26 ottobre 2006

arteatro_interviste Seb Patane

 
Ambientazioni e costumi d’epoca. Per creare prodigiose visioni di ritualità contemporanea. Atti di interferenza: immaginari antiquati, decontestualizzazioni sonore e anomali tableaux vivant…

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Unendo performance dal vivo, musica elettronica, e un lavoro su ambientazioni e costumi fatto anche di interventi grafici, le installazioni di Seb Patane si impossessano di immagini prese dal passato per creare prodigiose visioni di ritualità contemporanea. Utilizzando spesso la forma del tableaux vivant, il corpo diviene un oggetto e un simbolo: la gestualità congelata sospende l’osservatore in un’atmosfera di mistero. L’artista indaga inoltre il modo in cui media differenti interagiscono nel momento dell’interpretazione e, in questo incontro tra mezzi diversi, la possibilità per il senso di essere contemporaneamente nascosto e inventato. Già in lizza per il Beck’s Futures dell’ICA di Londra, ha all’attivo una mostra al Migros Museum di Zurigo e una personale alla prestigiosa Maureen Paley Gallery di Londra.

Nei tuoi lavori utilizzi spesso dei performer, tuttavia rifiuti il termine di performance artist. Quale potrebbe essere una definizione più appropriata per l’elemento live presente nelle tue opere?
Chiamo gli aspetti live tableaux vivant. Si ricollegano all’idea vittoriana del tableaux vivant come intrattenimento per le classi agiate, come alternativa alla pittura, quando le signore bene invitavano le amiche per un tè pomeridiano e mostravano questi tableaux invece di quadri appesi alle pareti. Trovo tutto questo abbastanza perverso e mi piace ri-rappresentare idee simili nei miei progetti. In questo senso i miei tableaux agiscono come dipinti tridimensionali piuttosto che come vere e proprie performance dove si ha un palcoscenico, un inizio e una fine determinati.

Mi puoi raccontare qualcosa di uno dei tuoi primi tableaux vivant, Alpha Centauris? Sono rimasto molto colpito dallo stratagemma e dallo sbilanciamento allucinogeno presente in quell’immagine.
Quello fu uno dei miei primi lavori live e sicuramente il primo esempio di un interesse nascente nel far confliggere due o più soggetti diversi in un unico pezzo. In breve, si tratta di una riproposizione della scultura di Tony Matelli, Lost and Sick, che ritrae dei boy scout che vomitano. Ho vestito i performer e ricreato una sorta di scenografia simulando l’ambiente di una serie televisiva di fantascienza degli anni Settanta, Space 1999. Questo ibrido voleva suggerire l’idea di degradazione e trasmettere il senso di proiezioni futuristiche abortite, anche perché è stata presentata per la prima volta nel 1998, in un presente molto diverso da quello immaginato nel telefilm.

Ho letto che tu consideri le tue attività di artista e dj come parte di un progetto continuo, di un’unica linea. Mi interesserebbe capire come mai stabilire questo continuum è importante per te.
Oggi in realtà non traccio più dei paralleli tra queste due aree come ero solito fare un tempo. In questo periodo sto limitando l’attività di dj dedicando tutta l’attenzione alla mia pratica artistica. Mi piaceva osservare le reazioni ai miei dj set da un punto di vista performativo, e questo mi ha aiutato a focalizzare e comprendere la partecipazione e l’attenzione del pubblico ogni qual volta assiste ad un evento artistico in generale. Il punto è la reazione della gente a diversi suoni, volumi e velocità del ritmo. Considero il suono come uno strumento molto valido per la pratica artistica e, con la stessa intensità, considero la musica diffusa nei luoghi di adunanza collettiva come una sorta di performance rituale quasi metafisica.

La musica per il tableaux Christiane mi ha ricordato un suono “post Trobbling Gristle”, soprattutto per via degli inesorabili sintetizzatori e del monologo. Mi puoi dire qualcosa in più riguardo questo monologo e se il riferimento che ti ho proposto ha qualche significato per te?
Christiane utilizza un campionamento prelevato da un pezzo di una band avant-garde tedesca, i DAF. In questo senso il lavoro si ricollega a una certa tradizione di musica industriale/elettronica che a me interessa molto. Il monologo viene dal libro Christiane F., che racconta la storia di una ragazzina quattordicenne eroinomane nella Berlino degli anni Settanta. In particolare si tratta della parte dove Cristiane va al club Sound per la prima volta e descrive quel che vede e sente. Ho registrato la lettura di questo brano in tedesco ma con i toni e il testo lievemente alterati. Estrapolato dal suo contesto il monologo può riguardare ogni luogo o ogni esperienza mistica/spirituale, e questa è esattamente il tipo di ambiguità che stavo cercando.

Riesci a creare dilatazioni stravaganti delle narrazioni suggerite nelle immagini trovate, dilatazioni che mi piacerebbe definire come performative…
Le immagini o gli oggetti con cui lavoro o su cui compio dei prelievi sono elementi che hanno colpito una corda particolare della mia immaginazione. Il mio atto di interferenza si può in effetti considerare come un modo di creare una connessione intensa con quella data immagine piuttosto che una sua vera e propria sovversione. Mi piace pensare di star provando a dare una seconda vita a queste immagini amplificando le loro narrazioni originarie. In questo senso penso che tu possa parlare di una sorta di perdurare della loro performatività.

