31 gennaio 2023

Sulle spalle dei giganti #3. Intervista alle quattro fondatrici di Uovo alla Pop

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L’arte influenza ancora le nostre vite? È la domanda tra le righe che rivolgiamo, in questa rubrica, ai protagonisti del settore: la parola alle quattro fondatrici di Uovo alla Pop

Foto collettivo Uovo alla Pop per il compleanno di cinque anni

Sulle spalle dei giganti: questa rubrica nasce per indagare come l’arte, anche inconsapevolmente e in tutte le sue variegate forme, possa determinare le nostre vite. L’arte contemporanea, l’arte del nostro tempo, si avviluppa e si sviluppa nel presente, ne fa conoscere ritmi e pulsioni. Attraverso l’arte leggiamo e interpretiamo i dettagli della storia, fra le tradizioni da seguire e le sue rotture. Conoscerla porta quindi, inevitabilmente, a conoscere l’essere umano? Questo il quesito dal quale siamo partiti per la nostra indagine.  Oggi la parola va alle fondatrici della Galleria Uovo alla Pop.

Team Uovo alla Pop

Uovo alla Pop

Uovo alla Pop, galleria curata da un collettivo tutto al femminile, si occupa di arte contemporanea, arte pop e arte urbana; un’arte a fruizione pubblica che tiene conto dello spazio in cui è inserita e attraverso eventi, mostre, workshop, percorsi tematici e formazione, persegue lo scopo di riallacciare il rapporto fra cultura locale e visione artistica. La sede operativa è a Livorno, ma la galleria vanta progetti itineranti e temporary gallery in tutta Italia, come le recenti città di Genova e Roma.

Quadreria corridoio, Livorno
Spazio di Uovo alla Pop a Genova

Il collettivo nasce dall’aggregazione di quattro creative professioniste nell’ambito dell’architettura (Valeria Aretusi), del design (Giulia Bernini), della scrittura (Viola Barbara) e dell’arte e turismo (Libera Capezzone). Gli ambiti di interesse principale dell’associazione sono le visioni di trasformazione dei territori, la promozione di arte contemporanea, street art e rigenerazione urbana, gli eventi culturali e turistici, per un target che spazia da bambini fino agli adulti e alle persone fragili.

Corridoio uovo alla pop, mostra “The power of l’Ov”

Sulle spalle dei giganti

Sulle spalle dei giganti: che rapporto avete con loro, con i giganti. Che si vede da lassù?

«Quando ci facciamo giganti tendiamo verso l’essere compassionevoli altrimenti basta un passo per schiacciare gli altri. Farsi giganti per aiutare per ‘passare sopra’ a certe miserie umane che sono così piccole che rimpiccioliscono i cuori. È quando i cuori sono atrofizzati che l’uomo dà il peggio di sé. Farsi giganti è espandere l’amore, panacea di tutti i mali».

Primo ricordo di Uovo alla Pop.

«Una giornata primaverile, forse aprile, aveva appena finito di piovere e c’era poca gente in Piazza Garibaldi, per lo più bambini marocchini, peruviani e cinesi che in perfetto dialetto livornese si incitavano giocando a pallone. Tirando su una vecchia saracinesca di un fondo sfitto da tempo, si apre la vista di quello che sarebbe stato il nostro primo spazio, pavimenti bianchi sporchi di morchia, luci a neon, pareti spoglie e sul vetro della porta una scritta a lettere rosse: “Garage”».

DIANA opera di Gio Pistone a cura di Uovo alla pop sul Centro anziani in via Passaponti

Oggi avete più spazi in varie città italiane, perché questa scelta? In altre parole, cosa significa per voi esplorare nuovi territori fisici?

«La nostra è un’intima propensione a esplorare la natura in tutte le sue declinazioni, spostare la galleria e progettare in altri luoghi è una forma di conoscenza e di curiosità. Ogni metro il mondo cambia e in ogni artista il mondo cambia. Amiamo trattare di arte e entrare in contatto con le persone perché troviamo che l’arte debba arrivare ovunque, non solo nei musei o nei circuiti riconosciuti, ma anche alle persone. Spostare Uovo alla Pop con i suoi manifesti e messaggi e trovare nuovi orizzonti è un concetto di viaggio che fa del nostro lavoro una ricerca continua, crediamo quindi che sia la formula giusta per cercare nuovi talenti, studiare luoghi e crescere insieme ai nostri artisti trovando nuove sfide».

Donoratico murale speranza verde, Oniro, a cura di Oovo alla Pop

Quali sono le caratteristiche comuni alle varie sedi che attualmente gestite e, al contrario, le peculiarità di ciascuna di loro.

«Ogni sede ha la stessa ricetta: lo stesso calco di Uovo, il contenuto di “arte proteica” che gli artisti che scegliamo raccontano, un pizzico di arte pop, i messaggi etici o sociali o anche ironici che sono raccolti dentro ogni lavoro degli artisti, il racconto che ogni opera porta con sé dalla tela alla strada e viceversa e per finire “the power of L’Ov”. Quest’anno Livorno ha mantenuto il tema della sfida di una mostra in una micro galleria, Genova ha omaggiato il Giappone e raccolto progetti dedicati a questo territorio nella chiave “dell’amore”, Roma ha raccontato i nuovi artisti emergenti che hanno lavorato con la galleria per progetti sociali o site-specific».

Le gallerie sono da sempre luoghi di incontro (con collezionisti, appassionati, pubblico in generale) ma anche spazi che generano nuovi progetti e sperimentazione artistica. In che modo i vostri luoghi lo sono?

