21 gennaio 2020

Rimuovete l’intervento in situ di Daniel Buren dal Palazzo Baronale di Novoli!

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Dopo il caso del Kounellis danneggiato pubblichiamo un nuovo appello di Giacomo Zaza. Stavolta per rispettare le volontà dell'artista Daniel Buren, a Novoli

Daniel Buren, particolare del travail in situ a Palazzo Baronale di Novoli
Daniel Buren, particolare del travail in situ a Palazzo Baronale di Novoli

Oggi viene presentata la mostra “La razza nemica. La propaganda antisemita nazista e fascista” nel Palazzo Baronale in Piazza Regina Margherita di Novoli (Lecce). Ciò mi ha lasciato molto perplesso, non certamente per i contenuti della mostra o per la sua peculiarità dell’evento in prossimità del giorno della Memoria. Guardando nel web alcune immagini della mostra, resto sbigottito nel vedere le foto e i documenti allestiti all’interno di una grande sala dove nel mese di gennaio 2017 avevo curato un importante intervento in situ di Daniel Buren, purtroppo non rimosso, che faceva parte di un progetto più ampio congiunto a opere di Sislej Xhafa e H.H. Lim, realizzate in dialogo con il luogo.

Rispettare la volontà dell’artista, e rimuovere l’intervento

Da giorni assisto a una contaminazione inappropriata, sulla soglia dell’assurdo, che unisce l’opera di Buren a opere totalmente estranee ad essa. Nel mezzo della sala dove Buren aveva realizzato un intervento cromatico che occupava tutte le pareti e le particolarità architettoniche dello spazio, vengono esposte intere mostre articolate mediante pannelli in legno a pavimento.
È impensabile che accada un tale approccio grossolano di “innesto” visivo: opere su pannelli bianchi che riguardano un percorso espositivo incompatibile con l’opera di Buren, oppure opere scultoree (come il monumentale cavallo in cartapesta di Mimmo Paladino allestito durante la mostra “Arte Contemporanea per la Comunità” appena conclusa) “avvolte” dal lavoro dell’artista francese. Si tratta di una forzatura e di una mancanza di rispetto. Ciò che sta accadendo trapela un approccio allestitivo superficiale e approssimativo che sminuisce l’opera di Buren e la riduce a scenario decorativo dello spazio.
Anzi, sembra di assistere a un pastrocchio espositivo: una modalità alquanto naif di svolgere attività nella sala dove è ancora presente l’intervento di Buren – questo intervento era nato come opera temporanea per una mostra nel Palazzo Baronale di Novoli dal 15 febbraio al 26 febbraio 2017, ed è stato l’unico intervento in Puglia dell’artista. In cosa consisteva: le pareti della sala erano state interamente dipinte di color verde brillante, mentre nelle lunette della volta e nelle zone interne delle porte erano state realizzate delle bande nere da 8,7 cm tipiche dell’analisi topologica/artistica adottata da Buren.

Il travail in situ di Buren a Novoli

Il lavoro in situ di Buren a Novoli, faceva parte di una serie d’interventi temporanei che discutevano lo spazio architettonico interno e si legavano intrinsecamente alle caratteristiche culturali dei luoghi. Difatti il Palazzo come sede espositiva e centro culturale era stato inaugurato dal Comune di Novoli e dalla Fondazione Fòcara con le mostre di Jannis Kounellis e Francesco Arena nel 2015. Kounellis e Arena avevano realizzato delle importanti installazioni pensate in conformità e dialogo con le sale cinquecentesche del Palazzo Baronale, un palazzo edificato agli inizi del cinquecento dalla casata dei Mattei, conti di Palmariggi, che un tempo ospitava una ricca biblioteca voluta da Alessandro Mattei, umanista e mecenate.

Da una attenta ricerca sulla storia del Palazzo, insieme a Gianfranco Baruchello e Regina José Galindo (artisti invitati ad esporre nel 2016), avevamo appreso che sul finire dell’Ottocento il Palazzo aveva assunto una finalità d’uso pubblica, e non più privata, diventando in parte sede dei Carabinieri e in parte scuola municipale, mentre i suoi sotterranei sono stati convertiti in frantoi; dunque era passato dalla speculazione umanistica dei Mattei (famiglia che promosse anche l’edificazione della chiesa di Sant’Antonio Abate a Novoli) alla fruizione civile da parte della comunità. Tali connotati avevano ispirato gli artisti per importanti opere presentate all’interno delle sale, opere che dovevano essere inderogabilmente temporanee e non restare nel sito, in quanto – come spiegato all’epoca dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Lecce – le pareti delle sale, anche quelle coperte da intonaco, erano ricoperte da pregevoli stratificazioni di affresco, nascosto sotto un intonaco che verrà rimosso.

L'intervento di Daniel Buren a Palazzo Baronale, Novoli
L’intervento di Daniel Buren a Palazzo Baronale, Novoli

Oggi, non ha senso realizzare delle mostre nel mezzo del lavoro in situ di Daniel Buren. Ribadisco, le pareti che riportano l’intervento momentaneo di Buren sono da tinteggiare immediatamente secondo le volontà dell’artista e le direttive della Sovrintendenza. L’opera di Buren dovrebbe essere stata rimossa da tempo, così come sono stati disallestite le opere di Arena, Kounellis, Baruchello, Galindo, Lim, Xhafa.
Mi chiedo, come è possibile che gli organizzatori e i curatori delle attuali mostre presentate nella sala del Palazzo Baronale di Novoli non colgano l’interferenza visiva e il disturbo alla fruizione che arreca il verde brillante e le bande nere? Non sarebbe preferibile un contenitore neutro, una sala bianca dove intervenire? Un white cube cinquecentesco dove immaginare nuove visioni e sconfinamenti linguistici?
Spero venga tolto al più presto il “gesto” artistico transitorio di Buren per la Puglia.

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