16 ottobre 2022

Nove disegni infernali di Luisa Rabbia per The Drawing Hall

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Dall’Abuso alla Separazione, dall’Ingiustizia alla Perdita: a margine della mostra da The Drawing Hall di Bergamo, Luisa Rabbia ci parla del suo rapporto con il disegno

Luisa Rabbia, Loss, 2022, pastelli a cera su acrilico su carta, 114x157 cm. Courtesy l’artista e Peter Blum Gallery, New York. Foto Dario Lasagni

Luisa Rabbia, artista torinese che dal 2000 vive a New York, è tornata in Italia con una mostra personale composta da un ciclo di opere realizzate appositamente per The Drawing Hall. Alla base del progetto espositivo emerge il concetto di disegno, fondamento della produzione recente dell’artista.

The Drawing Hall rappresenta, infatti, uno spazio di ricerca che si inserisce all’interno del mondo dell’arte contemporanea analizzando l’evoluzione del ruolo del disegno per tutti coloro che ne hanno fatto il loro linguaggio rappresentativo. L’analisi parte dall’embrionale processo di creazione fino al momento in cui si va a delineare e definire come vera e propria opera d’arte. Tutto ciò che precede e compone ogni mostra viene raccolto e raccontato all’interno di un Quaderno e in un documentario dedicati, che ne ripercorrono il processo creativo.

Il Quadernon.4 con un testo di Veronica Santi, curatrice dell’anteprima che si è tenuta a Bergamo lo scorso settembre, presenta, infatti, una sezione di opere che tracciano il percorso di Rabbia lungo le tappe della sua carriera e i momenti cruciali dietro la creazione dei disegni esposti.

L’artista da sempre rappresenta e indaga l’individuo nelle sue controverse contraddizioni. Pietra, ceramica, tela, carta, sono i materiali con cui ha rappresentato e plasmato la complessità della vita. Homeless, migranti, solitudine e reciprocità si incontrano in un tragitto che arriva a scavare nelle viscere dell’essere umano e della sua condizione esistenziale. Il documentario sulla mostra, a sua volta, offre una approfondita indagine sul rapporto artista-disegno, attraverso lo sguardo di Marco Marcassoli, regista, e con la produzione di Yanzi srl.

“The Inferno, Broken in Nine Pieces” consiste in una serie di nove disegni realizzati con il pastello a cera il cui tema sono nove aspetti psicologico-esistenziali di una condizione infernale in vita, Abuso, Solitudine, Guerra, Separazione, Ingiustizia, Incapacità di agire, Ansia, Perdita, Il bambino non voluto. In seguito all’anteprima le opere verranno nuovamente esposte a febbraio presso la Peter Blum Gallery di New York, con cui Rabbia espone dal 2011.

 

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The Inferno: intervista a Luisa Rabbia

Qual è l’approccio alla creazione della serie di disegni? C’è la volontà precedente di pianificare un percorso specifico fra i vari quadri o tutto si sviluppa in itinere? lo stesso vale per il disegno isolato, c’è una preparazione o tutto nasce direttamente sul foglio bianco?

«È da un paio di anni che in studio sto riflettendo sull’inferno terreno attraverso una serie di opere su tela e su carta. Ma quando ho approcciato l’idea di rappresentare nove stati emotivi per la mostra a The Drawing Hall sapevo solo che avrei eseguito nove disegni – nove come i cerchi presenti nell’Inferno della Divina Commedia. Una foto del disegno “La voragine infernale” di Sandro Botticelli era sul mio tavolo da lavoro quando ho iniziato a tracciare le prime linee. In un attimo, nel mio disegno, le costole umane hanno preso il posto dei cerchi danteschi e una testa ha preso il posto della sfera dove il Botticelli aveva rappresentato Lucifero».

Luisa Rabbia, Abuse, 2022, pastelli a cera su acrilico su carta, 114×157 cm. Courtesy l’artista e Peter Blum Gallery, New York. Foto Dario Lasagni

Come mai la scelta del disegno?

