11 maggio 2021

La Francia esce dal lockdown culturale: il programma di Parigi

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Dopo sei mesi di chiusure la Francia "deve ritrovare il suo stile di vita", e per l'inizio dell'estate Parigi scalda i motori tra musei e mostre dedicate alle artiste, gallery week end e nuove aperture istituzionali

Anita Molinero, Sans titre ( Floraison pour Nollapa), 2017, Collection Fondation Villa Datris, Photo Bertrand Hugues

“Dal 19 maggio dobbiamo riscoprire l’arte di vivere alla francese”, ha dichiarato il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, alla stampa regionale il 29 aprile scorso. Musei, gallerie d’arte pubbliche e private, cinema e teatri si apprestano così ad accogliere un pubblico non superiore a 800 persone, al loro interno, e 1000 all’esterno.

È questa la seconda tappa, su quattro, di un calendario che dovrebbe chiudersi a fine giugno. Il lockdown culturale è durato ben sei mesi, durante i quali non sono mancate forti tensioni tra il governo e il mondo della cultura esplicitate attraverso manifestazioni e dibattiti. Oggi, i malumori sono alle spalle (?), e gli innumerevoli inviti a mostre online lasciano il posto a quelli faccia a faccia. E così tra arte contemporanea, moderna o classica ecco qualche appuntamento parigino per uscire fuori dal torpore fisico e mentale.

Sono diverse le proposte che ruotano intorno, tra complessità e paradossi, al concetto di artista donna. Il Centre Pompidou apre con “Elles font l’abstraction” che riunisce centodieci artiste per ripercorrere la storia dell’astrazione a partire dal 1860 fino agli anni ottanta attraverso arte plastica, danza, fotografia, film e arti decorative. La mostra, curata da Christine Macel – che ha curato la 57esima Biennale d’arte di Venezia – e dalla curatrice associata per la fotografia, Karolina Lewandowska, vuole essere una reinterpretazione inedita della storia dell’astrazione per guardare più da vicino i contributi specifici, e a volte ingiustamente celati, di numerose artiste. Il percorso è scandito da sezioni diverse come Symbolisme sacré, dove scopriamo i lavori di Georgiana Houghton – la più radicale tra le artiste spiritiste – o Danse et abstraction, la géométrisation du corps dove troviamo le creazioni di Loïe Fuller o di Giannina Censi, seguono i lavori della pittrice e designer Vanessa Bell, sorella di Virginia Woolf, o di Sophie Taeuber-Arp, Barbara Hepworth, Trisha Brown, Carla Accardi, Judy Chicago, Regina Cassolo Bracchi, Wook-kyung Choi o Howardena Pindell, per citarne solo alcune.

Peintres femmes, 1780 – 1830. Naissance d’un combat

Le donne conquistano il cinema ovvero il contributo delle donne alla storia del cinema, lungo le griglie dell’Hôtel de Ville della capitale francese. La settima arte scritta al femminile parte qui da Alice Guy, che nel 1896 realizza la primissima fiction della storia, per passare da Agnès Varda, Jane Campion, Céline Sciamma o Naomi Kawase, sulla scia del libro di Véronique Le Bris 100 grands films de réalisatrices, che vede la prefazione di Julie Gayet. Facciamo un salto nel passato in “Peintres femmes, 1780 – 1830. Naissance d’un combat”, accolta al Musée du Luxembourg, per scoprire la situazione delle artiste nel XVIII e XIX secolo e i cambiamenti sociali e artistici a cui hanno fortemente contribuito.

Sprueth Magers, Anne Imhof, Faust

Il Palais de Tokyocarte blanche ad Anne Imhof che presenta “Natures Mortes”, una mostra curata da Emma Lavigne e Vittoria Matarrese. Si tratta di un’opera totale e polifonica tra performance, musica e pittura, in dialogo con una trentina di artisti come Eliza Douglas, Trisha Donnelly o Sigmar Polke qui presente con Axial Age (2005-2007) – esposto per la prima volta in Francia, questo insieme monumentale di dipinti, realizzati tra il 2005 e il 2007, è un prestito dalla collezione Pinault. L’artista tedesca, che ha ricevuto il Leone d’Oro della Biennale di Venezia nel 2017 con il progetto Faust, è già stata accolta al Palais de Tokyo nel 2015 con la performance Deal nell’ambito del festival “Do Disturb”. Ricordiamo che sono state accolte le carte blanche di Ugo Rondinone (2007), Philippe Parreno (2013), Tino Sehgal (2016), Camille Henrot (2017) e Tomàs Saraceno (2018).

Moffat Takadiwa, Party Regalia, 2019, © Collection Fondation Villa Datris © Bertrand Hugues

Carte blanche anche alla Fondation Dapper che presenta “Désir d’humanité” al Musée du Quai Branly – Jacques-Chirac. Si tratta di una mostra monografica dell’artista camerunense Barthélémy Toguo, che attraverso disegni, acquerelli, sculture, fotografie, installazioni o performance, ci parla dell’umanità e delle disfunzioni del mondo odierno. La Fondazione Villa Datris, dedicata quasi esclusivamente alla scultura, presenta la collettiva “Re-cyclage/sur-cyclage” dove potrete scoprire Dépôt de la cabane de plage qui et aussi une cabane de projection (2010), una superba installazione di Agnès Varda che invade una stanza con materiali di recupero e un breve film in loop. È un’occasione per scoprire anche il lavoro di Anita Molinero, artista francese che da diverso tempo lavora con materiali tossici e plastici come i cassonetti urbani dei rifiuti per creare sculture originali. Lungo il percorso ci sono inoltre due artisti da seguire, quali Francesca Pasquali (Bologna, 1980) che tra natura e artificio ci presenta qui Isole (2019) o Moffat Takadiwa (Karoi, 1983) che rivisita la cultura artigianale del nord dello Zimbabwe a partire da rifiuti come tappi di bottiglie o materiale informatico. Moderno e contemporaneo invece per l’ottava edizione di Paris Gallery Weekend che si svolgerà dal 3 al 6 giugno con 125 gallerie, 9 percorsi e circa 150 mostre – un’occasione per incontrare artisti e galleristi. In questo mese di maggio è attesissima l’apertura della Bourse de Commerce – Pinault Collection prevista per il 22 maggio, sulla quale torneremo prestissimo con maggiori dettagli.

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