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Sono cominciati i lavori di restauro della Cupola di Santa Sofia a Istanbul, ponte tra epoche e civiltà
Beni culturali
Hanno avuto inizio i lavori di restauro della cupola di Santa Sofia, iconico edificio costruito nel VI secolo e patrimonio UNESCO dal 1985. Con i suoi 1488 anni di storia, Santa Sofia ha attraversato dominazioni, imperi e religioni, riaffermandosi – oggi al pari di ieri – come uno dei simboli architettonici e culturali della città di Istanbul.
«Brilla tutta d’oro la casa del Verbo, e luce divina, non quella del sole, la inonda» e ancora «Ovunque splende l’oro, e lo sguardo, accecato dalla sua luce, si perde nel cielo dell’opera divina». Queste, le parole utilizzate nel VI secolo da Paolo Silenziario, alto funzionario dell’imperatore Giustiniano I, per descrivere l’allora basilica appena ricostruita dall’imperatore. Il restauro della cupola – che va inquadrato all’interno di un ambizioso progetto avviato da circa tre anni, inserito tra le principali iniziative di tutela del patrimonio culturale condotte dalla Turchia – mira a preservare l’integrità strutturale della Moschea e la sua bellezza, permettendo alle generazioni future di godere di quella stessa luce divina menzionata da Paolo Silenziario.

Un intervento all’insegna della conservazione
Il progetto di restauro si concentra sulla cupola principale, elemento architettonico distintivo di Santa Sofia, con l’obiettivo prioritario di migliorarne la resistenza sismica mantenendo inalterata la sua forma originaria ed emblematica. Per proteggere i preziosi mosaici interni, tutti i lavori sulla cupola verranno eseguiti dall’esterno: il rivestimento in piombo che la avvolge verrà rimosso, riparato o sostituito dove necessario, mentre una struttura in acciaio e un telo tecnico ad alta resistenza andranno a proteggere per tutta la durata dei lavori l’intera superficie della cupola.

All’interno dell’edificio, una piattaforma in acciaio alta 43,5 metri, sostenuta da quattro colonne, consentirà l’accesso ai mosaici per i necessari interventi di conservazione, permettendo al contempo la continuazione delle funzioni religiose senza interruzioni. Verrà pertanto installata una gru a torre alta 41 metri, dotata di un braccio di 60 metri e specificatamente pensata per operare a distanza di sicurezza dalla struttura.
Questo intervento sulla Cupola di Santa Sofia si inserisce in un piano di restauro più ampio, che ha già visto il recupero delle Tombe di Mehmet III, Selim II e Murad III, insieme alla Sıbyan Mektebi (scuola primaria) e alla Muvakkithane (sala delle ore). Recentemente è stato anche riaperto al pubblico il piano della galleria, a seguito di un restauro e di una sanificazione. Si è inoltre creato un “gemello digitale” di Santa Sofia: tutte le strutture del complesso sono state infatti digitalizzate in 3D, creando un archivio virtuale completo per tutelare nel tempo la memoria e l’integrità dell’edificio.
Santa Sofia: l’edificio attraverso i secoli
Santa Sofia, che si staglia imponente sulla piazza Sultanahmet, venne edificata nel 537 d.C. a opera dell’imperatore Giustiniano I, a seguito della distruzione della precedente chiesa – voluta da Teodosio II – durante la rivolta di Nika. I due architetti, Isidoro di Mileto e Antemio di Tralle, realizzarono l’impianto della basilica per come lo conosciamo oggi. Santa Sofia, il cui nome deriva dal greco Hagía Sophía, “Divina Sapienza”, rappresentò per quasi mille anni la chiesa più grande del mondo cristiano, nonché l’autentico centro spirituale dell’Impero Bizantino.
Durante la presa di Costantinopoli, nel corso della Quarta Crociata, la basilica fu saccheggiata e profanata dai cristiani latini, e divenne in seguito luogo di incoronazione di Baldovino I durante l’occupazione latina. Con la riconquista della città da parte dei Bizantini nel 1261, l’imperatore Andronico II ordinò la costruzione di quattro contrafforti per rafforzare la struttura dell’edificio, che aveva risentito fortemente delle spoliazioni.

Dopo la conquista ottomana di Costantinopoli nel 1453, Santa Sofia venne trasformata da Maometto II nella moschea di Aya Sofya, senza alterazioni di struttura ma con l’aggiunta di elementi islamici quali i minareti, il miḥrāb, e il minbar. Nel corso dei secoli successivi, i sultani ottomani arricchirono ulteriormente l’edificio; ad esempio, il sultano Selim II (1566-1577) commissionò all’architetto Mimar Sinan l’aggiunta di due minareti sul lato ovest, il suo mausoleo e dei supporti strutturali esterni. O ancora, il sultano Abdul Mejid I mise in atto un importante restauro guidato dall’architetto Gaspare Fossati.

Nel 1935, nel contesto della secolarizzazione promossa da Mustafa Kemal Atatürk, la Moschea fu convertita in museo, diventando uno dei luoghi più visitati al mondo e un’icona della nuova identità repubblicana turca, con un primo intervento dedicato alla stabilizzazione strutturale e al rifacimento del tetto dell’edificio. Durante il XX secolo, si sono succeduti interventi di restauro e studi internazionali con l’intento di conservare sia i mosaici bizantini che le strutture ottomane, testimonianza tangibile della preziosa eredità di Santa Sofia come crocevia unico di culture, religioni e poteri, emblema e traduzione materiale delle vicende storiche che hanno investito la città di Istanbul.
La recente riconversione a moschea
Nel marzo del 2019, il presidente turco Erdoğan ha annunciato l’intenzione di trasformare Santa Sofia da museo a moschea, definendo “un grave errore” la decisione del 1934 di Atatürk. Il 10 luglio 2020, a seguito delle pressioni del presidente, il Consiglio di Stato ha ufficialmente annullato il decreto del 1934, consentendo la riconversione.

La scelta di riaprire Santa Sofia al culto musulmano rappresenta un’importantissima traduzione tangibile della combinazione di fattori politici, ideologici e simbolici che hanno mosso tale decisione. In primis, l’accoglimento della richiesta avanzata da ambienti ultranazionalisti di destra che già dagli anni ’50 del XX secolo, in occasione del cinquecentesimo anniversario della conquista di Costantinopoli, iniziarono domandare il ritorno dell’edificio a luogo di culto. La riconversione di Santa Sofia si è fatta simbolo di una Turchia più islamica e meno laica, in forte contrasto con l’eredità kemalista; una Turchia, dunque, aspirante leader del mondo musulmano e, per questo, attenta a valorizzare il patrimonio culturale islamico del Paese, sottolineando ed esaltando l’identità di Santa Sofia, come moschea, per quasi 500 anni.
Un monumento che continua a evolversi
Questo restauro rappresenta l’ennesimo tassello di una riscrittura, di forme e significati, che ha investito nei secoli Santa Sofia. Mentre i lavori proseguono, Santa Sofia continua ad accogliere fedeli e visitatori da tutto il mondo, ergendosi a contenitore di complessità e ricchezza frutto di una stratificazione millenaria, che continua a evolversi anche oggi.
