03 febbraio 2024

Bella mia, questo mondo prima o poi ti chiederà scusa

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Questo articolo è parte di una campagna a cui hanno aderito scrittrici e giornaliste italiane per denunciare la violenza di genere e nominarla

La sveglia suona sempre troppo presto. Più del dovuto, più di ogni altro impegno preso e segnato amaramente sull’agenda. Al suono squillante dell’ennesima incitazione ad iniziare la giornata, ti arrendi perché sai perfettamente che non puoi sfuggire ai tuoi doveri. Ti alzi, dai da mangiare al gatto, fai il caffè, rifai il letto, stendi il bucato, ti butti sotto la doccia ma solo dopo aver cambiato la lettiera ai gatti. Asciughi i tuoi capelli, sono ancora leggermente umidi ma pazienza, ti vesti, abbassi la tapparella per non far entrare troppo freddo prima del tuo rientro, controlli il gas, i gatti, le piante, prendi il bidone della carta, la borsa, il computer, le chiavi, la giacca, il cappello.

Gli occhiali da sole, hai dimenticato gli occhiali da sole. Le nuvole sono solo un contorno al tuo look, servono gli occhiali, servono al tuo umore. Chiudi tutto, prendi l’ascensore e dopo trenta minuti di incroci e ripensamenti vari, arrivi in ufficio.

Immancabile la corsa per spaccare il secondo, per non dover sentire il peso di quell’istante rubato dalla busta paga, tempo abbondantemente recuperato in straordinari mai pagati e troppo facilmente dimenticati.

Ascensore.

Il signore che attende al tuo fianco, all’apertura delle porte, suggerisce con il braccio e la mano aperta rivolta verso l’alto di entrare prima di lui, per ricordare a te e a tutte le donne che il romanticismo non è morto, ma solo gravemente malato.

E che dire dell’educazione? Con questi gesti, ti ricordi che non tutto é perduto.

Insieme all’ultimo dei romantici condividi la salita verso il primo, poi il secondo, poi il terzo piano. Siete giunti entrambi a destinazione, la stessa. La scena si ripete: il braccio teso in avanti anticipa l’apertura delle porte. Con uno scatto in avanti, quasi a voler tagliare il traguardo, esci subito dall’ascensore per dirigerti verso l’ufficio. Il passo svelto ti regala un gran distacco dal resto, alle spalle solo colleghi lenti.

Eccoti, sei in ufficio. Togli i tuoi occhiali da sole, appoggi la tua borsa sulla scrivania. Sposti la sedia, accendi il computer, apri la finestra e sposti sul lato destro la tenda impolverata.

Un rumore ti distrae e ti coglie impreparata. É il signore dell’ ascensore che con occhi gentili e il precedente garbo chiede del dott. Bastoni. Lo guardi con aria perplessa, il dottore Bastoni é il collega che, gerarchicamente parlando, a dirla tutta, è proprio sotto di te, alle tue dipendenze. Mirko Bastoni é il tuo vicino di stanza, geometra prestato agli affari generali dell’Ente presso cui presti servizio.

“La posso aiutare io, come posso essere utile?” gli dici.

“Guarda, bella mia, mi hanno detto di rivolgermi al Dottore per risolvere un problema burocratico” ti risponde.

Non importa quante lauree tu abbia, soprattutto di quante lui ne sia privo, quanto tu abbia girato il mondo, quante lingue tu sia in grado di parlare. Non importa il tempo che trascorri a studiare, non serve più sapere tutti quei sacrifici per pagare il master post laurea, l’Erasmus, la borsa di studio in Francia. I corsi di specializzazione, gli incastri perfetti che combaciano nelle tue giornate. Tu, agli occhi degli altri, se sei giovane e hai l’aggravante della gentilezza, se la vita hai scelto di divorarla a libri e sorrisi, non sei e non puoi essere una dottoressa. Non puoi avere il titolo, dai. Così giovane, così solare. Tu sei la nostra Francesca, bella mia, sua e degli altri, di tutti coloro i quali fanno fatica ad affiancare il giusto ruolo alla tua persona.

Quante volte hanno ascoltato con più rispetto un’idea scadente, stupida, scontata del tuo collega per non lasciarti parlare e interromperti sul più bello per ridacchiare tra di loro? Quante hai ascoltato solo il tuo nome nel momento delle presentazioni ufficiali?

Allora, vi presento il dott. Vattelapesca, la nostra punta di diamante ovvero il dott. Semproniosenzacaio e, lei, lei è Francesca.

Anzi, scusaci, giacché ci andresti a prendere i caffè?

Bella mia, questo mondo prima o poi ci chiederà scusa.

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