Per quale ragione utilizzi fotografie teatrali storiche nei tuoi lavori?
Quasi tutti gli interventi grafici sono realizzati su foto che riproducono le pagine di un magazine vittoriano, The Sketch, un periodico di gossip dell’epoca. The Sketch ritraeva quasi esclusivamente attori e attrici di teatro congelati in pose innaturali o esagerate, come d’altra parte imponeva la natura della fotografia a quel tempo. Oltre ad essere rilevanti per la loro natura teatrale, queste fotografie sono per me il materiale ideale per attivare quel contrasto che deriva dalla giustapposizione tra l’immagine originale e il mio intervento.
Seb Patane
C’è una strana interazione tra la youth culture e il passato nel tuo lavoro. Che relazioni stai cercando di creare tra questi due mondi?
Come nella maggior parte dei miei lavori, c’è una duplicità che nasce dalla discrepanza tra due diversi soggetti. Nonostante sia attratto dalla youth culture, sono anche molto critico verso il suo eccessivo sfruttamento nell’arte contemporanea. Stratificando immaginari antiquati con argomenti e riferimenti più nuovi, vorrei coinvolgere nel processo una forma più pesante di storicismo che, anche se discutibile, possa agire come un inquinante verso le idee di modernità forzata e coatta che trovo assai poco interessanti.

Utilizzi i costumi per delineare subculture o stabilire dei raggruppamenti tra i performer?
Sono attratto dagli elementi di tribalismo e dall’idea che le persone si raggruppino sotto ideali o principi simili. Queste idee vanno dal codice marziale a quello del colore della pelle, fino alla pura questione estetica. Il costume introduce il senso di una relazione esclusiva tra i performer all’interno di una dato lavoro, e questa relazione rimane aliena per noi osservatori. Una volta che due o più performer stabiliscono questa connessione tra loro, possono infine metterla in rapporto col pubblico esterno, creando in questo modo un senso di triplicità che è il tipo di dinamica che mi interessa.

Perché hai scelto di apparire con un cappuccio e una maschera nel materiale pubblicitario del Beck’s Futures?
Non sono interessato alla dicotomia opera d’arte/artista, la ritengo priva di senso. Non vedo il perché dovremmo associare un volto con un determinato fare artistico. Allora ho deciso che se le persone volevano un’immagine di me, allora come minimo ne avrebbero dovuta ottenere una idiosincratica, buffa o completamente celata, per non soddisfare del tutto questa curiosità. Non sto dicendo che rifiuto sempre di venire fotografato, ma in particolare il Beck’s, con tutta la frenesia dei media e il voto pubblico e democratico, sembra a volte trasformarsi in una gara fra idoli del mondo artistico, e io sono fermamente contrario all’idea dell’artista come una personalità o una celebrità.

La musica nel tuo lavoro di ammissione al Beck’s Futures, Absolute Korpercontrolle, ha un aspetto molto fisico, quasi un senso di massa. Il suono sembra faticare nell’accompagnare i corpi ripresi in video dei due alpinisti, così come sembra farlo la videocamera nell’inseguire la loro estenuante impresa. Queste considerazioni riguardanti fisicità/azione fanno parte del tuo processo di composizione musicale?
Ho scelto i campionamenti usati per creare i suoni di Absolute Korperkontrolle proprio per la loro fisica e tribale. Volevo che il pubblico guardasse gli alpinisti e li decontestualizzasse dal loro ruolo originario, trasportandoli da qualche altra parte grazie all’aiuto degli elementi sonori. Una delle parti principali della musica viene proprio da Absolute Korperkontrolle (Controllo corporeo Assoluto), una traccia dei DAF; campiono spesso la musica dei DAF in quanto trovo che il loro approccio al suono ha delle similarità con il mio modo di pensare in termini di arte visiva. Loro erano pionieri nel genere Electronic Body Music, credo che in questo tu possa trovare una relazione anche più esplicita con l’idea della fisicità.

C’è sempre qualcosa che vuole rimanere oscuro nei tuoi lavori. Sei d’accordo?
Absolute Korperkontrolle propone una fotografia di Aleister Crowley, personalità di culto nei circoli esoterici, mentre in altri lavori il fatto di resuscitare materiali d’archivio e la cancellazione dei volti nei tuoi disegni si aggiunge a questa impressione di un qualcosa che vuole rimanere occulto.
Se stiamo parlando dell’uso di immagini vintage si può dire che tutto ciò che è passato risulta morto e di conseguenza tinto di implicazioni oscure. Per quel che riguarda la cancellazione dei volti, in realtà la considero una mossa verso l’astrazione o una specie di anti-ritrattistica. In ogni caso apprezzo che l’atto di rimuovere o coprire i lineamenti del volto umano comporti nelle persone un senso di perdita psicologica e viscerale che può rimandare alle idee destabilizzanti di oltremondano o irreale. L’uso dell’immagine di Crowley mentre sta scalando vuole suggerire il trasferimento di un’immagine mondana in un territorio ben più sinistro, dal momento che Crowley ha una reputazione così controversa.

paul clinton
traduzione a cura di lucia oliva


SEB PATANE / 6 settembre 4 ottobre
MAUREEN PALEY
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