12 febbraio 2024

800 manifestanti filopalestinesi hanno occupato il MoMA di New York

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Più di 800 manifestanti hanno occupato l’atrio del MoMA di New York per chiedere lo stop al genocidio e denunciare il colonialismo e la filantropia tossica delle istituzioni culturali

Nella mattinata di sabato, 10 febbraio, più di 800 attivisti hanno occupato l’atrio del MoMA – Museum of Modern Art di New York e gli spazi esterni del Brooklyn Museum, per una manifestazione a favore della Palestina. Gli attivisti, tra cui molti artisti e operatori della cultura, chiedevano al museo di prendere posizione contro il genocidio in atto a Gaza, iniziando con l’immediata rimozione di Ronald S. Lauder, Paula Crown, Larry Fink, Marie-Josée Kravis e Leon Black – questi ultimi due, ex presidenti del MoMA – dal board del consiglio di amministrazione. Dopo pochi minuti, il perosnale del MoMA ha chiuso le gallerie e intimato ai visitatori di uscire.

La protesta è stata organizzata dal collettivo Writers Against the War on Gaza e dalla sezione di New York del Palestinian Youth Movement, il movimento dei giovani palestinesi. In una dichiarazione letta ad alta voce dai manifestanti si specificava che «Questa azione si basa sul lavoro di Strike MoMA, Gulf Labour, Art Workers Coalition e, più in generale, sul lavoro di vari movimenti di resistenza, inclusa la lotta per la liberazione nera, l’abolizione delle carceri e la sovranità indigena».

I manifestanti hanno distribuito ai visitatori una finta guida del museo, nella quale erano specificate le motivazioni dell’occupazione: «Mentre il MoMA sostiene ideologie di “cambiamento” e “creatività”, il Consiglio di amministrazione finanzia direttamente l’occupazione sionista attraverso la produzione di armi, attività di lobbying e investimenti aziendali. Allo stesso tempo, il museo trae la sua legittimità dal lavoro di artisti e operatori culturali, compresi quelli attivamente impegnati nella lotta anticoloniale. Il MoMA si trova sulla terra rubata ai Lenni Lenape (una popolazione nativa chiamata dagli europei Delaware, ndr), proprio come Israele si trova sulla terra rubata al popolo palestinese. Questa città e questo paese sono stati e continuano a essere plasmati e coltivati dal lavoro degli schiavi africani, e coloro che ne sono stati espropriati continuano a vivere in condizioni di assedio, sorveglianza e incarcerazione di massa».

Le immagini e i video, pubblicati su Instagram e condivisi dai profili di migliaia di persone, mostrano diversi banner svolti all’interno dell’atrio del MoMA, con le scritte “Palestina libera, dal fiume al mare”, “Cessate il fuoco adesso”, “Gli operatori culturali stanno con Gaza”, accusando anche apertamente i membri del consiglio di amministrazione dell’istituzione di finanziare “Genocidio, apartheid e colonialismo”. «In questo momento cruciale, rifiutiamo l’arte come cortina di fumo per il genocidio e chiediamo l’immediata rimozione dei membri del consiglio con legami diretti con il genocidio, l’apartheid e il colonialismo», continua il testo esteso dai manifestati.

I cinque membri indicati sono tra gli imprenditori più ricchi degli Stati Uniti: Ronald Lauder è l’erede della società di cosmetici Estée Lauder ed è strettamente legato a Benjamin Netanyahu, Larry Fink è il presidente del colosso finanziario BlackRock, una società di investimento i cui interessi spaziano dalle banche alle carceri private, mentre Leon Black – di cui avevamo già scritto a proposito delle proteste contro la filantropia tossica portate avanti dall’artista Michael Rakowitz –  è stato il CEO di una società di contractors, cioè compagnie di militari prezzolati che spesso operano al di fuori del diritto bellico internazionale.

Secondo il comunicato ufficiale, durante la manifestazione alcuni agenti di polizia sono entrati nel museo ma non è stato effettuato alcun fermo. Invece la fotografa Stephanie Keith ha scritto su Instagram che la polizia di New York avrebbe effettuato circa dieci arresti, mentre la protesta era in corso. Il gruppo si è poi disperso intorno alle 18, per proseguire con un corteo lungo la 5th Avenue fino a Columbus Circle. Durante la marcia, diverse persone hanno tentato di disturbare i manifestanti e di danneggiare gli striscioni ma alcuni passanti sono intervenuti per difendere il corteo. Il museo è rimasto chiuso per il resto della giornata.

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