«Oggi un fenomeno comune è quello di trovare artisti o collettivi che curano altrettanti artisti creando una rete di sostegno e valorizzazione del lavoro artistico. Le gallerie sono spazi di opportunità per unire e tessere incontri. Uovo alla Pop è da sempre uno spazio nato per “generare”, come raccontato dal simbolismo dell’uovo. All’inizio ci muovevamo in paesi e centri urbani progettando festival e visioni che coinvolgevano tutti i cittadini insieme ad artisti internazionali che lavoravano nel tessuto urbano. Quello che si crea è davvero impattante, cosi abbiamo deciso di realizzare uno spazio che richiamasse questi fenomeni e che riuscisse a diventare il punto di riferimento del quartiere e del territorio in scala più grande. Il segreto è crederci e puntare in alto con il potere curativo dell’arte. Cosi da un piccolo garage di quartiere Uovo alla POP si è fatto strada. La galleria Uovo alla pop non è mai uno spazio delimitato, non è solo una vetrina di opere, è molto di più».

Il Mascagni opera di El ray de la Ruina, a cura di Uovo alla Pop

Qual è il vostro pubblico di riferimento nelle diverse città?

«Un pubblico trasversale che si appassiona all’ arte curata da Uovo alla Pop. Non è mai un pubblico rigido, è sempre un pubblico fluido e aperto, un pubblico che spesso si batte per i cambiamenti e i valori e che ama scommettere su nuovi artisti. Il nostro pubblico è anche fatto di bambini e anziani, spesso i più fidati collezionisti. Un’altra cosa incredibile è che moltissime persone ci seguono attivamente e comprano da altri continenti ed è come se vivessero i nostri spazi con grande partecipazione».

Un artista per colpirvi cosa non deve assolutamente avere.

«Non deve avere un approccio superbo alla sua arte, non deve essere intransigente. Tra noi diciamo che “un artist* per colpirci non deve avere la “spocchia” “e cioè non può essere borioso e non può non mettersi in discussione con umiltà.

Un’altra di noi dice “un artist* per piacerci non deve avere un account Instagram, quella è roba per galleristi o appassionati d’arte”, ma ovviamente è una frase provocatoria, diciamo che per piacermi un artista non deve avere in corso un delirio di sé medesimo, anche se l’arte presuppone un certo stato di delirio quando questo diventa esclusivamente egoriferito offusca irrimediabilmente l’opera, trovo che gli artisti anche bravi ma che sui specchiano troppo nell’autoreferenza corrono un bel rischio.

Vediamo l’artista come una persona che si alza presto la mattina, che compie un lavoro puntuale e rischioso su sé stesso e sulla sua opera, una persona aperta agli altri e alla vita, generosa, umile, un essere umano che coltiva per prima cosa la sua umanità.

L’artista è un mezzo per creare bellezza e pensiero, è generoso e ben disposto verso gli altri, è instancabilmente creativo e nonostante gli strati di esperienza si comporta da principiante aperto a ogni giorno con rinnovato entusiasmo e intelligenza».

Installazione di Tuffi di Vantees, a cura di Uovo alla POp

Stato d’animo attuale pensando a Uovo alla Pop

«Sempre come fossimo sulla porta di quel “Garage” con l’entusiasmo per attraversare nuove soglie e la visione di vedere le cose prima che queste stesse prendano forma, stavolta però con la consapevolezza di avere alle spalle un cammino già fatto che ha reso più evidenti le nostre qualità e messo a nudo le nostre parti più fragili. Il domani come si dice è una terra straniera, nel senso che per indole e abitudine noi ci concentriamo sempre su quello che dobbiamo fare oggi, del resto il domani si basa su quello che che viene costruito adesso.

Sicuramente la direzione che stiamo prendendo è verso quello che ci contraddistingue di più, ovvero il lavoro sull’arte pubblica che certo non è soltanto sui muri ma è sostanzialmente un lavoro sul territorio, sulla memoria, sulla rivoluzionaria capacità dell’arte di poter ristabilire le connessioni tra le persone.

Partiremo a breve con un nuovo progetto su un’isola dell’arcipelago toscano, Capraia, dove metteremo su un vero e proprio festival dedicato al recupero della memoria collettiva di questa piccola isola e alle forme di nomadismo contemporaneo, l’arte incontrerà chi adesso si sposta per migliorare la propria qualità della vita trovando in una piccola comunità tutto quello che si è perso nelle grandi metropoli, il festival durerà tre anni e vedrà coinvolti street artists, video makers, sociologi, poeti e narratori.

Seguiranno altri progetti espositivi e di arte pubblica che poteremo in giro in Toscana ma anche oltre confine».

Staff Uovo alla Pop, LE UOVAS

Progetti per il futuro…

«Ce ne sono molti, in diverse direzioni. Nella città di Livorno, per esempio, prenderà il via il 18 febbraio fino al 18 marzo, un progetto a cui teniamo molto; si tratta della mostra Canzonata Bohèmien, dedicata al nostro concittadino mai dimenticato Amedeo Modigliani. Pittore che tutti conosciamo, prolifico, sviluppò uno stile unico; i suoi disegni, influenzati anche dall’Art Negrè, scultura primitiva africana, erano veloci e poi mai ritoccati, ritratti dai colori intensi, viso e collo dalle forme allungate, frutto delloriginalità del genio creativo. Sebbene contemporaneo ai movimenti artistici di cubismo, futurismo, dadaismo e surrealismo, non ne fece mai parte».

Quindi, in finale, è vero che l’arte influenza ancora le nostre vite?

«Senz’altro. La buona arte è generalmente la tensione umana verso l’immortalità, il desiderio di esserci anche quando siamo già cenere, l’eredità, il figlio fatto di tinte o parole meravigliose. L’arte quindi è il lascito, conoscerla è come giocare a una caccia al tesoro al contrario, trovare gli indizi che fanno dell’opera il DNA del vir ingeniosus, del genio creativo».

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