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Un palazzo monumentale di Taranto si apre all’arte: si parte da Francesco Arena
Arte contemporanea
«Son la tua casa t’amo, e tu la tua casa riama». Recita così l’iscrizione all’ingresso di Palazzo Magnani, a Taranto, collocato al principio di Viale Virgilio, di fronte al mare. L’iscrizione è posta nei pennacchi di un grande arco a tutto sesto dentro l’androne, in un’area già privata, a uso dei proprietari, ma fungendo anche da monito per gli ospiti. Un palazzo superbo, costruito in stile eclettico nel 1930, secondo alcuni un dono d’amore per una donna. Non solo la struttura ma anche le decorazioni, i fregi, le sculture vivono in una dimensione sospesa, in un tempo che non è il loro. Nello stesso androne, una lastra al muro in cui sono affrontati un bue e un leone divisi da un calice imita un pluteo altomedievale, richiamando alla memoria analoghi esempi di scultura meridionale.
Lungo la scalinata che conduce ai piani superiori, in ordine s’incontrano un ovale scultoreo con il ritratto di una nobildonna in stile barocco, una Madonna con Bambino incoronata da angeli parente di Tino da Camaino, ma più aggraziata, e infine una Madonna Odegitria in trono, assisa su un sontuoso cuscino a caramella, del tutto simile a quello che si vede nell’icona nella chiesa dello Spirito Santo a Giovinazzo.

Il palazzo, recentemente acquistato da una coppia di professionisti residenti a Londra, è in procinto di essere totalmente ristrutturato, per diventare, nelle intenzioni dei nuovi proprietari, un luogo aperto alla cultura e per questo fruibile da un più vasto pubblico. A inaugurare il nuovo corso del palazzo, prima dell’avvio dei restauri, è stato invitato Francesco Arena (Torre Santa Susanna, 1978), che nel Salento è di casa. Ispirato dall’iscrizione all’ingresso e dalla condizione sospesa in cui vive la struttura, tra rovina e rinascita, l’artista ha progettato una piccola antologica intitolata Frattempo, composta da 35 lavori datati tra il 2006 e il 2024.
Arena ha fatto della sospensione temporale il primum movens del suo ragionamento visivo, cogliendone, con le sue sculture, le plurime possibilità speculative ed espressive. Emblematica l’opera Altalena facente parte di una serie che l’artista porta avanti da circa un triennio. Già esposta in occasione di Panorama a Monopoli, poi moltiplicata alla dimensione urbana nella mostra diffusa a Polignano a Mare in occasione dell’ultimo Premio Pascali, assegnatogli la scorsa estate, e tra poco visibile anche a Capalbio, in Maremma, la scultura evoca un equilibrio precario, una tensione tra immobilità e movimento, tra un prima e un dopo, non conclusi in sé ma in costante in dialogo. Giunti al piano nobile le sculture sono disposte con rigore, vivendo nello spazio disabitato e parafrasandone l’intreccio esistenziale. Quest’ultimo è proprio del Palazzo ma lo è ancor di più della città, Taranto, luogo dalle infinite stratificazioni.
Tempo e spazio sono per Arena materia viva su cui e con cui lavorare, determinando uno scambio continuo nel quale la vicenda individuale si apre e si estende, come in un climax, alla storia collettiva. Ed ecco che la testa di Nietzsche modellata da sua moglie, poggiata sul pavimento, reca il segno del capo dell’artista, rivelandosi l’esito di un processo creativo condiviso.
Allo stesso modo microstoria e macrostoria si saldano nella testa di Lenin occultata in un cappotto dell’artista. Lo statista sovietico incontra e si fonde con la fisicità di Arena, in un risultato anticonformista, teso a palesare la simbiosi speculativa tra i due. Alla storia internazionale guarda anche la reinterpretazione di A Marat di David: un grande parallelepipedo di bronzo simile a quello presente nel dipinto ne diventa al tempo stesso sintesi e simulacro. L’opera, già esposta in altre occasioni, si arricchisce qui di un preciso valore spaziale, dialogando con la vasca dell’appartamento e rievocando, come fosse in presa diretta, la vicenda dipinta dal pittore francese.

Ancora, mentre tempo umano e tempo naturale si coniugano, uno a sostegno dell’altro, in opere come Storia Naturale e Foro con anno, le vicende personali dell’artista sono tradotte in opere minimali nella forma ma ad elevato contenuto concettuale. È il caso di Corner (Marianna, Anna, Francesco), in cui tre barre di diversa lunghezza registrano le altezze dell’artista, di sua moglie e di sua figlia, in un singolare ritratto di famiglia che Arena ha ripetuto negli anni. Alla stessa dimensione afferisce Positivo di impronta destra con biglietti di visita del 2017. Il calco dell’orma dell’artista, reso in positivo con il bronzo, è completato nella parte centrale da un insieme di biglietti da visita – ma anche di aereo – che testimoniano viaggi compiuti e gli incontri fatti. Ne deriva una scultura la cui lunghezza idealmente potrebbe aumentare con l’intensificarsi delle proprie vicende biografiche, dando forma sensibile al rapporto tra crescita fisica e saggezza esperienziale.
Individuale e collettivo, famiglia e società, vicenda personale e storia universale, spazio e tempo, tutto si confonde nella ricerca di Arena che nella continua oscillazione tra dimensioni complementari, tra un prima e dopo, tra il qui e l’altrove trae forza e visioni. Un confronto che ha nell’altalena la sua perfetta metafora, non a caso posta nell’androne del palazzo e sospesa ad un’impalcaltura, simbolo e sintesi concettuale del percorso così come della vita.
La mostra, visibile fino al 2 giugno, è promossa dall’Associazione culturale Minuta Contemporanea, in collaborazione con lo Studio di architettura Francesco Marrone (Taranto) e Liuzzi Fine Art (Parma).