19 aprile 2022

Trinity Site: la aA29 Project Room di Milano diventa un rifugio sotterraneo

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Lucas Memmola trasforma gli spazi della aA29 Project Room di Milano in un rifugio sotterraneo, tra stratificazioni telluriche e cibo d'emergenza: in un racconto, le ultime (?) ore dell'abitante

Lucas Memmola, Trinity Site (2022), installation view, courtesy l’artista e aA29 Project Room, ph. credits Erica Bardi

Per la mostra personale di Lucas Memmola, “Trinity Site”, a cura di Fabio Avella e Lara Gaeta, presso la galleria aA29 Project Room di Milano, l’artista ha trasformato lo spazio espositivo rendendolo un rifugio sotterraneo. Tre sono le installazioni site specific realizzate, più un intervento ambientale sulle finestre, ricoperte da sedimentazioni di terra e radici. È una dimensione ipogea e tellurica che ci riporta al ventre della Terra.

Alle tre installazioni corrispondono tre differenti stati d’animo e condizioni emotive della persona che abita il luogo. Qui di seguito vengono riportate le parole dell’abitante di “Trinity Site”, lo sguardo introspettivo di un individuo sospeso tra la vita, la sopravvivenza e la trasformazione.

Lucas Memmola, Trinity Site (2022), installation view, courtesy l’artista e aA29 Project Room, ph. credits Erica Bardi

Trinity Site 30/03/2022
Coordinate: 45°29’08.9″N 9°12’35.0″E
Profondità: ignota

Mi sono rifugiato in questo luogo interrato che mi ha accolto e dato ricovero, mi protegge e mi rinfranca, e qui mi sto rigenerando dopo ciò che è successo. Sono isolato, quasi senza contatti con il mondo.  Non so se ci sono sopravvissuti, mi auguro di non essere rimasto il solo.

Le varie stratificazioni geologiche mi inglobano, come se venissi accolto nel ventre della Terra.

La realtà, così come la conoscevo, è un ricordo assiduo nella mia mente, di colori, suoni, contatti che cerco di preservare. Ho sistemato delle provviste su alcune mensole a costituire una dispensa, la mia riserva di cibo fondamentale per la sopravvivenza. Sono contenitori di forme e dimensioni diverse che erano intatti e vividi quando li ho recuperati, ora invece li percepisco del colore della pece e li sento di terra arsa. Mi sembra possano perdere la loro consistenza da un momento all’altro e polverizzarsi. Sono le sagome di ciò che furono.

Ormai da tempo non ho più legami con l’esterno; sono riuscito a raccogliere quello che ho potuto, anche ciò che è inutilizzabile, i più insignificanti frammenti, sono tutto quello che ho.

Qui dentro c’è silenzio e intimità. Sono solo. Immagino di posare lo sguardo sulla trama delle radici che attraversano la terra e seguendole sogno placidamente di riaffiorare in superficie.

Non so per quanto tempo ancora rimarrò in questa condizione, ma ho lo sguardo rivolto all’esterno: sono riuscito a installare una telecamera di video sorveglianza che punta il mare. Le onde s’infrangono e si ritirano sulla battigia ripetute volte. Le vedo ma non le sento. E osservo il sole che attraversa il cielo e poi sprofonda: unico riferimento temporale che ho, preziosissimo, mi aiuta a scandire il tempo. Su di una mensola ho posizionato alcuni resti, mi fanno rivivere la brezza marina, assaporare il sapido ricordo del vento caldo del sud. Ciò che è fuori non mi può toccare ma lo sento depositato su di me. Cosa darei per infondere i miei piedi e le mie mani in quella fresca e vellutata acqua. Desidero il suo sapore che mi arde le labbra.

Quando ancora potevo uscire, ho raccolto numerosi oggetti sulla spiaggia. Mi piacevano moltissimo, li sentivo miei. Li ho riposti con ordine e cura su di un piano retro illuminato. Essi assumono ai miei occhi un altro aspetto ed è come se li vedessi per la prima volta realmente. Sono già diventati dei fossili, dei reperti archeologici. Guardandoli, mi interrogo sulla storia dell’essere umano, su quante volte avremmo potuto invertire rotta. L’organico e l’artificiale sono ora per me equivalenti, hanno la stessa dignità. Avverto un profondo senso di privazione sia della natura che dell’umano. Questo tavolo è il mio testimone: metto insieme e riordino, cerco di fare chiarezza, redimermi dalle colpe del passato.

Chiuso in questa cavità, sotto la pressione di diversi strati di terra, sperimento di continuo. Il mio rifugio è un laboratorio in cui i processi della materia sembrano accelerare. Sto mutando. Attraverso un’altra fase del cambiamento. Mi sto ancora rigenerando. Sono convinto che presto mi riaffaccerò al mondo.

Lucas Memmola, Trinity Site (2022), installation view, courtesy l’artista e aA29 Project Room, ph. credits Erica Bardi
Lucas Memmola, Trinity Site (2022), installation view, courtesy l’artista e aA29 Project Room, ph. credits Erica Bardi

Trinity Site di Lucas Memmola, a cura di Fabio Avella e Lara Gaeta, presso la galleria aA29 Project Room, Piazza Caiazzo 3, Milano. Dal 3 aprile al 9 giugno 2022. Visita su appuntamento: l.gaeta@aa29.it. Sponsored by Mirabilia Art Advice. Opere: Emergency Food; Landscape #7; Redemption.

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