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La Dama del Pollaiolo: il restauro “dal vivo” sotto gli occhi del pubblico
Arte moderna
Si è concluso il restauro “dal vivo” del Ritratto di giovane donna del Pollaiolo, uno dei capolavori del Museo Poldi Pezzoli che è diventato il simbolo della casa museo milanese. Un progetto ambizioso e coinvolgente in quanto per la prima volta i restauratori hanno lavorato sul dipinto in presenza del pubblico, dandogli modo di seguire l’intervento conservativo in tempo reale: un’occasione straordinaria per immergersi nel dietro le quinte delle attività del museo e per capire l’importanza dell’intervento sul celebre dipinto.
La Dama del Pollaiolo: l’analisi degli esperti
Lo stato di salute dell’opera di Pollaiolo (oggi attribuita da Aldo Galli alla mano di Piero del Pollaiolo) è stata verificata grazie complessa campagna di analisi, condotta con il supporto della Fondazione Bracco, partner scientifico del restauro. Come ha raccontato la stessa restauratrice Carlotta Beccaria: “Quando mi hanno chiamata per affrontare questo importante progetto erano già state effettuate tutte le analisi più approfondite per consentirci di definire al meglio l’intervento”. Queste indagini sono risultate essenziali per valutare lo stato sia del supporto ligneo, sia degli strati pittorici, consentendo ai restauratori Carlotta Beccaria e Roberto Buda di progettare con precisione l’intervento conservativo. L’ultima operazione conservativa sull’opera risaliva al 1951, momento in cui Mauro Pellicioli decise di inserire due traverse piane a coda di rondine con lo scopo di costringere il tavolato, incurvatosi naturalmente a una forma planare, all’epoca considerata esteticamente migliore. Questa compressione negli anni ha generato una deformazione del supporto ligneo e un’inevitabile tensione che da questo si è trasferita agli strati pittorici con il rischio di spaccature della tavola, sollevamenti e distacchi della materia pittorica. Inoltre, con il passare del tempo, la tavola e la superficie pittorica hanno subito un evidente ingiallimento, richiedendo un’azione accurata e delicata per preservarne la bellezza e integrità.
La Dama del Pollaiolo e la moda dell’epoca
Questo celebre dipinto ritrae una giovane dama che si staglia su un cielo azzurro solcato da leggere nubi. La complessa acconciatura arricchita dal frenello, il filo di perle che scende sulla fronte, la collana a cui si aggancia un pendente con un grosso rubino e la sontuosa manica in velluto dalla decorazione floreale, indicano la ricchezza e l’origine aristocratica della dama. Il dipinto che ritrae la donna di profilo, secondo la tradizione della medaglistica antica, aveva finalità matrimoniale e potrebbe essere stata realizzata nell’imminenza delle nozze, ai tempi il momento di massima visibilità pubblica per una giovane. Per questo, le vesti e i gioielli sono accuratamente descritti dall’artista che rende perfettamente l’opulenza dei materiali. Come ha scritto Arianna Sarti nel recente volume Ritratti di donna. Vesti e gioielli nella Firenze del Quattrocento, in questi dipinti la moda diventa così un linguaggio. Si tratta di un codice attraverso il quale possiamo rileggere e comprendere i meccanismi di una società dinamica e concorrenziale, in cui le donne erano divenute veri e propri vessilli viventi di status familiari in continua tensione per la propria affermazione. La moda rinascimentale si pone quindi come un complesso tessuto connettivo che lega insieme l’individuo, la società e la storia”.

