29 maggio 2024

Dell’umana dimensione: visioni contemporanee tra le sale della Rocca di Vignola

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In provincia di Modena, presso le sale della Rocca di Vignola, sette artisti contemporanei proseguono l’indagine sull’umano, tra forme e profili ibridi e linguaggi espressivi eterogenei

Veduta dell'allestimento con le opere di Giacomo Vitturini e Jingge Dong, Photo credit Mauro Terzi

La Rocca di Vignola presta gli spazi espositivi delle sale al pianterreno a un nuovo allestimento della rassegna Dell’umana dimensione. Arte e visioni contemporanee lungo la via Emilia, promossa dall’Associazione Ricognizioni sull’Arte. Tramite una conclamata diversità di forme espressive e nell’impiego dei materiali, sette artisti declinano la riscoperta del concetto di humanitas, prestando attenzione all’ambiente, alla cultura e a una indagine sulla propria interiorità.

La mostra, curata da Alessandro Mescoli, Massimiliano Piccinini, Sergio Bianchi, Andrea Barillaro e Federica Sala, ha inaugurato il 4 maggio e proseguirà l’apertura fino al 16 di giugno. Ai testi, Giorgia Bergantin, Marcello Bertolla, Alberto Mattia Martini, Roberto Mastroianni, Amerigo Turchi e Alessandro Mescoli. Per l’occasione la Fondazione di Vignola ha concesso la fruizione gratuita degli spazi della Rocca.

Enrica Berselli, Senza umane interferenze (dettaglio), 2023, cera d’api, plastilina, reperti botanici, pigmenti, ferro, Photo credit Mauro Terzi

Addentrandoci nelle sale, ci accolgono tre opere di Enrica Berselli che amplificano gli intenti di una ricerca difforme per dimensioni, tecnica e cromatismo. Una terna artistica che interessa forme di ibridazione tra uomo e vegetale, elementi animali ed anatomici, dove la continua metamorfosi e il mutamento dei corpi sono l’unica strategia adatta a perseguire nuove tattiche di sopravvivenza e il riconoscimento finale del proprio sé.

Enrica Berselli, Senza umane interferenze (dettaglio), 2023, cera d’api, plastilina, reperti botanici, pigmenti, ferro, Courtesy the artist

Quindi Alberello, altri tre vasi da farmacia presentati da Giulia Bonora tramite una allegoria di simboli e rilievi in ceramica, che ne indicano le funzioni curative. Una guarigione che trae spunto dai segnali della natura, come unico rimedio adatto al proposito tutto umano del raggiungimento di un bene comune e del sentire collettivo.

Giulia Bonora, Alberello, 2024, vasi in ceramica e cassetti in legno dipinti, dimensioni variabili, Courtesy the artist

Jingge Dong, artista di origine cinese, si impone invece con una tela dalle dimensioni museali le cui figure si lasciano svelare gradualmente, mostrando la scena propria di un insieme di individui in lotta per l’affermazione della diversità culturale, i propositi di integrazione tra Oriente e Occidente.

Jingge Dong, Line of coexistense-Made in Italy, 2023, olio su tela, 220×315 cm, Courtesy the artist

Due sculture in marmo di Marika Ricchi spostano l’attenzione sul tema del gioco quale attività fondativa del futuro individuo. Come una trottola e The shangai game racchiudono in una sola immagine i trascorsi di una infanzia violata, in cui temi di attualità vengono a incidere troppo presto, seppure con altrettanta innocenza.

Marika Ricchi, Come una trottola, 2024, marmo nero, polvere di marmo e corda, tappeto, Photo credit Mauro Terzi

Giacomo Vitturini presenta un dittico di grande formato, dove si alternano a sinistra la veduta silente di un paesaggio emiliano, a destra la scena privata e diaristica di una annunciazione contemporanea. Un fascio di luce incide quale elemento di affinità tematica tra le due tavole, come nello spazio d’attesa di una via di fuga dalla dimensione del corpo a quella dello spirito.

Giacomo Vitturini, Paesaggio, 2023, carboncino su tavola, 170×125 cm_ Annunciata, 2024, carboncino su tavola, 170×125 cm, Courtesy the artist

Paolo Migliazza applica poi un allestimento particolare ad una delle sale interne tramite la collocazione di elementi in gesso, legno e cemento, disposti a distanza spaziale tra loro. A ricomporre l’insieme la sua interpretazione della Deposizione del Re, fatta corpi frammentati di cui avvertiamo la presenza fisica tramite il calco. Una assenza che si riflette solo nella crudità della materia, adatta a descrivere le fragilità proprie di ogni individuo.

Paolo Migliazza, La deposizione del Re, 2024, gesso policromo, legno e cemento, dettaglio dell’installazione, Photo credit Mauro Terzi

Altro intervento site specific il trittico di Francesca Dondoglio, realizzato a pastelli e acrilico su carta. Quadri di natura aniconica in cui esprimere il rapporto del colore con l’interiorità e la tradizione filosofico – poetica, dove il segno si presta a traccia nitida di una singolarità condivisa. Il rosso, corpo terreno; il blu, spirito ultraterreno.

Francesca Dondoglio, Segno e senso, 2024, acrilico e pastello su carta montata su tavola,136×100 cm, Site specific, Photo credit Mauro Terzi

Prestata dalla Galleria Ossimoro di Spilamberto anche l’opera di stampo manierista del pittore Bartolomeo Cesi, attivo tra il XVI e il XVII secolo. La sua Incoronazione di spine da così luogo a una antitesi visiva alla contemporaneità, secondo quel gusto per il contrasto tra antico e attuale già sperimentato in diverse occasioni dagli stessi curatori.

Bartolomeo Cesi, Incoronazione di spine, Olio su tela, cm 62×53, Courtesy Galleria Ossimoro Spilamberto (MO)

Come dal testo che Alberto Mattia Martini dedica al lavoro di Paolo Migliazza: «Il corpo scultoreo vive immerso nella tragedia della vita, la tragedia greca, che è racconto delle prove alle quali veniamo sottoposti, ed è solo con lo spirito dei ricordi, dell’esperienza e della cultura che […] l’uomo contemporaneo può superare il senso del tragico alienante ed immobilizzante; servendosi dell’intelletto e della sensibilità di chi sa trarre dal vissuto remoto e prossimo l’esperienza per immaginare il futuro». Perché in fondo, a prescindere dalla eterogeneità di linguaggio dei differenti artisti, sono davvero così tanti i modi in cui riusciamo finalmente a dirci e a pensarci umani.

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