, Delle geologie (dedicato a sezioni geologiche e orografiche e a diverse  stratigrafie di terreni) – presenta grandi opere a tecnica mista su cristallo come Grande Gaine e Sud Est Asia (del 1965), nonché opere in movimento reale, dove la progettazione dei differenti cicli di disegni si interseca, con studi di sequenze diverse per ciascuno, attraverso specchi rotanti e altri congegni visivi, approdando poi a due tipi di macchine della meraviglia con il Prismobile e il Fantavisore (1965).

Umberto Bignardi, Di nuovo a Roma, veduta della mostra, Galleria Valentina Bonomo, Roma, 2023 - 2024 © Christian Rizzo
Umberto Bignardi, Di nuovo a Roma, veduta della mostra, Galleria Valentina Bonomo, Roma, 2023 – 2024 © Christian Rizzo

Alberto Boatto nel suo testo di presentazione, acuto e dettagliato, rileva «La confluenza tra ricerca pop e op e l’impiego di nuove tecniche e soluzioni formali – dalla neon art alle shaped canvas -», ma si può dire, anche, che assistiamo qui a un chiaro passaggio dalla parete all’ambiente in una dimensione che non aspira più solo a restare chiusa in una stanza, ma a uno spazio collettivo e pubblico come quello della strada. Espone in quello stesso anno anche alla XXXVII Biennale di Venezia nella Sezione dedicata alla grafica e al Teatro La Fenice in “Lavori in corso”, organizzata da Fabio Sargentini. In quell’anno, attraverso Alfredo Leonardi, si avvicina al cinema indipendente e inizia la collaborazione con alcuni esponenti del teatro-immagine.

Umberto Bignardi, Di nuovo a Roma, veduta della mostra, Galleria Valentina Bonomo, Roma, 2023 – 2024 © Christian Rizzo

Oltre i confini

Crea nel 1967 il Rotor, uno schermo cilindrico che ruota, concepito come tutt’uno con la proiezione del film Motion/Vision, su cui si alternano superfici riflettenti e assorbenti. Il Rotor verrà poi esposto in due mostre collettive: Fuoco, Immagine, Acqua, Terra alla galleria L’Attico di Roma, curata da Maurizio Calvesi e Alberto Boatto e Arte Povera e Im-Spazio alla galleria La Bertesca di Genova, con cui Germano Celant doveva dar inizio al movimento di cui fu il grande promotore.  Alla fine del 1966, infatti, Bignardi era entrato in contatto con Celant, che gli dimostrava grande stima, prospettandogli un destino diverso per le sue ultime invenzioni in direzione dell’architettura, della città e del teatro.

In sostanza la personalità di Umberto Bignardi è un perno da cui non si può prescindere, se si vuol rileggere lo sviluppo che dalla generazione dei pittori post-informali, si sposta progressivamente, e a ritmo sostenuto, verso un altro approccio all’immagine attraverso nuovi materiali, metodi, concezioni e invenzioni tecnologiche, per arrivare sino alle soglie dell’Arte Povera.

Quel bisogno di superamento dei confini disciplinari, come degli spazi dell’arte che stava già per organizzarsi in sistema dell’arte, chiudendosi in un circuito autoreferenziale, dopo l’esperienza di Illuminazione con Mario Ricci nel ’67 – spettacolo il cui centro è il Rotor – Bignardi ritenne di poterlo realizzare più correttamente, dal 1968, iniziando una collaborazione con grandi aziende industriali e in particolare con la Olivetti, con cui svilupperà progetti innovativi, come l’Implicor (1971) – un sistema che potremmo definire di comunicazione totale che nel 1972 divenne il clou dell’esposizione Italy: The new domestic landscape, al MoMA – Museum of Modern Art di New York, curata da Emilio Ambasz. In seguito la sua collaborazione si sviluppò anche con IBM e varie altre industrie, senza mai prescindere dalla costante della sua progettazione, il disegno.

Umberto Bignardi, Di nuovo a Roma, veduta della mostra, Galleria Valentina Bonomo, Roma, 2023 – 2024 © Christian Rizzo

La mostra da Valentina Bonomo

Questa mostra da Valentina Bonomo mette l’accento soprattutto sui magnifici disegni di Umberto Bignardi e sulla sua pittura. Ed è un incontro corroborante, dove la qualità, l’eleganza, la fragranza del suo lavoro splendono di luce, un assaggio che può far solo desiderare che una grande mostra riesca presto a ricostruire attraverso i suoi disegni e la pittura, quelle macchine meravigliose, che sono il suo punto di arrivo.

Alla Fiera Roma Arte in Nuvola 2023, la Galleria Valentina Bonomo è stata insignita del Premio Discovery, proprio per Umberto Bignardi, con questa motivazione: «In quanto riesce perfettamente a coniugare approccio pittorico, grafico e gestuale, grazie alla sua attitudine e all’esperienza maturata nell’interazione tra molti linguaggi creativi, e per la costante e innovativa ricerca tecnologica che traspone nel suo lavoro, facendo di lui un vero sperimentatore visuale».  Non si può che concordare con questo giudizio su di un artista che oltre a essere unico per l’eccellenza delle sue qualità, è stato eticamente coerente in ogni suo comportamento, sino alla fine.

Umberto Bignardi, Di nuovo a Roma, veduta della mostra, Galleria Valentina Bonomo, Roma, 2023 – 2024 © Christian Rizzo

La mostra di Umberto Bignardi, intitolata Di nuovo a Roma e  a cura di Lorenzo Madaro, sarà visitabile presso la Galleria Valentina Bonomo fino al 10 febbraio 2024.

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