Piero del Pollaiolo, dettagli preziosi
L’opera databile al 1470 circa, è il più famoso di una serie di ritratti femminili, attualmente divisi fra diversi musei europei e americani, eseguiti nell’arco di quindici anni e oggi tutti attribuiti alla mano di Piero del Pollaiolo. Fratello minore di Antonio, pittore orafo e scultore, Piero si dedicò esclusivamente alla pittura; i contemporanei lo consideravano uno tra i maggiori pittori di Firenze, pari al Botticelli e al Ghirlandaio. Tipica del Pollaiolo è la tecnica pittorica, resa con una materia densa e compatta che dà consistenza e spessore ai dettagli più minuti, seguendo l’influenza delle novità introdotte dai pittori fiamminghi contemporanei. Gian Giacomo Poldi Pezzoli acquistò il dipinto attorno al 1870 come opera di Piero della Francesca mentre l’attribuzione al Pollaiolo iniziò a profilarsi solo a partire dagli inizi del XX secolo. Dal suo ingresso nella collezione, il dipinto ha subito due interventi di restauro: il primo eseguito da Luigi Cavenaghi entro il 1881, consistente nell’integrazione pittorica di alcune lacune e, il secondo, da Mauro Pelliccioli nel 1951
L’intervento di restauro dal vivo
Il primo obiettivo dei restauratori, Carlotta Beccaria e Roberto Buda, è stato quello di rimuovere le traverse inserite da Mauro Pellicioli nel 1951 per dotare il dipinto di traverse di nuova generazione che possano assecondare, grazie ad un controllo di tipo elastico, i naturali movimenti del legno, consentendo alla tavola di seguire i micro movimenti. Conclude Roberto Buda, esperto di interventi sul supporto: “È una tecnica di intervento messa a punto e adottata da decenni che ha dato buoni risultati ai fini della salvaguardia della superficie pittorica perché permette un controllo delle deformazioni non vincolante, consentendo al tavolato di trovare un equilibrio ottimale con le variazioni dimensionali dovute al continuo equilibro con i valori termo igrometrici dell’ambiente espositivo, inevitabilmente soggetti a cambiamenti stagionali”.
Molto importanti sono state le tecnologie di diagnostica per immagine, note per le loro applicazioni in medicina, che hanno permesso di studiare in modo non invasivo anche l’opera, riconoscendo i materiali e le tecniche impiegate dall’ artista nei diversi strati dell’esecuzione, dalla superficie visibile a regioni non visibili. La stratigrafia virtuale del Ritratto di giovane donna ha permesso di raccogliere informazioni che sono state fondamentali nella progettazione dell’intervento conservativo. L’immagine prodotta dai raggi ultravioletti e le immagini dell’infrarosso in falso colore hanno evidenziato la presenza di ritocchi pittorici. Le analisi di imaging iperspettrale combinate a quelle puntuali (FORS e XRF) hanno permesso di identificare i pigmenti stesi in miscela o in sottili strati sovrapposti: blu oltremare e azzurrite per il cielo, biacca per le perle bianche, vermiglione e lacca rossa di origine animale per i rossi, un pigmento rameico, probabilmente malachite, per i verdi.

Le tecnologie del restauro
L’immagine all’infrarosso rivela il disegno preparatorio, realizzato con grande precisione a tecnica mista: l’incisione del profilo con una pietra nera e la definizione dei dettagli a pannello con inchiostro carbonioso. Tutte informazioni preziose sulla tecnica pittorica utilizzata da Piero del Pollaiolo, che di sicuro risentiva della presenza in bottega del fratello Antonio.
“Dalla lettura della superficie dell’opera e dall’analisi dei dati raccolti durante le indagini scientifiche è emersa una policromia nel complesso adesa agli strati preparatori e al supporto ligneo anche se con diffusi segni di compressione; l’originale equilibrio cromatico delle tinte voluto dall’artista, appare però fortemente attutito dall’ingiallimento degli strati di vernice, applicata in spessori importanti, con zone di increspatura e piccole esfoliazioni. Se non si intervenisse i restauri del passato e lo strato di vernice invecchiata, continuerebbero ad enfatizzare la loro alterazione, scurendo e macchiando ulteriormente la superficie. L’intervento di restauro della pellicola pittorica che si è concluso ha restituito una migliore leggibilità e godibilità dell’opera, ripristinando l’equilibrio cromatico delle tinte”, spiega Carlotta Beccaria. Il capolavoro del Poldi Pezzoli non solo gode di ottima salute, ma vista la qualità altissima dell’opera e grazie a questi interventi potrà affrontare la sfida dei secoli a venire.

