07 dicembre 2023

Venezia, gli attivisti per il clima imbrattano la Basilica di San Marco

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La Basilica di San Marco, simbolo della cultura italiana e di Venezia, città a forte rischio ambientale, è stata imbrattata di fango, acqua e cioccolata dagli attivisti per il clima di Ultima Generazione

Attivisti per il clima in azione alla Basilica di San Marco Venezia

Gli attivisti per il clima di Ultima Generazione tornano in azione in Italia, colpendo uno dei luoghi più simbolici non solo della storia e della cultura del Paese ma anche del pericolo ambientale: la Basilica di San Marco, a Venezia. Il gruppo, formato da cinque persone, è entrato in azione nella mattinata, usando un paio di estintori per mettere in scena un “allarme anti-incendio”, spruzzando dell’acqua mista a cioccolata sulla facciata destra della chiesa e spargendo del fango sul colonnato. Un secondo gruppo, composto da tre persone, ha poi esposto uno striscione con lo slogan “fondo riparazione”. Gli attivisti, già attaccati da alcuni passanti, sono stati quindi portati in Questura dopo essere stati fermati dagli agenti della Digos. Sono tutti italiani, di età compresa tra i 20 e i 34 anni, per loro una denuncia per danneggiamento. Le operazioni di pulizia della facciata della Basilica sono iniziate immediatamente dopo l’accaduto e gran parte del liquido è stato lavato dagli addetti alla manutenzione.

«Chiediamo un fondo preventivo e permanente di 20 miliardi di euro sempre pronti ad essere spesi per ripagare i danni da calamità ed eventi climatici estremi», spiegano da Ultima Generazione. «Ovvero, vogliamo che tutte le persone che vedono le proprie strade, le proprie case, i propri raccolti devastati da alluvioni, grandinate, gelate fuori stagione, siccità anomala vengano ripagate di ciò che hanno perso immediatamente. Vogliamo che questi soldi siano sempre presenti e pronti all’uso. Se cinque miliardi escono, cinque rientrano, entro un mese. Vogliamo che siano istituiti processi partecipativi così le comunità affette da disastri climatici possano dire come vorrebbero vedere utilizzati gli aiuti economici dallo stato», continuano. «Vogliamo che ci siano processi rapidi e veloci per riparare i territori e non che i soldi vengano perduti nella macchina infernale della burocrazia italiana. Inoltre vogliamo che tali fondi vengano ottenuti livellando le ingiustizie sociali: extra-profitti delle industrie fossili, taglio totale dei sussidi pubblici ai combustibili fossili, taglio degli stipendi dei manager delle industri energivore partecipate dallo stato, taglio degli stipendi della classe politica, taglio delle spese militari».

Richieste obiettivamente condivisibili ma il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, non fa sconti. «Non può definirsi, come nelle intenzioni degli eco-vandali, un allarme antincendio, ma un gesto vile e inqualificabile quello posto in essere oggi a Venezia. Uno sfregio a uno dei simboli più illustri del patrimonio culturale nazionale che va sanzionato con fermezza», è il commento di Sangiuliano. «Il Senato ha già approvato il disegno di legge varato dal governo che punisce gli eco-vandali costringendoli a pagare di tasca propria il ripristino delle opere. Attendiamo il via libera definitivo della Camera. Chi danneggia paga economicamente in prima persona», ha chiarito il Ministro.

«Cacao e fango sulla Basilica di San Marco. Ora Salvini & Co faranno un decreto contro il Nesquik? Potranno arrestarci tutti, ma non cambierà il fatto che le alluvioni e la siccità non si possono mettere in carcere. Se anche tu ami Venezia e non vuoi che venga sommersa dal collasso climatico, devi agire ora», scrivono sulla pagina Instagram di Ultima Generazione.

Ricordiamo che a settembre l’Unesco ha votato per inserire Venezia nella lista del Patrimonio dell’Umanità in pericolo, a causa degli effetti del turismo di massa e del climate change, oltre che dell’incuria politica. L’elenco dei siti in pericolo ha lo scopo di diffondere la consapevolezza in merito alle minacce al patrimonio culturale e di incoraggiare adeguate contromisure conservative. I siti inclusi possono essere sia attualmente sotto minaccia ma anche essere considerati potenzialmente a rischio in futuro. Il maggior numero di siti a rischio si trova nei Paesi arabi, con 21 siti, di cui 6 in Siria e 5 in Libia. Seguono Africa, con 15, di cui 5 nella Repubblica Democratica del Congo, America latina e Caraibi, Asia e Pacifico ed Europa e Nordamerica. Alla fine, Venezia non è rientrata nella lista nera ma non sembra comunque il caso di cantare vittoria.

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