16 febbraio 2022

Sebastiano Dammone Sessa, Innesti – CRAC Gallery

di

Un viaggio attorno alla percezione dell’esperienza artistica, con Sebastiano Dammone Sessa alla CRAC Gallery di Terni. Che riaccende il contemporaneo in Umbria

Sebastiano Dammone Sessa, al CRAC. Foto di Alberto Bravini

Una gradito ritorno, nella CRAC Gallery di Terni. Anzi, due. Il primo è il ritorno alle esposizioni della galleria di arte contemporanea umbra, dopo mesi di interruzione (e di rinvii), a causa della pandemia: l’altro, altrettanto gradito, è quello dell’artista Sebastiano Dammone Sessa che espone per la seconda volta nella stessa sede, ma con una serie di nuovi lavori che, come in tutte le sue creazioni, si collocano al centro dell’annosa questione sulle qualità percettive dell’esperienza artistica. Ciò vale sia per i processi di ideazione e realizzazione, sia per quelli della fruizione. Come scrive il curatore della nuova mostra, Maurizio Coccia, Dammone Sessa si ispira alle caratteristiche fisiche e morfologiche del supporto: materiale, forma, dimensioni. Siamo dunque nel pieno del campo fenomenologico, dove i dati immediati della coscienza sono sottoposti a una verifica sperimentale, e non filtrati dall’idealismo di un progetto a monte. Il pubblico di fronte alle sue opere reagisce alle stimolazioni visive mediante una ristrutturazione istantanea del campo percettivo, mette in equilibrio aspetti sensoriali e aspettative intellettuali. Nessun illusionismo prospettico, nessuna narrazione o imbarazzo figurativo: ciò che vedo è ciò che “è”. Nella costruzione delle opere, la configurazione finale è la risultante dell’organizzazione delle singole componenti in rapporto a un “intero”. Dunque il tutto è più della somma delle singole parti. Con l’artista che “afferma costantemente una sua personale coerenza espressiva mediante il metodo esecutivo, peculiare, intuitivo e riflessivo a un tempo. Il suo ragionar facendo si esprime nel bilanciamento fra coordinate fisiche del dato di partenza e disegno interiore. Tra oggettività e temperamento, immanenza e trascendenza. L’oraziana ricerca del giusto mezzo, la misura esatta che sta solo all’interno dei confini stessi del ‘giusto fare’ e che porta all’armonia, per Dammone Sessa si ritrova proprio tra queste polarità”, spiega il curatore. Operando nel campo della ricerca e della sperimentazione visiva, attraverso l’uso della pittura, della scultura e delle installazioni ha elaborato un personale percorso d’indagine incentrato in prevalenza sulla stratificazione di materiali, orientato allo studio della luce e del colore senza riferimento alla dimensione oggettiva del reale.

Innesti di Sebastiano Dammone Sessa, a CRAC Gallery, Terni

Nelle opere esposte al Crac, nella mostra “Innesti”, in programma fino al 26 febbraio, si possono quindi individuare geometrie semplificate, simmetria e cromatismi tendente all’opalino; insieme all’applicazione di pattern visivi che, anche nella regolarità della griglia, confermano l’irrinunciabile essenza organica delle opere. Grazie all’uso di materiali come carta e legno, ma anche attraverso un tracciato di progressiva obsolescenza delle componenti. Come l’ossidazione dei metalli impiegati o le modifiche fisiche di carte e legno che indicano la fisiologia in movimento delle opere, della loro instabilità biologica, della transitorietà di ogni sembiante ed esteriorità. Il percorso di Dammone Sessa esplora così il punto di confluenza di Forma, Spazio e Tempo. Dove la prima ha l’immanenza del “qui e ora”, senza presupporre altra esperienza che la sua contemplazione. Lo Spazio, al contrario, è strettamente legato all’esperienza vissuta, all’uso mentre lo Spazio è estremamente dinamico, in movimento e, quindi, chiama in causa anche il concetto di Tempo.
Per dirla con le parole del curatore, l’artista “sceglie la semplicità abissale della concretezza, la poesia cadenzata di mani al lavoro, e il ritmo cantabile, struggente e inarrestabile, della ciclicità naturale: polvere che si deposita”. Tutto questo in una mostra che segna la ripartenza dell’arte contemporanea anche a Terni e vale la pena di essere visitata.

Sebastiano Dammone Sessa, al CRAC. Foto di Alberto Bravini

Per la CRAC Gallery, come detto, la mostra rappresenta un ritorno alle attività con una ritrovata (si spera) continuità: dopo circa un anno e mezzo di sospensione, infatti, la galleria era tornata con la mostra POKA-YOKE di 108 e CT, giugno 2021, riuscita ad inaugurare dopo tre rinvii. Anche se la chiusura era stata soltanto fisica, visto che CRAC ha continuato a lavorare e progettare, utilizzando lo stop per riflettere a nuove collaborazioni, a nuove proposte e a nuove intenzioni. Che hanno portato, tra le varie cose, anche al ritorno di Dammone Sessa. “La mostra Innesti, curata da Maurizio Coccia, ha inaugurato in un’esplosione di emozioni, perché ha sancito la ripartenza definitiva. Ma soprattutto è stato bello vedere l’emozione di un artista che torna a lavorare, che torna a presentare il suo lavoro, che torna a sperare nella ripresa di quello che per lui non solo è lavoro, ma vita”, spiega la gallerista, Chiara Ronchini. Che svela anche i programmi successivi. “Dopo la personale di Sessa, che terminerà a fine febbraio, sarà la volta di un progetto che mi sta molto a cuore. Si tratta di Stefano Pasquini, con “The Book Of People”, un progetto pensato dall’artista per ricordare le persone care. Un progetto che coinvolge le persone, le quali saranno invitate a spedire un racconto delle persone a loro care includendo un’immagine. L’artista realizzerà un loro dipinto, che sarà poi inserito in un catalogo, catalogo che diverrà un archivio delle persone care nel mondo, per non perderne appunto il ricordo, la memoria. Lo trovo un progetto meraviglioso, e importante, soprattutto in un momento come questo. Evidenzia quanto l’arte sia necessaria per una nostra identità, qui e ora per un domani, per l’eternità. Noi ce ne andremo ma lei in un modo o nell’altro rimarrà e potrà raccontare quello che siamo stati. In questa direzione è che Crac vuole andare avanti, nuovi progetti e nuove iniziative sono tutte rivolte a quegli artisti e a quei progetti, che vogliono dire qualcosa di importante, che vogliono lasciare il segno; perché oltre al bello da guardare, oltre all’emozione da vedere e sentire, dietro c’è un mondo da raccontare. Il loro, il nostro”.

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