09 novembre 2021

Thinking beyond, Moving Images for a Post-Pandemic World – Manifattura Tabacchi

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Nell’ambito del progetto di ricerca e residenza VISIO prende vita "Thinking Beyond", che guarda a giovani artisti under 35 e chiede loro di riflettere sulla complessità del presente

Alexandre Erre, The feeling of nostalgia, 7’33’’, 2019.

L’esposizione è frutto di una collaborazione fra NAM – Not a Museum, il programma d’arte contemporanea della Manifattura Tabacchi, e il festival di cinema e arte contemporanea Lo Schermo dell’Arte. Nell’ambito del progetto di ricerca e residenza VISIO – European Programme on Artists’ Images prende vita questa nuova edizione che guarda a giovani artisti under 35 e chiede loro di riflettere sulla complessità del presente, anche in chiave post-pandemica.

“Thinking Beyond” è il secondo appuntamento in Manifattura di un ciclo di mostre inaugurato nel 2020 con “Resisting the trouble”. L’obbiettivo è quello di “dare un contributo valorizzando le nuove generazioni di artisti”, afferma la curatrice di NAM Caterina Taurelli Salimbeni, dando spazio di manovra anche a chi si affaccia ora al mondo dell’arte contemporanea. La mostra nata da queste premesse è il risultato di un progetto di scouting che, tramite un bando internazionale, guarda a giovani artisti che lavorano con immagini in movimento e video installazioni. Innovativa è anche la scelta di utilizzare per l’allestimento materiali e strutture preesistenti, pensando alla sostenibilità del processo espositivo e cercando di ridurne l’impatto ambientale.

Le parole del curatore Leonardo Bigazzi sottolineano la volontà di VISIO e de Lo Schermo dell’arte di dare un senso, attraverso “Thinking Beyond”, alla situazione attuale. Se l’esibizione dello scorso anno era incentrata sull’idea di resistenza sia fisica che mentale di fronte alle difficoltà, soprattutto quelle pandemiche, questo nuovo percorso getta le basi di una analisi ancora più profonda. I dieci artisti selezionati per questa edizione – Nelson Bourrec Carter, Alexandre Erre, PHILTH HAUS, Roman Khimei e Yarema Malashchuk, ChongYan Liu, Eleonora Luccarini, Thuy-Han Nguyen-Chi, Eoghan Ryan e Janaina Wagner – lavorano partendo dal proprio vissuto e sfruttando situazioni tragiche in chiave rigenerativa, “non danno risposte ma lasciano domande e riflessioni per il nostro futuro” dice Bigazzi. In una dimensione più ampia gli artisti interagiscono con la difficoltà del presente e tentano di fornire nuove vie attraverso le loro opere per riflettere non soltanto sulla crisi pandemica ma anche sulle continue lotte interiori dei singoli individui, sempre più costretti a rivolgere a sé stessi il proprio sguardo.

Eoghan Ryan, A Sod State, UHD video, 22’4’’, 2021

Le opere esposte negli ambienti asettici della Manifattura si muovono su di una dimensione duale, tragica e liberatoria al tempo stesso. Nella semi-oscurità si viene illuminati e quasi folgorati dalle enormi installazioni video che abitano il percorso espositivo, opere al limite fra realtà e spazio onirico. Sono Eoghan Ryan e Thuy-Han Nguyen-Chi ad aprire la mostra, i loro video fortemente politici sono analisi spietate di una società sempre più polarizzata, dove è bene schierarsi da una parte o dall’altra e mai rimanere nel mezzo. Mentre i filmati delle proteste in Irlanda girati da Ryan sono testimonianza di un caos imperante, il ping-pong immaginario e reale di What my eyes behold is simultaneous di Nguyen-Chi vede il dialogo fra un padre e una figlia riflettere sull’influenza che ha la politica sulla vita di più generazioni di individui.

ChongYan Liu, 19, 6’56’’, 2018

Intense e quasi dolorose le opere che seguono, come la performance video The feeling of nostalgia del francese Alexadre Erre che, attraverso un rituale di abluzione, guarda al concetto di riscoperta personale e purificazione dell’individuo. Ma una rivelazione di sé ancora più forte è quella di ChongYan Liu che in maniera limpida e sincera condivide i suoi pensieri di quando, diciannovenne, ha abortito. La sua opera 19 è un grido di rabbia per la consapevolezza del proprio corpo e della propria condizione, un’ammissione sincera di fragilità.

In una dimensione sia individuale che collettiva le opere generano una coralità di punti di vista, ciascuno dei quali non tenta di dare risposte o soluzioni, ma soltanto nuovi modi di guardare al nostro presente e all’imminente futuro. “Thinking Beyond” offre nuovi punti di incontro, con la speranza che l’arte, attraverso una riflessione su sé stessi, possa arrivare a un livello sensoriale tale rappresentare al meglio i nostri momenti felici così come le nostre paure e angosce.

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