«Penso sia difficile spiegaci perché un’artista scelga di disegnare o dipingere piuttosto che di scolpire o di fare film. E ancora più difficile per me è, a questo punto, spiegare cosa voglia dire disegnare. Negli ultimi anni, il confine fra la pittura e il disegno si è assottigliato. Il disegno è alla base di tutto quello che faccio perché è il processo che mi mette nella condizione mentale adatta per creare.

La linea è traccia, sia che io la lasci sulla superficie con una matita o con una punta di metallo o di legno, sia su carta che su tela. Le mie linee a volte aggiungono e a volte sottraggono, come si vede chiaramente nei lavori su carta di questa serie, in cui ho disegnato perfino con della carta vetro. È il contatto con la superficie che per me è importante, poiché quel contatto porta il silenzio dentro di me e la pressione della mia mano determina il resto. La relazione fra il segno come scrittura e la nostra psiche è importante ma non penso ai miei lavori come autobiografici, piuttosto mi interessa che diventino una raccolta di stati emotivi che appartengono alla natura umana, in un dialogo fra il nostro mutevole io e il tempo in cui viviamo».

Luisa Rabbia, Anxiety, 2022, pastelli a cera su acrilico su carta, 114×157 cm. Courtesy l’artista e Peter Blum Gallery, New York. Foto Dario Lasagni

Da “The Inferno, Broken in Nine Pieces” emerge la presenza di una riflessione profonda sull’esistenza umana. La cassa toracica come punto di discesa negli inferi che non sono altro che le parti più intime di un essere umano spoglio persino della sua pelle di fronte al dolore. L’inferno che vediamo è un inferno di vittime e non di carnefici puniti. Il male, il dolore, la disperazione sono protagonisti. Si vuole rappresentare una condizione di ineluttabilità della condizione umana? Una sorta di nichilistica presa di coscienza della brutalità dell’esistenza? O c’è spazio per la speranza?

«Ho rappresentato nove stati di dolore psicologico, alcuni dei quali possono essere attraversati nel corso della vita da ognuno di noi. La speranza che non accadano esiste, ma vivere una vita senza dolore mi sembra utopia. All’interno di ogni dolore esiste certamente la speranza che non sia inutile, che ci possa insegnare qualcosa, che si possa rinascere, alla fine, in una persona diversa, magari con una consapevolezza del proprio io e una comprensione del mondo più ampie».

Luisa Rabbia, Helpless, 2022, pastelli a cera su acrilico su carta, 114×157 cm. Courtesy l’artista e Peter Blum Gallery, New York. Foto Dario Lasagni

Risulta facile entrare in empatia con i disegni che trasmettono il dolore con una forza tale da non poter non provarlo a propria volta. Si può parlare di opere che pur nella loro solitudine sono collettive?

«Quando nel mio lavoro rappresento il singolo, penso sempre di riflesso all’altro. Noi deriviamo dall’altro e conteniamo l’altro, e con questo intendo che ci sono veramente voluti millenni a creare ognuno di noi. Con questa consapevolezza del passato che è in noi e la responsabilità delle nostre scelte nel nostro presente, non è forse impossibile separare le nostre gioie e dolori dalla dimensione collettiva? I nove inferni psicologici rappresentati nella serie The Inferno, Broken in Nine Pieces (Abuso, Solitudine, Guerra, Separazione, Ingiustizia, Incapacità di agire, Ansia, Perdita, Il bambino non voluto) sono tutti frutto della relazione con l’altro. Nonostante il dolore sia vissuto in solitudine è solo attraverso la conoscenza di noi stessi e delle nostre esperienze che ci possiamo preparare a interagire con il mondo esterno. Penso che ci si prepari allo spazio collettivo in solitudine».

Luisa Rabbia, The Unwanted Child, 2022, pastelli a cera su acrilico su carta, 114×157 cm. Courtesy l’artista e Peter Blum Gallery, New York. Foto Dario Lasagni
Luisa Rabbia, Injustice, 2022, pastelli a cera su acrilico su carta, 114×157 cm. Courtesy l’artista e Peter Blum Gallery, New York. Foto Dario Lasagni
Luisa Rabbia, Loneliness, 2022, pastelli a cera su acrilico su carta, 114×157 cm. Courtesy l’artista e Peter Blum Gallery, New York. Foto Dario Lasagni1

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