14 settembre 2022

Umberto Boccioni ambasciatore dell’arte italiana in Oriente

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Una “continuità nello spazio” che supera il tempo e le appartenenze: l’iconica scultura dell’artista futurista Umberto Boccioni presentata al Museo di Osaka, in occasione di una serie di conferenze

A distanza di oltre 100 anni dalla morte, l’artista futurista Umberto Boccioni viene celebrato in Oriente. Il 5 settembre 2022, all’Istituto Italiano di Cultura di Tokyo e il 7 settembre al Nakanoshima Art Museum di Osaka, il professor Alberto Dambruoso, uno dei massimi esperti di Boccioni (ha curato insieme a Maurizio Calvesi il catalogo generale dell’artista, edito nel 2016), invitato dal console generale Marco Prencipe, ha tenuto due conferenze sulla scultura più iconica di Boccioni – Forme uniche della continuità nello spazio – alla presenza di una delle versioni dell’opera stessa nel Museo di Osaka, prestata da Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona, in occasione della festa del centenario del consolato italiano ad Osaka. L’intervento, che a Osaka ha visto la partecipazione di oltre 160 persone, ha certamente rappresentato un simbolo, in terre lontane, della cultura artistica moderna in Italia.

La modernità dell’icona

«Questo succedersi, mi sembra ormai chiaro, non lo afferriamo con la ripetizione delle gambe, di braccia, di figure, come molti hanno supposto, ma vi giungiamo attraverso la ricerca intuitiva della forma unica che dia la continuità nello spazio», affermava Umberto Boccioni descrivendo la scultura Forme uniche della continuità nello spazio (1913) e facendo capo, da un lato, all’appartenenza al Manifesto di Filippo Tommaso Marinetti, dall’altro, all’autonomo ritmo che ne ha configurato l’identità rivoluzionaria.

«Per rendere un corpo in moto, io non dò, certo, la traiettoria, ma mi sforzo di fissare la forma che esprime la sua continuità nello spazio», esemplificava Boccioni nel catalogo della personale di scultura alla Galleria La Boetie di Parigi, pochi mesi dopo la realizzazione dell’opera. Alla base del movimento futurista, la celebre opera incarna la “bellezza della velocità” tramite il dinamismo plastico, divenendo icona delle monete da 20 centesimi d’euro coniate in Italia. Il soggetto consiste in una figura per metà antropomorfa per metà meccanica che, come il tassello di un ingranaggio, è priva di alcune parti “anatomiche”, la cui continua alternanza di pieni e vuoti “determina il corpo nei suoi moti materiali”.

Roberto Longhi la definiva nel 1914, all’interno del volume “La Scultura Futurista Boccioni”, «Una sintesi di articolazione, dalle qualità freddamente enumerate – quasi all’assirica – fissata nell’espansione spiralica – sintesi carnosa – nei muscoli in velocità, che si uniscono qui in un solo corpo, di costruzione perfetta». Somiglia a «Un uomo lanciato a velocità folle nello spazio, ovvero nel futuro. In questa corsa, le forme del corpo a contatto con l’aria si deformano creando una rete di pieghettature delle fasce muscolari, le cosiddette “alette” che sono state, senz’altro, oggetto di studio per la loro forma aereodinamica da parte delle maggiori case automobilistiche europee fin dagli anni trenta», ha affermato Dambruoso durante la conferenza a Tokyo, riflettendo sulla modernità che, ancora dopo 100 anni, l’opera straordinariamente trattiene.

Fin dal 1912 l’artista iniziava a interessarsi alla scultura, a tal punto da sentirsi “ossessionato” per aver intravisto in essa la possibile “rinnovazione di un’arte mummificata”. Forme uniche venne acquistato nella metà degli anni ‘20 dall’artista e gallerista Fedele Azzarri e poi rivenduto nel 1928 a Filippo Tommaso Marinetti. Erede morale e continuatore “dell’unione tematica creativa e della cosmogenesi programmatica”, fu quest’ultimo ad eseguire una prima fusione dell’opera in bronzo scuro levigato dalla Fonderia Chiurazzi di Napoli. «L’intento di Marinetti, espresso nella lettera del 3 novembre 1933 al Podestà di Milano, consisteva nel far realizzare quattro fusioni, tre da destinare a Milano, Roma e Reggio Calabria, città natale di Boccioni, e una da tenere per sé. La scultura venne fusa solo dopo la morte dell’artista e ne esistono diverse versioni», ha spiegato Alberto Dambruoso.

Il progetto di Marinetti per un’opera d’arte globale

Il progetto marinettiano dal respiro internazionale è stato compiuto. Dopo Milano, Londra, New York, Mannheim e Otterlo, mancavano Calabria e Roma. Oggi uno dei bronzi è in esposizione alla Galleria Nazionale di Cosenza (donazione Bilotti), insieme ai 65 disegni che Carlo Bilotti, nel 1990, aveva acquistato dagli eredi Winston Malbin prima che potessero venire dispersi in asta a New York. Tale bronzo è stato dichiarato “d’interesse particolarmente importante” dal Ministero dei Beni Culturali con decreto n. 77/2013. L’altro, invece, si trova alla Farnesina, come parte del progetto “La grande visione italiana. Collezione Farnesina”, curato da Achille Bonito Oliva. Con tappe a Shanghai, Singapore e New Delhi, questo prevede una diffusione sempre maggiore dell’arte italiana in Oriente, di cui il Futurismo si fa ambasciatore.

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